Il governo turco mette all’asta le proprietà di 8 tra i gruppi editoriali posti sotto sequestro nelle settimane successive al fallito colpo di stato del luglio 2016. Stando a quanto segnala lo Stockholm Center for freedom – che riprende un comunicato del Savings Deposit Insurance Fund (TMSF), fondo di garanzia del sistema bancario del paese – la vendita riguarda i beni di Can Erzincan, Barış e Ört TV stations, comprese le loro licenze di broadcasting, ma anche Nazar, Yerel Bakış, Turgutlu Havadis, Taraf newspapers e Özgür Radio.

Nel clima di generale repressione, a partire dalla metà del luglio scorso, segnala ancora il sito, sotto il controllo del fondo sono state trasferite in tutto più di 940 compagnie private, accusate di essere legate a Fethullah Gulen, considerato l’ispiratore del tentato golpe, per un valore totale di 40 miliardi di lire turche, pari a 11,45 miliardi di dollari. Tra queste società, più di 160 operano nel settore media, dove si erano contraddistinte per la loro posizione critica nei confronti della linea politica adottata dal presidente Erdogan e dal partito di governo. Sono in tutto 180 invece i gruppi editoriali chiusi dopo luglio per decisione del governo.
La Turchia oggi ha anche il primato per il numero di giornalisti detenuti, 263 in tutto secondo le ultime stime aggiornate a giugno, la gran parte dei quali in carcere in attesa di processo. Al numero deve essere aggiunto anche il centinaio di cronisti che vivono in esilio, fuori dal Paese, o sono irreperibili.