Olga Astras – M come “mostro”, o “mistero” su personaggi controversi o che hanno cambiato “il tragitto dell’umanità”, come Adolf Hitler. Ma anche M come Michele Santoro, che ha presentato la prima delle due puntate del suo programma sperimentale, un numero zero verificato in tv, che andrà in onda giovedì 22 e 29 giugno alle 21,15 su Rai2.
È l’ultimo prodotto ideato dal conduttore come marchio, “M” che si può adattare a tanti personaggi: sulla lettera rossa come un “palcoscenico” c’è il ritratto schizzato del protagonista, dal dittatore tedesco a Steve Jobs, per esempio. Perché anche di teatro si tratta, una “contaminazione fra tre linguaggi, televisivo, cinematografico e teatrale, un triplo salto mortale”, ha spiegato Santoro in conferenza stampa a viale Mazzini, non senza la sua verve polemica un po’ compressa nella minore presenza sullo schermo, ribadendo che la vocazione del servizio pubblico è quella di “fare ciò che il mercato non riesce a fare spontaneamente”, senza annullarsi nel palinsesto dettato dalle società di produzione, gli agenti, o i format americani.

“M”, dal film di Fritz Lang sul mostro di Düsseldorf, scava nella personalità del dittatore tedesco, interpretato in studio dall’attore Andrea Tidona e messo sotto processo dal pubblico che siede nello studio televisivo allestito dallo scenografo Gaetano Castelli; ospiti soprattutto giovani, condotti da Sara Rosati in un ping pong all’esterno con i social. E dal palco-studio il Führer tenterà una sua autodifesa con le sue parole reali, virgolettate, in una sorta di “intervista impossibile” traccerà “il viaggio in un mistero”, quello della sua tragica ascesa, per far capire come il bambino sorridente Adolf sia diventato Hitler sulle note tristemente simboliche di Lili Marleen. Il terzo piano dell’evento tv è quello cinematografico, con la fiction sulla relazione morbosa che il dittatore ebbe con la nipote di secondo grado, Geli Raubal, interpretata da Verdiana Costanzo. Il programma è curato da Marisol Roesler Franz, la regia è sempre di Alessandro Renna, direttore della fotografia, Mario Ricci.
L’interesse storico di Santoro però come sempre è ancorato al presente, alla fase politica, per capire se quello di Hitler “sia un fenomeno confinato nella storia, una patologia abissale del genere umano o qualcosa che potrebbe ripresentarsi”. Il giornalista teme di sì, “per me non è nel passato remoto”, dice osservando come “tante cose sui migranti, adesso, mi ricordano le posizioni di Hitler sugli ebrei”. Il programma è una “provocazione moderna”, spiega, filtrata dal racconto, “anche perché nessuno mi chiede di fare un programma politico in Rai”, sbotta, lamentando una sorta di oblio persino nelle foto ricordo dei grandi personaggi che hanno fatto la Rai, fra i quali è assente, così come non fa passare a Fabio Fazio l’averlo omesso dalla serata su Falcone: “Fui io a dare l’idea a Maurizio Castanzo…”.
Con foga fa notare che “nessuno fa più tremare i Palazzi, siamo alla lottizzazione dei programmi”, non ci sono neppure più polemiche in tv”, se non il “gossip” sui compensi alle star, nessun programma che crei opinione, anche divisiva, fra talk “vecchi come il cucco”, in un servizio pubblico che dovrebbe “considerare tutti i costi sulla macchina Rai, o il dg – Mario Orfeo, alla sua prima riunione nel Cda – dovrebbe spostare la sua quota di risorse al prodotto. E suggerisce alle reti di dedicare il 30% dello spazio e dei fondi a giovani produttori, piuttosto che ai vari “Endemol, Magnolia, Caschetto, di cui non sapremo mai i veri costi”. Ilaria Dallatana, direttora di Rai2, accoglie la proposta (lei che viene dalla Magnolia) sui giovani, ma difende il percorso sperimentale fatto con la “Factory” a traino Santoro.
In sala anche Giulia Innocenzi, che riprenderà un suo programma sull’ambiente, dopo ‘Animali come noi’, che pure ha vagato fra cambiamenti di orari. Domani, giovedì 15, invece, sarà trasmesso “Robinù” in prima serata su RaiDue, il docufilm sui baby boss della camorra, dopo che è andato in onda ‘Rigopiano’.
Ormai Santoro propone alla tv pubblica i suoi programmi chiavi in mano tutto compreso, pure lo studio, prodotti dalla ZeroStudio’s. I costi per la Rai, sui quali non sono mancate le polemiche “sono al di sotto degli standard di Rai2”, assicura Dallatana, e Santoro sembra abbia messo parecchio di tasca sua, almeno per l’allestimento dello storico scenografo di viale Mazzini.
La Zerostudio’s possiede il 7% della Società editoriale il Fatto, e viceversa: “Decisi così per lasciare autonomia ai giornalisti del quotidiano”, ci spiega il conduttore che pensava di mettere in piedi “un prodotto web, ma visti i dissensi politici con Travaglio il progetto non è salpato”. Finora fra le due società vige un non disturbo reciproco, ma la ZeroStudio’s potrebbe anche procedere da sola. E raccontare Grillo a Santoro non interessa, “dice sempre le stesse cose”.