Vigilanza Rai, primo round: critiche al presidente Foa su pluralismo e doppio ruolo con Rai Com

Condividi

Il seguito dell’audizione dei vertici di Viale Mazzini in commissione di Vigilanza è entrato subito nel vivo della polemica. Tra i temi su cui hanno insistito maggiormente i membri della bicamerale c’è quello del pluralismo nell’informazione, riallacciandosi anche al discorso fatto dallo stesso presidente Foa durante l’audizione precedente, quando, parlando della presenza nei tg dei rappresentati di governo, aveva definito “senza precedente” la situazione di questo esecutivo, in cui i titolari di due ministeri chiave sono anche vicempremier e rappresentati policiti dei partiti di appartenenza.

Ad accendere la discussione il senatore Pd, Salvatore Margiotta, cui sulla questione ha fatto eco il capogruppo di Forza Italia in Vigilanza, Giorgio Mulè. “Chi guarda i canali della tv pubblica è vittima di una magia”, ha detto il deputato azzurro secondo cui la questione del pluralismo è dirimente. “In ogni momento non è mai la stessa persona: bisogna stare attenti se Di Maio parla da ministro del Lavoro, vicepremier, da capo politico dei 5stelle o deputato di Acerra; o se Salviniparli da segretario della Lega, senatore della Calabria, ministro degli interni o numero due di palazzo Chigi”.

Il presidente della Rai, Marcello Foa (foto ANSA / ETTORE FERRARI)

“Se vogliamo parlare di pluralismo politico non ci si può basare sul cappello che indossano questi politici, ma sul fatto che i cittadini assistono quotidianamente a una invasione di questo duumvirato gialloverde che rappresenta la maggioranza. “I numeri parlano chiaro, ha rimarcato Mulè. “Sostenere che da giugno 2018 a marzo 2019 nel totale dei tg, maggioranza e governo sono andati oltre al 50% del tempo in voce, mentre all’opposizione spetta il 35%, non rappresenta ne un benchmark ne uno scenario praticabile, anzi dovrebbe destare molta preoccupazione”. Paragone che non regge anche quello fatto con le precedenti legislature. “Il problema non si raffronta facendo a gara su chi ha violato di più”, ha detto Mulè che poi ha puntato il dito anche sull’impossibilità di mettere a confronto il “tempo voce” riservato al singolo esponente politico con il numero di ospitate fatte nei programmi tv.

“Facendo riferimento ai dati dell’Osservatorio di Pavia” in molti programmi Rai “c’è uno squilibrio pazzesco” tra le presenze di maggioranza e di governo rispetto alle opposizioni, ha detto Mulè, chiedendo dove si è intervenuti per riallineare i dati.

Di un sentimento di “delusione” nei confronti di Foa ha parlato la deputata di Fratelli d’Italia, Daniela Santanchè. “La sua prima funzione dovrebbe essere quella di garantire il pluralismo ma non so davvero come abbia elaborato questi dati perché il pluralismo, invece, non c’è affatto”. “Il pluralismo è calpestato e lei viene a leggerci dati da ‘Alice nel Paese delle Meraviglie'”, ha tuonato, chiosando poi: “Lei non può permettersi di venire qua ed esporre dati falsi”.

“I dati sono dell’Osservatorio di Pavia e dell’Agcom a nostro giudizio sono oggettivi e pubblici. Poi naturalmente le opinioni sono rispettabili e e le interpretazioni sono libere”, la replica di Marcello Foa. Che poi ha aggiunto: “Non c’è stata censura da Agcom, ma semplicemente un rilievo”.
Secondo gli ultimi dati bisettimanali disponibili – ha ricordato Foa – “il governo è al 27% del tempo in voce. M5S è al 13%, la Lega al 14%, Pd al 16%, FI al 15%, FdI al 2%”. In par condicio – ha proseguito – “le istituzioni sono al 14%, il governo al 14,7%, la maggioranza al 30,6%, le opposizioni al 36,1%”.

Nel collage, in senso orario, partendo da in alto a destra: Giorgio Mulè (Olycom), Gianluigi Paragone (Ansa), Davide Faraone (Ansa) e Primo Di Nicola (Ansa)

L’accanimento contro Foa non finisce qui. Critiche al presidente Rai arrivano anche da Gianluigi Paragone, del Movimento 5Stelle. “La discussione sulle tematiche del pluralismo sarebbe stato diverso se ci fosse stato un presidente più neutrale”, ha detto,definendo “maldestre” le rispote date dal presidente Rai. “Stando a voci di corridoio esagera nelle sue funzioni”, ha detto ancora Paragone, invitando Foa a rileggersi il contratto e capire il peso specifico del ruolo che riveste. Che, per chiarire, non è l’amministratore delegato ombra”. Sulla stessa linea anche la posizione di Federico Fornaro, capogruppo LeU alla Camera, che ha descritto in Rai una situazione di “conflittualità strisciante e quotidiana, con un presidente iperattivo che assomiglia a una sorta di amministratore delegato bis”.

Altro tema su cui Foa è stato attaccato è quello del suo ruolo anche in Rai Com, di cui è presidente. Ad affrontarlo sono stati tra gli altri il senatore Pd, Davide Faraone e il senatore M5S Primo Di Nicola. “Il presidente della Rai Marcello Foa non può sommare un incarico di garanzia con uno operativo come quello relativo alla Presidenza di Rai com”, ha detto Faraone, annunciando una risoluzione sul tema da parte del suo partito.
“Il servizio pubblico non può continuare ad avere un organigramma così incredibilmente squilibrato”.
RaiCom, ha spiegato invece Di Nicola è “società partecipata alla quale dovranno essere assegnati compiti e risorse, per realizzare tra l’altro il famoso canale inglese. In questo modo si rischia di configurare un fastidioso conflitto operativo e di interessi in capo ai vertici Rai. A decidere queste assegnazioni sarà anche il presidente di Rai Spa, a riceverle sarà il presidente di RaiCom, in questo caso la medesima persona”, ha spiegato il grillino. “Ci sono state varie segnalazioni su questa criticità, diverse anche dall’interno della stessa Rai”, ha aggiunto, chiedendo a Foa se non ritenga opportuno lasciare quella carica e “perché la sua figura sarebbe così fondamentale in RaiCom”.

“L’ad mi ha chiesto di coprire l’incarico di presidente di RaiCom, che è un ruolo non operativo. Ho le stesse deleghe che ho in Rai e sono inferiori rispetto al passato”, ha replicato Foa, aggiungendo che “l’idea nasce dal fatto che RaiCom ha una spiccata vocazione internazionale ed io ho la delega alle questioni internazionali”. “E’ una questione di coerenza rispetto al mio mandato. Non vedo affatto un conflitto di interessi”.