Stati Generali Editoria, conclusi incontri pubblici. Assenti i giornalisti (Odg e Fnsi). Crimi amaro: occasione mancata

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E’ con la sessione dedicata ai giornalisti che si è conclusa oggi la fase degli incontri pubblici con tutti i soggetti della filiera degli Stati generali dell’editoria, fortemente voluti dal sottosegretario, Vito Crimi del M5S per cercare una strada nuova e comune di rilancio dell’intero comparto, per aprire una finestra sugli scenari futuri che stanno profilandosi. L’attesa era di un incontro ad alta partecipazione: gli organizzatori avevano spostato la sede nella saletta dei gruppi della Camera, che in realtà è un’ampia sala convegni, e previsto anche una sessione doppia di lavori, che dal mattino si potevano estendere fino a tutto il pomeriggio.

Vito Crimi (Foto LaPresse/Stefano Cavicchi)

Non è andata così. I giornalisti presenti hanno riempito appena la prima metà dell’emiciclo e la partecipazione, per quanto appassionata e inevitabilmente più numerosa che nei precedenti incontri, ha lasciato spazio anche a qualche polemica interna tra esponenti sindacali (“Sembra il raduno delle opposizioni interne dell’Fnsi” ha chiosato qualcuno), tra questi e rappresentanti dell’Inpgi, a qualche recriminazione personale. C’è stato anche qualche grande assente, come ad esempio l’Ordine dei giornalisti. Una scelta voluta, come ha confermato Angelo Baiguini del consiglio nazionale, ed esponente della Federazione pubblicisti. “Sono qui in dissenso dalla decisione del consiglio – ha detto -. Per ribadire che l’Ordine ha una sua funzione. Si può anche rimetterlo in discussione, riconoscerne i limiti, ma chi fa informazione deve avere un riferimento. Per questo spero l’appuntamento sia rimandato ai tavoli tematici e che l’Ordine entri in questa partita e giochi il suo ruolo”. Per l’Fnsi non erano presenti il segretario e il presidente (pur non specificatamente invitati all’incontro, aperto a “tutti i giornalisti”, come sottolineato più volte dagli organizzatori), ma diversi consiglieri, alcuni dei quali hanno preso la parola, ma presentandosi prevalentemente come giornalisti delle varie testate. Per l’Inpgi era presente ed è intervenuto il sindaco effettivo Pier Luigi Franz. Una sottovalutazione dell’evento? Per il sottosegretario Crimi molto di più. “Prendo atto con tanta amarezza – ha detto a conclusione dei lavori -. L’idea degli Stati generali nasce con tanta, tanta buona fede da parte mia, mi immaginavo, nella mia ingenuità, che le cose andassero forse diversamente. Un mese e mezzo di lavoro, due incontri alla settimana con tutti i lavoratori del settore… Qualcuno ha boicottato o deciso di ignorare. Prendo atto, ma questa è un’occasione persa, e lo dico in particolare a chi ha deciso di non partecipare”.  Un’amarezza che Crimi ribadisce, proseguendo: “A metà percorso avevo cominciato a dubitare della bontà dell’iniziativa, a domandarmi se andare avanti. Mi sono detto va bene, vuol dire che il settore si autoregolamenterà da solo, preferisce essere fagocitato da qualcuno, evidentemente gli aiuti di Stato non sono così importanti. Perchè attenzione – ha poi messo in guardia -, c’è chi chiede gli aiuti ma poi sotto sotto spera tanto che non ci siano, sapendo che chi aiuta a un certo punto può anche presentare il conto”. Eppure ancora oggi Crimi ha ribadito che “lo Stato deve fare la sua parte, cercando di ridurre il danno della crisi”, bisogna però vedere con quali strumenti, cercarne di nuovi e di più efficaci, perchè “negli ultimi 20 anni lo Stato è intervenuto molto a sostegno dell’editoria e dell’informazione, ma se ancora oggi la crisi non è riuscita a trasformarsi in opportunità, probabilmente quelle scelte e quei percorsi non sono stati idonei, efficaci. Allora che tipo di soluzioni possiamo mettere in campo, reciprocamente?”.

L’incontro si è aperto con i contributi di Alberto Puliafito e Daniele Nalbone, rispettivamente responsabile Slow news e responsabile web de Il Paese sera, a rappresentare il “nuovo” corso del giornalismo. Una scelta che non ha mancato di scatenare le critiche di alcuni, come Paolo Silvestri, segretario del sindacato Campano giornalisti, che hanno stigmatizzato la mancata applicazione di contratti giornalistici nelle loro redazioni e il fatto che erano stati scelti proprio loro a tratteggiare le nuove frontiere della professione. Eppure proprio Nalbone ha sottolineato la necessità di una giusta valorizzazione anche economica del lavoro del giornalista, criticato “il sindacato che ha accettato negli ultimi contratti ogni ribasso pur di tentare di tenere in vita” il sistema esistente, stroncato il contratto Uspi-Fnsi, definito “contratto di lavoro sottopagato” a favore poi di aziende che fatturano 9-10 milioni di euro l’anno, consentendo l’ingresso nel mondo del lavoro a giovani giornalisti a 700-800 euro al mese, cancellando diritti. “Se fare il giornalista a 1.000 euro al mese per copiare 20 articoli al giorno, io faccio altro” ha concluso, perchè l’unico modo per non condannare questa professione all’estinzione è puntare sulle “3 regole dell’informazione: notizie buone, giuste e pulite, il successo non si misura con i picchi di traffico. E senza qualità sul posto di lavoro non ci può essere qualità nel prodotto”.  Anche Puliafito concorda sulla necessità di tornare al servizio dei lettori, fornendo loro notizie valide, approfondite, con un taglio originale, puntando sul “coinvolgimento del lettore” come interlocutore. Anche per il professore di Economia e industria dei media alla Statale di Milano, Marco Gambaro la competenza dei giornalisti e l’informazione di qualità è  il fulcro delproblema.

In questo quadro l’aiuto dello Stato a sostenere la fase di trasformazione è la richiesta pressocchè unanime, come diffusa è la richiesta che i sostegni vengano strettamente legati alla trasformazione: alla formazione, al rispetto contrattuale, all’incentivazione delle nuove assunzioni. Ma anche l’urgenza di “far cacciare i soldi” alle Over the top, le piattaforme: “Con la web tax, con il copyright, con la moral suasion” anche al bar, come sintetizza Lazzaro Pappagallo. Forte e generale l’esigenza di avere un interlocutore, di aprire tavoli di confronto permanenti o meno con il governo. Lo chiede nuovamente, anche in questa sede, Rita Palumbo, segretario generale della Ferpi: “Serve un tavolo permanente sulle nuove professioni. Giornalisti e comunicatori si devono parlare per trovare modelli di compenso e di previdenza, per capire come affrontare la sfida delle nuove tecnologie, lavorare per superare la crisi, valorizzando ciascuno le proprie peculiarità”. E poi pressante la richiesta di tutelare i colleghi della libera professione, di  eliminare i contratti co.co.co., veri contratti di schiavitù, di rendere operativa la nuova commissione sull’equo compenso. Di carne al fuoco ce n’é tanta. Anche l’appello di Massimo Alberizzi per “separare i poteri tra politica, economia e media, come accadde durante la rivoluzione francese, con la separazione dei tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, dello Stato”. Un appello che trova terreno fertile in Crimi, che non ha mai nascosto di trovare per certi versi una “certa commistione non sana” tra sindacato, Ordine dei giornalisti e datori di lavoro. E che si toglie un sassolino dalla scarpa, ricordando quando pochi giorni fa ad un convegno “il neo direttore di Repubblica ribadiva l’importanza di distinguere tra informazione e propaganda. Peccato che il giorno dopo il suo quotidiano titolava in apertura: Forza capitana! Allora io domando: cos’è questa, informazione o propaganda?”.

Leggi lo Speciale dedicato agli Stati Generali dell’Editoria

La precisazione di Paese Sera
Gentili responsabili di Primaonline, nell’articolo pubblicato da voi viene riportato quanto segue: “Una scelta che non ha mancato di scatenare le critiche di alcuni, come Paolo Silvestri, segretario del sindacato Campano giornalisti, che hanno stigmatizzato la mancata applicazione di contratti giornalistici nelle loro redazioni e il fatto che erano stati scelti proprio loro a tratteggiare le nuove frontiere della professione.” Queste parole riferite alla testata Il Paese Sera, anche riguardando il video integrale disponibile su Radio Radicale, è evidente che non toccano in alcun modo la testata da me diretta e che qui rappresento. Vi prego quindi di voler pubblicare a margine questa corrige poiché la nostra testata, pur con mille difficoltà dettate dalla situazione dell’editoria che tutti conosciamo, edita un giornale applicando regolarmente contratto giornalistico USPI-FNSI con una maggiorazione dei compensi legata ad una scelta di riconoscimento del valore del lavoro dei singoli.

Il Direttore responsabile
Luca Mattiucci

Alberto Puliafito di Slow News chiarisce:
Cari colleghi,
ci sono un paio di cose che, per favore, vi chiederei di correggere nel pezzo sull’incontro agli Stati Generali di oggi, 4 luglio 2019

1) i contributi erano di Daniele Nalbone (responsabile web de Il Paese sera) e Alberto Puliafito (Slow News) e non di «Daniele Puliafito e Alberto Nalbone, rispettivamente responsabile Slow news e responsabile web de Il Paese sera», come avete scritto erroneamente, mescolando i nostri nomi e cognomi

2) anche gli interventi che riportate sono invertiti

Quindi, è stato Nalbone che «ha sottolineato la necessità di una giusta valorizzazione anche economica del lavoro del giornalista, criticato “il sindacato che ha accettato negli ultimi contratti ogni ribasso pur di tentare di tenere in vita” il sistema esistente, stroncato il contratto Uspi-Fnsi, definito “contratto di lavoro sottopagato” a favore poi di aziende che fatturano 9-10 milioni di euro l’anno, consentendo l’ingresso nel mondo del lavoro a giovani giornalisti a 700-800 euro al mese, cancellando diritti. “Se fare il giornalista a 1.000 euro al mese per copiare 20 articoli al giorno, io faccio altro” ha concluso, perchè l’unico modo per non condannare questa professione all’estinzione è puntare sulle “3 regole dell’informazione: notizie buone, giuste e pulite, il successo non si misura con i picchi di traffico. E senza qualità sul posto di lavoro non ci può essere qualità nel prodotto».

E di conseguenza, il passo successivo va intestato a me, non a Nalbone:
«Anche Puliafito concorda sulla necessità di tornare al servizio dei lettori, fornendo loro notizie valide, approfondite, con un taglio originale, puntando sul “coinvolgimento del lettore” come interlocutore».

3) Vi chiederei anche, se possibile, un chiarimento rispetto a questo passo:
«a rappresentare il “nuovo” corso del giornalismo».
Posso chiedervi perché avete scelto di utilizzare quelle virgolette e qual è il loro significato? È un virgolettato attribuito a qualcuno? È ironico?

Aspetto vostre e vi ringrazio in anticipo per le correzioni e per il chiarimento che vorrete darmi.

Infine, a margine, visto che nel pezzo avete scelto di dar voce a critiche provenienti, a quanto leggo (mi ero già disconnesso, purtroppo, quindi non ho sentito le critiche in diretta ma riascolterò la registrazione), da Paolo Silvestri, segretario del sindacato Campano giornalisti, sono anche a vostra disposizione se per caso voleste chiarire meglio la questione per quel che riguarda Slow News.

Nadja Bartolucci risponde:
Gentili colleghi, ho letto la vostre due mail e mi scuso innanzi tutto per aver scambiato i vostri nomi propri nel pezzo pubblicato su Primaonline. Per quanto riguarda invece lo scambio dei vostri interventi nasce dal fatto che i cavalieri disposti sul bancone per le relazioni di apertura degli Stati generali erano posizionati in modo tale che Nalbone era seduto dietro al cartellino con il nome Puliafito (vedi foto). Lo spiacevole equivoco nasce da qui.

Sulle virgolette al termine “nuovo” riferito al corso del giornalismo, assolutamente nessuna ironia, come del resto testimonia il tono di tutto l’articolo. Ho usato quella formula per evidenziare il dibattito in corso sul futuro della professione. Ritengo che non esista un nuovo corso del giornalismo in assoluto, i principi che guidano la nostra professione sono sempre gli stessi, semmai ci sono tanti modi di adeguarsi (o cercare chiavi diverse), anche nella scrittura, alle nuove tecnologie, ai diversi modi di informarsi da parte dei lettori e così via. Il vostro contributo ha testimoniato anche questo, spiegando e portando la vostra esperienza.

Nadja Bartolucci