Il cinema guarda a Oriente. Cina primo mercato mondiale. Rapporto 2018 a cura della Fondazione Ente dello Spettacolo

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Il cinema italiano sta bene, guarda ai mercati asiatici e in particolare alla Cina, ed è ad un punto di svolta a livello internazionale, sia per il mercato della sala, con la ridefinizione della geografia degli incassi da parte asiatica, che da quello tecnologico, con la distribuzione digitale on demand. Ad andare nelle sale cinematografiche sono sempre di più gli over 60, mentre i giovani stigmatizzano l’alto costo del biglietto e dicono che frequenterebbero di più le sale con un prezzo più basso. Ma in sostanza, la fruizione di cinema gode di “ottima salute”, anche se nel tempo sono cambiati i modelli di consumo, la scelta dei momenti di visione, e la distribuzione tra questo intrattenimento e altre forme di consumo di cultura. La fotografia scattata dall’ultimo Rapporto Cinema 2018 alla nona edizione, a cura della Fondazione Ente dello Spettacolo, in collaborazione con l’Istituto Luce e il sostegno del Mibact, presentato presso la sede di Radio Vaticana a Roma, presente anche Francesco Rutelli presidente dell’Anica.

Francesco Rutelli, presidente dell’Anica (Foto ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Il campione di 2mila persone (per la precisione 2.045) di età compresa tra i 20 e i 34 anni oggetto rilevazione a fine luglio 2017 costituisce uno degli approfondimenti che il Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo conduce periodicamente nella sua attività di monitoraggio continuo della realtà delle nuove generazioni. La fascia d’età considerata nella ricerca corrisponde a chi oggi è nella fase di età giovane (under 25) e giovane adulta (25-34 anni), ma comprende in modo omogeneo una specifica generazione, quella dei millennials, che preferisce le multiplex.

In Italia i dati del box office nel 2016 sono positivi: i biglietti venduti nel 2016 sono stati oltre 105 milioni, con un incremento del 6% rispetto al 2015. Crescono anche gli incassi: 661,8 milioni di euro, con un aumento del 3,9% .

Altalenante l’andamento della produzione: nel 2014 aveva raggiunto il picco dei 201 film prodotti, è sceso a 185 nel 2015, per risalire a 199 nel 2016. Nel 2015 il numero di coproduzioni maggioritarie è cresciuto da 14 a 22. La riduzione delle produzioni non ha però comportato un calo nell’investimento complessivo in cinema, che al contrario è salito a 340 milioni di euro contro i 320 milioni dell’anno prima. Questo risultato indica un leggero aumento del budget medio a disposizione di ciascun film, passato infatti da 1,9 a 2 milioni di euro. Si tratta però di una somma ancora limitata se si pensa che in Francia le risorse mediamente disponibili sono ammontate nel 2015 a 4,4 milioni di euro.

Una scossa al settore potrebbe arrivare dalla legge sul cinema approvata lo scorso novembre, che porta a 400 milioni le risorse a disposizione del nuovo Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l’audiovisivo. La settima arte, sta bene ma dal 2000 al 2014 si sono perse in Italia ben 888 sale, per un totale di 1.083 schermi. In generale si può dire che le donne preferiscono andare al cinema nel week end: 43,2% gli uomini si attestano solo al 39,8%, sia il 60,9% di donne che il 56,5& di uomini dichiara che ci sono periodi dell’anno in cui vanno di più al cinema, si va meno al cinema durante le feste, durante le vacanze. Interessante il dato che il 29,7% degli uomini e il 34,9% delle donne preferiscono scaricare illegalmente il film da Internet, mentre il 46,8% degli uomini e il 58,6% delle donne dichiara che è un passatempo da adulti e da anziani.

Il volume si sofferma sul numero degli spettatori, gli strumenti e gli scenari futuri, ed è a cura di Angelo D’Arrigo, Mariagrazia Fanchi, Alessandro Rosina e Bruno Zambardino che guarda a una certa vivacità, promossa anche dalla nascita di importanti player attivi nel segmento on demand. Accanto a grandi player internazionali come Netflix e Amazon Video, sono presenti i servizi Infinity di Mediaset e Sky Online. A tale sfida il comparto sta rispondendo – osserva – con una forte convergenza tra i settori di telco e media: TIMvision, che ha in essere un accordo con Rai Cinema, e Vodafone TV, che offre i canali intrattenimento di Sky . Il comparto presenta quindi uno scenario ricco con ampie opportunità di sviluppo ulteriore e potenziali ricadute positive sull’intero “sistema Paese”: dalle possibilità di esportazione di format originali, alla valorizzazione dei diritti legati alle produzioni, alle modalità di relazione con i broadcaster, i vantaggi di derivare da politiche volte a incentivare la creatività e la competizione.

‎Il settore audiovisivo sta conoscendo infatti una fase di rapida innovazione tecnologica: nel 2015 il fatturato globale degli ott video (gli operatori Over-the-top che sfruttano il web per la distribuzione dei contenuti) ha raggiunto i 26 miliardi di dollari.

Netflix, primo operatore del settore, è presente in 190 paesi ed è prossimo al traguardo dei 100 milioni di abbonati a livello mondiale. L’accresciuta importanza di questi nuovi servizi è dimostrata dal fatto che quest’anno per la prima volta due servizi di streaming, Netflix e Amazon Video, hanno ottenuto nomination ai più prestigiosi premi dell’industria cinematografica, gli Oscar, vincendo addirittura alcune delle statuette. del resto l’impegno di questi operatori sul versante produttivo è notevole: Netflix l’anno scorso ha investito $6 miliardi in serie e film. Nei prossimi tre anni spenderà almeno un miliardo per la produzione di serie tv originali e l’acquisto di diritti di distribuzione. Secondo alcune stime, nel 2016 Amazon ha investito $3 miliardi in contenuti e sta per distribuire 15 film originali, con budget compreso tra i $5 e i $40 milioni.

A proposito della ridefinizione della geografia degli incassi, Rutelli sottolinea il successo del film di Genovese Perfetti Sconosciuti, al quinto posto nelle classifiche in Cina. “Ciò significa, rileva, che se si trovano i canali giusti il cinema italiano può avere successo”. L’industria spinge verso una maggior internazionalizzazione del prodotto, cercando anche nel campo dell’online quelle sinergie di respiro europeo in grado di contrastare l’avanzata dei grandi player mondiali del video on demand. Questo mentre i film italiani hanno chiuso il 2016 con una quota di mercato del 29%, quasi 9 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente. Nonostante il proliferare di forme alternative di intrattenimento digitale, guardando al box office globale la settima arte sembra ancora in grado di attrarre il grande pubblico. tuttavia, nel 2016 gli incassi complessivi sono aumentati solo dell’1%, raggiungendo i 38,6 miliardi di dollari (nel 2015 l’incremento era stato del 5%). Il rallentamento sembra dovuto principalmente al mercato cinese, i cui incassi si sono ridotti dell’1%, mentre l’anno precedente erano cresciuti del 49%. La Cina dovrebbe comunque affermarsi non più tardi del 2017 quale primo mercato cinematografico mondiale. Questo non solo per il crescente successo degli investimenti in film nazionali e coproduzioni, ma anche per il modo in cui sta sviluppando ogni anello della filiera, con un parco sale che nei prossimi anni sfiorerà i 60 mila schermi.