Italia 46esima per libertà di stampa. Rsf: crescono le violenze sui giornalisti

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“L’odio del giornalismo minaccia le democrazie”. Questo il messaggio lanciato da Reporters sans frontières, nel rapporto 2018 sulla libertà di stampa nel mondo. Secondo l’organismo “la rivendicata ostilità nei confronti dei media, incoraggiata da alcuni responsabili politici e la volontà dei regimi autoritari di esportare la loro visione del giornalismo minacciano le democrazie”. Sui 180 Paesi studiati nell’annuale classifica di Rsf al primo posto c’è la Norvegia mentre all’ultimo c’è la Corea del Nord.

L’Italia è in 46esima posizione, in miglioramento di 6 punti rispetto al resport del 2017, quando era 52esima. Parlando del nostro paese, il rapporto ha ricordato come “una decina di giornalisti italiani sono ancora sotto una protezione permanente e rafforzata della polizia dopo le minacce di morte proferite, in particolare, dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti”. “Il livello delle violenze perpetrate contro i reporter (intimidazioni verbali o fisiche, provocazioni e minacce…) – prosegue nel rapporto l’Ong – è molto inquietante e non cessa di aumentare, in particolare, in Calabria, Sicilia e Campania. Numerosi giornalisti, soprattutto nella capitale e nel sud del Paese si dicono continuamente sotto pressione di gruppi mafiosi che non esitano a penetrare nei loro appartamenti per rubare computer e documenti di lavoro confidenziali quando non vengono attaccati fisicamente”.  “Dimostrando coraggio e resilienza, questi giornalisti, continuano, nonostante tutto a pubblicare le loro inchieste”.
Timori anche per lo scenario politico. “Numerosi addetti dell’informazione sono sempre più preoccupati a causa della recente vittoria alle elezioni legislative di un partito, il Movimento 5 Stelle, che – ha evidenziato il rapporto – ha spesso condannato la stampa per il suo lavoro e che non esita a comunicare pubblicamente l’identità dei giornalisti che lo disturbano”.

Più in generale, l’Ong deplora un “sempre più marcato clima di odio” al livello globale. “L’ostilità dei dirigenti politici nei confronti dei media non è più appannaggio esclusivo dei Paesi autoritari come la Turchia (157/a posizione) o l’Egitto (161/a), sprofondati nella ‘mediafobia’ al punto da generalizzare le accuse di ‘terrorismo’ contro i giornalisti e incarcerare arbitrariamente tutti coloro che non prestano fedeltà”. Ma “sempre più leader democraticamente eletti – fa osservare l’Ong – vedono la stampa non più come fondamento essenziale della democrazia bensì come un avversario al quale mostrano apertamente la loro avversione. Negli Usa, che figurano ormai in 45esima posizione, il presidente Trump è molto attivo nel ‘media-bashing’ – la denuncia del lavoro dei media, bollando senza complessi i reporter come ‘nemici del popolo’, “formula usata a suo tempo da Stalin”.

Tra gli altri paesi analizzati, interessante quanto il report ha evidenziato parlando della situazione francese. Mentre il paese è passato dalla 39esima alla 33esima posizione, l’Ong ha deplorato che, “nonostante una stampa globalmente libera e piuttosto ben protetta dalla legge, il paesaggio mediatico francese” sia “ampiamente dominato da grandi gruppi industriali i cui interessi si trovano in altri settori”, facendo riferimento a Vincent Bollorè e al gruppo Vivendi. Questa situazione “suscita dei conflitti che fanno pesare una minaccia sull’indipendenza editoriale e anche sulla situazione economica dei media”, si legge, citando nello specifico i casi in cui “il gruppo e il suo partner commerciale, la holding lussemburghese Socfin, hanno lanciato oltre una ventina di procedure per diffamazione contro i media”. Inoltre, ha proseguito Rsf, “la crescente denuncia del lavoro dei media di informazione di informazione (mediabashing) da parte dei politici e di personalità mediatiche è stata particolarmente virulenta durante l’ultima campagna presidenziale”.