La Corte di Giustizia europea ha accolto il ricorso di Vivendi sul Tusmar (Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e radiofonici) della legge Gasparri, la norma italiana che “impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset”. Lo ha reso noto la Corte Ue, secondo cui la disposizione “è contraria al diritto dell’Unione”.
I giudici Ue erano chiamati a pronunciarsi sul ricorso proposto dai francesi contro la decisione dell’Agcom che, sulla base della norma, aveva imposto loro di mantenere una partecipazione in Mediaset inferiore al 10% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea della holding tv a causa della contemporanea presenza del gruppo di Vincent Bollorè in Tim con una quota del 23,94%.
Vivendi contestava anche la compatibilità della legislazione nazionale con il diritto dell’Unione.
La Corte ha ricordato, innanzitutto, che l’articolo 49 del Trattato Ue impedisce qualsiasi provvedimento nazionale che possa ostacolare o scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento. Come appunto, ricordano gli stessi giudici europei, è il caso della normativa italiana che vieta a Vivendi di mantenere le partecipazioni che essa aveva acquisito in Mediaset o che deteneva in Telecom Italia, obbligandola quindi a porre fine a tali partecipazioni, nell’una o nell’altra di tali imprese, nella misura in cui esse eccedevano le soglie previste. La Corte ha osservato inoltre che, “anche se una restrizione alla libertà di stabilimento può, in linea di principio, essere giustificata da un obiettivo di interesse generale, quale la tutela del pluralismo dell’informazione e dei media, ciò non avviene nel caso della disposizione in questione, non essendo quest’ultima idonea a conseguire tale obiettivo”.

La Corte ha anche rilevato, a tale proposito, che il diritto dell’Unione, per quanto riguarda i servizi di comunicazione elettronica, stabilisce una chiara distinzione tra la produzione di contenuti e la loro trasmissione. Pertanto, le imprese operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche, che esercitano un controllo sulla trasmissione dei contenuti, non esercitano necessariamente un controllo sulla produzione di tali contenuti. Ebbene, la disposizione in questione non fa riferimento ai collegamenti tra la produzione e la trasmissione dei contenuti e non è neppure formulata in modo da applicarsi specificamente in relazione a tali collegamenti.
Peraltro, secondo la Corte la disposizione in questione definisce in modo troppo restrittivo il perimetro del settore delle comunicazioni elettroniche, escludendo in particolare mercati che rivestono un’importanza crescente per la trasmissione di informazioni, come i servizi al dettaglio di telefonia mobile o altri servizi di comunicazione elettronica collegati ad Internet nonché i servizi di radiodiffusione satellitare. Poiché essi sono divenuti la principale via di accesso ai media, non è giustificato escluderli da tale definizione.
La Corte ha contestato, inoltre, che equiparare la situazione di una «società controllata» a quella di una «società collegata», nell’ambito del calcolo dei ricavi realizzati da un’impresa nel settore delle comunicazioni elettroniche o nel SIC, non appare conciliabile con l’obiettivo perseguito dalla disposizione in questione.
In conclusione, la disposizione italiana fissa soglie che, non consentendo di determinare se e in quale misura un’impresa possa effettivamente influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media.
I commenti
Vivendi – “La sentenza della Corte di giustizia europea dà piena ragione a Vivendi”, sono state le parole della media company francese dopo la decisione della Corte Ue che critica fortemente il Tusmar allegato alla legge Gasparri. Il gruppo francese “prende atto con grande soddisfazione della sentenza pronunciata oggi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea ed è lieta che il massimo organo giudiziario europeo sia pienamente d’accordo” con le proprie tesi.
“Vivendi ha sempre agito nel rigoroso rispetto della legge italiana ed è stata costretta a difendere i propri interessi in sede giudiziaria dopo che Mediaset ha presentato reclamo all’Agcom nell’unico desiderio di impedirle di partecipare alle proprie assemblee”, aggiunge il comunicato, nel quale si afferma che il Biscione ha oberato così “ingiustamente le autorità italiane e ha posto questo ostacolo per cercare di spostare la propria sede in Olanda, progetto bloccato sia dai tribunali spagnoli che olandesi. Il divieto di partecipazione al voto nelle sue assemblee generali ha causato l’illegittimità delle risoluzioni adottate a seguito di tale esclusione. Ciò ha posto così Mediaset in una situazione di grave incertezza giuridica”. Vivendi “rinnova il suo impegno per l’Italia e conferma il suo desiderio di essere un investitore di lungo termine in questo bellissimo Paese”.
Mediaset – “Mediaset prende atto dell’odierna sentenza della Corte di Giustizia europea”. E’ il commento che la holding tv di Cologno ha rilasciato in una nota. “Si tratta di rilievi che dovranno essere esaminati nelle successive fasi di giudizio davanti al Giudice nazionale competente e su cui si confida che l’Autorità garante per le Comunicazioni possa fornire ogni opportuno chiarimento. In più, l’Autorità dovrà valutare i rischi per il pluralismo, valore fondamentale per lo stesso diritto dell’Unione Europea, derivanti dalla possibilità illimitata per le imprese dominanti nelle Telecomunicazioni di rafforzare la propria posizione nel settore Media.
“Se, al contrario di quanto prevede oggi la Legge italiana, si aprissero possibilità di convergenza tra i leader delle tlc e dell’editoria televisiva, continua la nota, Mediaset che in tutti questi anni è stata vincolata e penalizzata dal divieto valuterà con il massimo interesse ogni nuova opportunità in materia di business tlc già a partire dai recenti sviluppi di sistema sulla Rete unica nazionale in fibra”.
Maurizio Gasparri – “Non sono affatto dispiaciuto, perchè questa è una sentenza che in realtà favorisce Mediaset” che così “domani mattina può comprarsi Tim”. A dirlo, ai microfoni di Class Cnbc è stato Maurizio Gasparri, ex ministro e promotore del Tusmar, commentando la decisione della Corte Europea.
“Lo vedo come un fatto positivo”, ha proseguito Gasparri “perchè potranno nascere delle realtà più forti”, aggiungendo che questa decisione riguarda anche la vicenda della rete di cui si parla in questi giorni: “ora in questo mercato possono entrare anche gli operatori del settore dei media e della tv”.
L’ex ministro ha spiegato che nella legge fatta nel 2004 con la quale furono stabiliti limiti Antitrust per cui nessun operatore potesse avere più del 20% (un quinto) del Sic, il Sistema integrato delle comunicazioni. Successivamente fu inserito il comma 4 secondo il quale per chi avesse più del 40% di questo settore (Tim) quel tetto diventa del 10%. “Questo fu deciso all’epoca per impedire che Berlusconi, all’epoca al capo del Governo, potesse comprarsi Telecom e creare un grande conglomerato con un potere eccessivo”, ha sintetizzato.
La norma, ha spiegato Gasparri, “era stata concepita per impedire l’elefantiasi berlusconiana. Oggi togliendo questa barriera, i treni potranno passare in un senso e in un altro”. Con questa sentenza della Corte Ue, ha concluso Gasparri, “Mediaset domani mattina può comprarsi Tim, o anche il contrario”.
La regolamentazione deve garantire un mercato plurale, e oggi il problema sono i giganti del web che non pagano le tasse. Non è una concorrenza libera, è un mercato alterato. A questo bisogna guardare”.