“Sono tempi interessanti quelli che stiamo vivendo, che propongono sfide da affrontare senza paura e senza riflessi difensivi e conformisti”. In apertura di ‘Comunicare Domani’, la prima edizione del tradizionale appuntamento di studio che i consulenti della pubblicità hanno affrontato ‘fusi’ sotto le insegne di UNA, il presidente Emanuele Nenna ha citato la Biennale d’arte, da cui era reduce, e si è ispirato al titolo concept (‘May you live in interesting times’) dell’evento curato da Paolo Baratta, per sparigliare un po’ i discorsi e suggerire anche qualche sana avventura fuori dal copione preordinato a tutti gli ospiti convenuti.
‘(Ri)conoscere l’efficacia’ era comunque il titolo ufficiale e il filo rosso dell’incontro con cui si sono misurati – dopo un aggiornamento sulla situazione degli investimenti curato da Marianna Ghirlanda, presidente del Centro Studi dell’associazione – il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, la director agency and strategic partnership di Google, Paola Marazzini, il direttore generale di Upa, Vittorio Meloni, il managing director di Nielsen Media- Adintel, Alberto Del Sasso. Ghirlanda e Guido Surci (chief Sports and Intelligence officer di Havas Media Group), inoltre, nel fase finale del convegno, prima delle conclusioni e dei saluti del presidente di UNA, hanno ricordato i motivi che suggeriscono un uso strategico ed efficace della creatività per produrre una comunicazione che sia memorabile e rilevante.
Nostalgia canaglia
La pubblicità è ritenuta una commodity, si evocano con nostalgia i tempi, più semplici per il mercato e la industry, in cui la crescita era robusta e quasi scontata ed interlocutori di vitali clienti/imprenditori erano i grandi talenti e padri fondatori (da Armando Testa ad Emanuele Pirella passando per Gavino Sanna) del settore? Per Nenna non c’è nient’altro da fare che impegnarsi per interpretare con coraggio il presente e cambiare le cose. Le condizioni per il successo ci sono, ora i consulenti della comunicazione stanno tutti dalla stessa parte e sono più consapevoli degli interessi che li legano. Dialogano proficuamente con l’associazione degli inserzionisti ed è frutto del nuovo clima anche ‘Effie’, il premio pubblicitario oramai imminente che consacra l’efficacia come elemento chiave della pubblicità, organizzato proprio in collaborazione con l’Upa. Due le provocazioni bipartisan di Nenna: le agenzie vogliono che il valore della comunicazione sia riconosciuto? Prima devono dimostrare di essere realmente in grado di crearlo, questo valore differenziale speciale. Dall’altro lato dell’interlocuzione, però, i manager che ora guidano le aziende dovrebbero mettere da parte attitudini da gestione conservativa, volta a traguardare la successiva trimestrale, e tornare a volere far cambiare marcia alle proprie marche e ai propri prodotti. Insieme poi, agenzie e clienti, secondo Nenna, dovrebbero porsi il problema di fare circolare parole, messaggi e intenzioni ispirate dall’idea di creare davvero un mondo migliore.
Centro Studi: 2019 a -0,3% e 2020 a +2,2%
Dopo il neopositivismo kennediano di Nenna, l’aggiornamento sull’andamento del mercato della pubblicità (le prime elaborazioni sul tema erano state prodotte dal Centro studi dell’associazione prima dell’estate) ha fatto riatterrare tutti nella realtà di questi mesi. Ghirlanda ha detto che UNA ora prevede una flessione del mercato a -0,3%, con la tv a -3,4% e il digital a +7,8%. Le cose dovrebbero andare meglio nel 2020, anno pari, stimato in crescita a +2,2%, con la tv in saldo positivo a +1,2% ed il digital a +7,3%, e con televisione (48%) e digitale (31%) che si accaparreranno l’80% delle quote di mercato, e con il formato video che diventa (60%) l’esperanto della comunicazione della nuova era. Non cambia di molto la situazione – tra 2019 e 2020 – per gli altri mezzi: con la flessione della stampa che continua, la radio che fa bene, la pubblicità non convenzionale che cresce, il programmatic che avanza, lo schermo dello smartphone che diventa il terreno su cui preferibilmente programmare l’ingaggio del consumatore.
Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha invitato i consulenti a guardare a quel 60% di imprese italiane (c’è già un 20% molto evoluto, proprio grazie agli investimenti in beni intangibili come la comunicazione, mentre un altro 20% è quasi condannato ad una progressiva marginalità) che sono in fase di transizione digitale ed hanno bisogno di essere supportate.
Dopo Boccia, Marazzini ha suggerito di collegare strettamente il concetto di efficienza a quello di efficacia. “Il digitale, per chi cerca questo abbinamento virtuoso, offre spesso le soluzioni giuste”. Per la manager di Google in Italia – che ha proposto alle aziende un sistema per autodiagnosticare il proprio grado di sviluppo digitale – c’è un fortissimo potenziale (di business e di crescita della pubblicità) che è ancora inespresso: marketing e comunicazione, supporto ai processi di trasformazione delle aziende sono la chiave per liberarlo.
Il direttore generale di Upa, Vittorio Meloni, ha delineato il contesto macroeconomico in cui – negli ultimi 20 anni circa – si sono dispiegati i cicli di crescita e crisi della pubblicità. Nel decennio che va dal 2007 al 2017 il mercato è rimasto ancora sotto il livello di giro d’affari prodotto dieci anni prima. Solo nel 2017, in particolare, si sono momentaneamente superati i livelli precedenti alla crisi. L’export, la capacità di alcune aziende italiane di non deprimersi, nonostante la flessione clamorosa e perdurante della produzione e dei consumi interni, è stato il puntello del sistema Italia in questi anni. C’è un potenziale inespresso che va liberato? Molto deve fare – secondo Meloni – anche il mondo delle aziende pubbliche e para pubbliche, che rappresenta ancora il 50% del nostro tessuto di imprese.
Alberto Dal Sasso, dati alla mano, ha rimarcato come a livello globale e nazionale, il contributo della comunicazione risulti essenziale alla creazione del valore delle imprese e dei sistemi economici. Dal Sasso ha proposto cinque parole chiave: strategia, creatività, contenuto, ricerca e trasparenza. Ghirlanda e Surci, infine, hanno proposto la chiave per sposare efficacia ed efficienza. La condivisione di un contenuto (la cosiddetta shareability) è un buon indice di bontà creativa e registrando il delta tra la reach pianicata e quella raggiunta attraverso la forza virale (reach organica) di un’idea si misura bene questo plus. Per fare la differenza bisogna far ridere, far piangere, ma soprattutto stupire. Sono le emozioni umane che si collegano ai brand che assicurano memorabilità alle marche. In un quadro in cui, oramai, non basta più interromperle con un messaggio per ottenere un ancoraggio e nemmeno orchestrarlo in una nuova mappa allargata di touchpoints. La pubblicità bisogna “trasformarla in esperienza” e che risuoni in sintonia con la “microcultura del momento” e della persona.