La Rai pensa in digitale per trasportare l’eredità della televisione italiana nel futuro e farsi trovare pronta all’era delle smart tv e del consumo non lineare, online e in mobilità. A illustrare l’immensa mole di lavoro che il servizio pubblico sta da anni conducendo su materiale d’archivio, digitalizzazione e applicazioni, Raiplay e Rai Cultura hanno promosso, nell’ambito della Milano Digital Week, un evento trasmesso in diretta streaming dallo studio tv3 del Centro di Produzione Rai di Milano.

In studio, dopo i saluti di Enrico Motta, direttore centro produzione televisivo Rai Milano, e di Roberta Cocco, assessore alla trasformazione digitale e servizi civici del Comune di Milano, si sono susseguite due intense ore di programmazione che hanno visto intervenire le più varie professionalità Rai impegnate nel percorso di sviluppo tecnologico e digitale dell’azienda.
La parte più interessante è indubbiamente stata quella finale della trasmissione con Antonella Di Lazzaro, vicedirettore Rai Digital, e Pieranna Calvi, responsabile data management & insights, che hanno tracciato i confini dell’impegno attuale di Rai sul digitale, a partire dal nuovo contratto di servizio 2018-2022 che obbliga la tv pubblica a “promuovere l’innovazione tecnologica e l’educazione digitale, mediante la sperimentazione di programmi, formati e contenuti che avvicinino gli utenti alle tecnologie e all’alfabetizzazione digitali”.
Innanzitutto qualche numero. L’app RaiPlay segna una crescita a 8 milioni di utenti registrati e oltre 134 milioni di media views al mese nel 2018, contro i 31 milioni del 2015. “Con RaiPlay nel 2016 è iniziato il rinascimento digitale della Rai”, ha esordito Di Lazzaro, “una piattaforma digitale che riunisce per la prima volta tutti i 14 canali lineari Rai, ripropone l’archivio delle Teche insieme a un’offerta dedicata”. Nel 2018 è stata “rinnovata la search”, ha aggiunto, con una funzione di “raccomandazione/personalizzazione” che consente “un’offerta sempre più verticale e tagliata sulle preferenze dell’utente”.
“@RaiPlay segna una crescita esponenziale: 8 milioni di utenti registrati e oltre 134 milioni di media views al mese nel 2018 (vs 31 milioni nel 2015)”@antonella, #MilanoDigitalWeek: LIVE l’evento di @RaiPlay e @RaiCultura https://t.co/Ssl4EOH3qM pic.twitter.com/v1upwl1UEB
— Ufficio Stampa Rai (@Raiofficialnews) 13 marzo 2019
Insieme a Raiplay, “che è un prodotto orizzontale”, ha ricordato Di Lazzaro, ci sono Raiplay Radio, “lanciato a dicembre 2017 e che invece è più verticale per via delle specificazioni forti dei canali”, e Rai YoYo (“per chi si registra aumentano le funzionalità a disposizione”). A ciò si sommano i “6 nuovi siti dei Tg regionali” che hanno avuto “crescite impressionanti fino al 400%” grazie anche “agli utenti che dai social atterrano sui siti Tgr”. A breve ci sarà anche un “nuovo sito per Rai Cultura” con un archivio di arte, cultura e scienza “per un’offerta a 360° e verticale”.
Sul digitale Rai ha scelto di correre il “rischio” della distribuzione a soggetti terzi e di “stringere accordi con i grandi player internet come, per esempio, YouTube e Netflix per raggiungere tutti”.
Sui dati “stiamo facendo un lavoro enorme”, ha aggiunto Calvi, e “nuove sfide ci aspettano”, ma “la vera sfida è come restituire valore all’utente”. In questo senso, lavorare sugli “insights” è importante perché, secondo Calvi, “non esistono algoritmi neutrali” e sono proprio gli insights che “ti permettono di avere un’opinione utile, che è fondamentale per lo sviluppo del business e della creatività”. Lo dimostra, per esempio, la partnership con il Politecnico di Milano, grazie alla quale sono costantemente alo studio soluzioni per rendere sempre più efficace e gradevole l’interfaccia grafica di Raiplay. Le tecnologie al vaglio, ha illustrato Margherita Pilan, professoressa associata del dipartimento di design, nel corso della diretta, comprendono per esempio l’analisi del movimento degli occhi sullo schermo e delle reazioni emozionali che insorgono nei primissimi istanti.
In apertura dei lavori, invece, il visual designer specializzato in grafiche 3D e interattive Davide Meda, aveva illustrato al pubblico come si allestisce lo studio a realtà aumentata e in tempo reale del Giro d’Italia, con altimetrie e inforgrafiche che “quasi come per magia” si integrano sullo schermo con gli ospiti del Processo alla tappa. Mentre il tecnico Alessandro Maestroni ha spiegato la complessità dei collegamenti mobili per trasmettere la corsa alla maglia Rosa, per la quale esiste una vera e propria scuola su come pilotare l’elicottero delle riprese aeree o guidare la moto con il cameramen in piedi alle spalle del conducente. Professionisti i cui spostamenti sono costantemente tracciati dal segnale Gps e che devono essere in grado di ricevere e rispondere ai messaggi sia dalla regia sia dal coordinamento giornalistico.
Maddalena Novati, referente per Rai Teche dell’archivio di fonologia, ha aperto un emozionante squarcio su cosa vuol dire produrre suoni in Rai, partendo dai tempi in cui si lavorava con nove oscillatori fino all’oggi, un patrimonio in larga parte ora esposto al museo degli strumenti musicali del Castello Sforzesco. Poi è toccato a Marco Caputo, vicedirettore Rai Cultura, e al racconto del dietro le quinte della Prima della Scala con la regia mobile fuori dal Piermarini. Dante Meneghel, direttore produzione, ha raccontato la tv pubblica che genera servizi, come nel caso di Expo Milano 2015, dove Rai è stata host broadcaster dell’evento, e sempre in quello della Prima alla Scala che viene trasmessa in tutto il mondo anche da altre emittenti e nei cinema con immagini in ultra HD.
“La sinergia tra arte e tecnologia, in 40 anni di collaborazione tra #Rai e @teatroallascala, offre la possibilità a tutti i telespettatori di sentirsi parte dell’evento”. #MilanoDigitalWeek: LIVE l’evento di @RaiPlay e @RaiCultura dal titolo https://t.co/Ssl4EOH3qM @RaiNews pic.twitter.com/vNVlShOfyh
— Ufficio Stampa Rai (@Raiofficialnews) 13 marzo 2019
Il processo di archiviazione del girato grezzo è stato ormai completamente digitalizzato in Rai; lo sa bene Roberto Pacchetti, condirettore del Tgr, “la più grande testata giornalistica d’Europa” con i sui oltre 750 giornalisti in 24 sedi: “è tutto tracciato, tutto online, niente più archivi personali con le cassette di cui noi giornalisti eravamo gelosissimi”, ha detto, convinto che “affidarsi al digitale è una svolta culturale senza precedenti per noi giornalisti”.
L’archiviazione e catalogazione dei documenti (girati, programmi, fototeche…) è fondamentale nell’era dei supporti digitali. Lo sanno bene Margherita Sechi di Rai Teche e Giorgio Balocco, uno dei responsabili della digitalizzazione dell’archivio. Un patrimonio incalcolabile che parte dal milione di pellicole in formato cinematografico (16 o 35 millimetri) su cui si girava quando la televisione in Italia era agli albori e che in buona parte è già stato restaurato e immagazzinato dall’intelligenza digitale Rai. File, a volte realizzati anche in 4K, per produrre i quali è stato persino necessario restaurare, con il supporto delle stampanti 3D, apparati filmici altrove caduti in disuso.
La consultazione di questo immenso patrimonio è possibile persino al pubblico esterno: sia a Milano, che a Roma, Napoli e Torino è infatti attivo un servizio di teche aperte nei centri di produzione. Ma non mancano nemmeno i punti di consultazione esterni come la Mediateca Santa Teresa a Milano. Senza dimenticare ciò che è caricato sul sito delle Teche Rai e quello di Raiplay.
La digitalizzazione dell’archivio #RAI raccontata ora durante l’evento di @RaiPlay e @RaiCultura per @MI_DigitalWeek 2019: “RAI e intelligenza urbana: dal passato al futuro”.
Ti aspettiamo in 📺 diretta streaming qui 👉🏻 https://t.co/6A123EFmSS #MilanoDigitalWeek #RaiTeche pic.twitter.com/rWySw2VCle
— Rai Cultura (@RaiCultura) 13 marzo 2019