Tim: Elliott, Vivendi socio non ‘principale’, il 4 maggio inizio nuovo capitolo

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Vivendi si riferisce ripetutamente a se stessa come l’azionista ‘principale’ di Tim. In realtà no. E’ solo il più grande azionista” ma “i suoi interessi non siano più importanti di quelli di altri azionisti”. Elliott risponde così alla dichiarazione di Vivendi “piena di luoghi comuni” invece, ribadisce il fondo, “è tempo di cambiare”. Serve “un consiglio unito, non uno impantanato in contenzioso con i propri revisori legali”. E il cambiamento “inizia con l’elezione di un Cda veramente indipendente il 24 aprile”.

Paul Singer, Ceo di Elliott Management Corporation (Foto Ansa – EPA/REMY STEINEGGER/WEF/SWISS-IMAGE.CH MANDATORY CREDIT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES)

Il fondo attivista Elliott, in conflitto con il primo azionista di Tim Vivendi, risponde punto su punto alle tesi dei francesi che martedì hanno rivendicato i successi della loro gestione e in parte anche alle osservazioni del management. Se il cda oggi è diviso “è a causa della cattiva amministrazione di Vivendi e del mancato rispetto delle migliori pratiche di governo societario” e lo “dimostra il recente voto 10-5 sul contenzioso con i revisori legali della Società (i 10 amministratori che hanno votato a favore di questa risoluzione sono stati nominati ciascuno da Vivendi)”. Elliott concorda con i manager “un board diviso è dannoso per la società e i suoi azionisti” per questo bisogna revocare i 6 consiglieri nominati da Vivendi e sostituirli il 24 aprile con nuovi consiglieri indipendenti. “Non sta imponendo alcun piano strategico” ad Amos Genish ma solo una nuova governance.

Elliott ribadisce che “non sta proponendo di cambiare il management team” ma la sua azione è rivolta “a un ‘track record’ di governance scadente”, “la gestione non è la fonte del problema. È necessario affrontare la languida performance dei corsi azionari e i crescenti problemi di governance”. Il titolo in Borsa come hanno fatto notare i francesi ha perso oltre il 70% nei 10 anni precedenti il loro arrivo ma, precisa Elliott in una nota “il trend negativo è accelerato da quando Vivendi è entrata nel board nel 2015. In meno di due anni ha perso oltre il 35 per cento”. L’approccio industriale di Vivendi “ha avvantaggiato se stessa” e “ci sono numerosi esempi che dimostrano che Vivendi ha agito nel proprio interesse esclusivo: il blocco della conversione della quota di risparmio; la violazione sia del golden power che della legge Gasparri; la nomina di amministratori non indipendenti; e la nomina manager con ruoli conflittuali come Michel Sibony”. Per quanto riguarda i conflitti con il Governo e con le Autority “Vivendi non è riuscito a cooperare non solo in Tim ma anche nel suo precedente tentativo di acquisizione ostile di Mediaset”. Elliott ritiene “che le sottoperformance dei prezzi delle azioni, le indagini della Consob, i commenti degli amministratori indipendenti e dei ministri italiani dimostrino chiaramente che Vivendi ha fallito nel suo ruolo di amministratore e non è riuscito a catalizzare positivamente la creazione di valore per gli azionisti in Tim”. E se davvero Vivendi, per comporre la sua lista di candidati ha ascoltato il punto di vista degli altri “evidentemente li ha ignorati: Vivendi ha presentato per lo più gli stessi amministratori che si sono dimessi nel marzo 2018, compresi quelli che affermano di essere indipendenti” conclude il fondo. (Ansa)

Il 4 maggio, quando sara’ eletto il nuovo board di Tim, “non sara’ la fine della nostra storia in Italia, ma solo l’inizio di un nuovo capitolo”. Cosi’ un portavoce di Vivendi ribadisce la posizione della societa’ in vista dell’assemblea di Tim dove ci sara’ la resa dei conti con il fondo americano Elliott. Proprio stamane, il fondo Usa e’ tornato a incalzare il gruppo francese sottolineando che dal suo ingresso nella societa’ italiana, il titolo ha perso il 35% e che ora “e’ tempo di cambiare”, mentre l’ad di Tim Amos Genish, in un’intervista, ha ribadito la sua volonta’ di riconfermare il piano. (AGI)