Nel 1978 Giorgio Mondadori e alcuni soci locali investono oltre un miliardo di lire per mettere in piedi l’Editoriale Quotidiani Veneti che debutta con Il Mattino di Padova il 28 marzo 1978 e all’inizio dell’estate con il gemello La Tribuna di Treviso.
Qui online lo speciale per i quarant’anni del Mattino di Padova.

Nel settembre ’79 l’Editoriale L’Espresso entra con il 46% nella società. In seguito con un’operazione conclusa nel 1988, si prende l’intero pacchetto azionario incorporando nel 1993 la Quotidiani Veneti nella Finegil Editoriale spa. Nel 2017 passo conclusivo della nascita del gruppo Gedi, il 27 dicembre si procede alla fusione per incorporazione di Itedi in Finegil e nasce Gedi News Network, di cui i Quotidiani Veneti e Il Mattino di Padova sono tra le eccellenze.

Il mercato su cui negli anni settanta deve cimentarsi Il Mattino di Padova e’ molto affollato. In edicola ci sono Il Gazzettino, l’edizione locale del Resto del Carlino, il neonato rizzoliano L’Eco di Padova e il Diario, vicino a Cesare De Michelis. Il primo direttore, fino al novembre 1979, e ‘ Nino Berruti che passa rapidamente il testimone a Giovanni Valentini, che resta in carica fino al 1981.
L’operazione non è facile, ma riesce e nel 1984 la Quotidiani sbarca in laguna con La Nuova di Venezia e Mestre.

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Fino al 2005 i quotidiani veneti hanno un’unica direzione. Dopo Valentini, arrivano Fabio Barbieri (1981-84), Lamberto Sechi (1984-85), Paolo Ojetti (1985-87), Franco Oliva (1987-88), Maurizio De Luca (1988-93), Claudio Giua (1993-96), Alberto Statera (1996-2000) e di nuovo Barbieri (2000-05). Nomi di alto profilo, la cui impronta culturale e professionale è ancora evidente. Nel giugno del 2005, alla scomparsa di Barbieri, l’editore decide di dividere la direzione dei tre quotidiani del Nordest, fino a quel momento concentrata a Padova, attribuendo un direttore a ciascuna testata. Il Mattino tocca al condirettore Omar Monestier. Il 24 marzo 2012 si torna a un’unica direzione, con l’arrivo di Antonio Ramenghi, a cui fa seguito il 1° luglio 2014 Pierangela Fiorani e, dal 20 aprile 2016, la coppia Paolo Possamai (direttore) e Paolo Cagnan (condirettore), che festeggiano il compleanno.

L’editoriale di Paolo Possamai: il nostro tempo insieme
Ma che cos’è un giornale? Un flusso di informazioni, i cui effetti sono destinati a durare molto più a lungo dell’apparente caducità quotidiana (lo vedremo un poco più avanti in queste righe). Una fabbrica di contenuti su più piattaforme, in carta e digitali. Una rete di relazioni: il giornale sta al centro, ma in effetti è come una piazza dove chi scrive e chi legge si può dare appuntamento e scambiare il bene per eccellenza, ossia in primis appunto le informazioni, ma anche le idee e i sogni, i progetti e i rapporti. Uno strumento di democrazia. A questo proposito, tante volte è stato usata la metafora del cane da guardia. Mi persuade se riteniamo che il giornale dovrebbe essere un cane da guardia a custodia del buon funzionamento delle istituzioni. Ma il giornale è anche uno specchio e un luogo di auto-coscienza per la comunità cui rivolge le proprie pagine. Un sismografo chiamato a rilevare nel divenire dei giorni i mutamenti, i fenomeni, i protagonisti, le eclissi, i turbamenti del corpo sociale. Un setaccio che, con pazienza agitato giorno per giorno, favorisce l’emersione del ceto dirigente (che sia politico, o nel campo delle professioni, nell’imprenditoria o nell’associazionismo, tra i cattedratici o nello sport).
Un gruppo di lavoro fatto di giornalisti, commentatori, collaboratori, dipendenti amministrativi e poligrafici e in rotativa. Una azienda che persegue il proprio legittimo obiettivo di remunerazione dei dipendenti, dei collaboratori, degli azionisti e che nella salute dei propri bilanci ha il primo presidio di indipendenza e di autonomia da ogni potere. Il primo direttore del mattino di Padova, Livio Berruti, nell’editoriale di esordio datato 28 marzo 1978 scriveva: “Il nostro giornale ha un solo partito, ed è quello dei suoi lettori”. Un giornale è anche una successione di fotogrammi che infine compongono un film (il cui montaggio come in ogni ricostruzione storica è materia soggettiva e passibile di interpretazioni). Intendo dire che un giornale non ha solo una dimensione quotidiana: pagina dopo pagina nella sua missione di fare cronaca costruisce un documento di storia. L’archivio di un giornale è un deposito prezioso, non solo perché documenta i fatti che accadono in un territorio, ma anche in quanto elabora i valori nei quali una comunità si riconosce. Ricordare i 40 anni non è solo un momento di retrospettiva. È anche guardare al futuro, sulla scorta delle proprie origini e della traiettoria compiuta. Per costringerci a riflettere sulla potenza dei cambiamenti avvenuti e di quelli in atto e del futuro in fieri, enfatizzo il tema richiamando il ritratto che a Padova ha dedicato nel 1956 Guido Piovene. Il grande scrittore nel suo “Viaggio in Italia” affermava: “Mi è venuto detto Chicago; altri dice che Padova ha qualcosa di milanese. È infatti la città più ricca e moderna del Veneto; commerciale, industriale; i veneti provinciali vanno per acquisti a Padova come alla loro naturale metropoli”. E poi “negozi, affari, grattacieli, caffè all’americana non tolgono alla città uno speciale aroma conservatore e clericale”. E poi che “l’università è il cuore di Padova” con i suoi 11mila studenti (oggi sono 5-6 volte tanti). Le parole di Piovene situano Padova nella linea del tempo agli anni ’50; quando il mattino è nato, erano i giorni del rapimento di Moro e di una stagione di terrore; da questi due punti di riferimento proviamo con la mente a percorrere il tratto di strada che arriva a noi e saremo stupefatti dal cambiamento radicale del panorama. I giornali registrando giorno per giorno fatti e protagonisti, suscitando il dibattito e ascoltando la voce di chi dispone delle più appropriate lenti di ingrandimento, costruiscono un itinerario nella storia. Talora possono essere essi stessi un attore della storia, una sorta di lievito della storia.
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