Feltri, Boldrini, Verna, il giornalismo e la censura: cronistoria di un caso che ha creato scompiglio

Condividi

Alla vigilia della giornata contro la violenza sulle donne del 25 novembre, Vittorio Feltri pubblica su Libero un editoriale intitolato ‘La ragazza stuprata da Genovese è stata ingenua’, dove si sostiene che la diciottenne violentata dall’imprenditore Alberto Genovese avrebbe dovuto sapere ciò a cui andava incontro: “Pensava che entrando nella camera da letto del facoltoso ospite avrebbe recitato il rosario? Non ha sospettato che a un certo punto avrebbe dovuto togliersi le mutandine senza sapere quando poteva rimettersele?”
L’articolo di Feltri suscita una valanga di critiche, come il suo autore aveva sicuramente previsto. Laura Boldrini, deputata del Pd ed ex presidente della Camera, scrive su Twitter e Facebook: “Feltri e Libero basta misoginia! Quello che scrivete è una forma di violenza sulle donne. È inaccettabile che una testata giornalistica, che percepisce anche contributi pubblici, dia la colpa dello stupro alla vittima! Fermiamo questa barbarie”.


 

Boldrini decide di scrivere un articolo sulla violenza nei confronti delle donne per il suo blog ospitato dall’Huffington Post, dove parla di “victim blaming” a proposito di “quei giornali che fanno di misoginia e sessismo la propria cifra”. Il riferimento esplicito è all’intervento di Feltri su Libero, “in cui si attribuiva la responsabilità dello stupro non all’imprenditore Genovese ma alla ragazza diciottenne vittima”. Il direttore dell’HuffPost, Mattia Feltri, figlio di Vittorio, informato del contenute dell’articolo, telefona a Boldrini per chiederle di togliere il riferimento al padre. La parlamentare rifiuta e minaccia, qualora il pezzo fosse stato ritirato, di renderne pubbliche le ragioni. Feltri decide di non pubblicarlo. Come promesso, Laura Boldrini rende nota la vicenda in un post su Facebook, in cui definisce “inaccettabile” il fatto che il direttore di una testata giornalistica scelga di non pubblicare un intervento per via dei suoi rapporti familiari.

E manda il pezzo ‘incriminato’ al Manifesto, che lo pubblica con il titolo ‘Violenza. La gogna mediatica alimentata dal dibattito pubblico’. Poi lo riprende anche nella sua pagina Facebook.

Mattia Feltri conferma quanto scritto su Facebook dall’onorevole Boldrini e precisa: “Al pari di ogni direttore, ho facoltà di decidere che cosa va sul mio giornale e che cosa no. Se questa facoltà viene chiamata censura, non ha più nessun senso avere giornali e direttori. Oltretutto l’onorevole Boldrini, come altri, su HuffPost cura il suo blog. Quindi è un’ospite. E gli ospiti, in casa d’altri, devono sapere come comportarsi”.
https://www.huffingtonpost.it/entry/risposta-a-laura-boldrini_it_5fbff19fc5b66bb88c6538b0
Nella diatriba si inserisce il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, che esprime la sua “totale solidarietà alla Presidente Boldrini”, in nome dei “principi della libertà di stampa, sacri in Italia, in Europa e in tutto il mondo democratico, sanciti da carte e convenzioni internazionali”.
https://www.odg.it/no-censure-solidarieta-a-laura-boldrini/38684
Parole a cui il direttore dell’Huffington Post ribatte con sarcasmo: “Ringrazio il presidente dell’Ordine dei giornalisti per avermi condannato senza nemmeno una telefonata per sentire la mia versione, quella di un iscritto”.
https://www.huffingtonpost.it/entry/risposta-a-laura-boldrini_it_5fbff19fc5b66bb88c6538b0
Vittorio Feltri non perde l’occasione per intervenire nella polemica, definendo uno “sproloquio” l’articolo di Laura Boldrini. “La signora mi accolla frasi e concetti che non mi sono mai sognato di esprimere”, scrive su Libero. “Non ho mai sostenuto su Libero che la responsabilità dello stupro commesso da Genovese sia da attribuire a chi lo ha subito. Al contrario ho affermato che la ragazza è stata ingenua (che non è una parola offensiva) quando per la terza volta ha accettato l’invito in casa del riccone, noto drogato, per giunta recandosi in camera da letto con l’anfitrione balordo”. E, a proposito di Verna, che definisce “modestissimo cronista sportivo” e “presidentino dei miei stivali”, aggiunge: “Egli ha provveduto a condannare mio figlio Mattia (perché non ha diffuso in rete le corbellerie di Boldrini), ignorando che il direttore di una qualsivoglia pubblicazione ha il diritto di divulgare quanto gli garba”.
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/39-39-dovrei-rimproverare-mio-figlio-perche-hellip-39-39-254125.htm
Verna risponde sull’home page del sito dell’Ordine, con un intervento intitolato “Il confine tra libertà e censura”, in cui si chiede, tra l’altro: “È illimitato il potere del direttore? Anche impermeabile alla critica posto che nessuno può imporre la pubblicazione? Il blog non dovrebbe contemplare una libertà in più per chi ne è stato chiamato ad esserne titolare?”. E precisa: “Ho chiesto spiegazioni accettabili pubblicamente. Se voleva chiamarmi il Direttore di Huffington post poteva farlo, io non avevo processi da fargli e dunque difese da chiedergli. Ho solo nella qualità espresso una critica”.
https://www.odg.it/il-confine-tra-liberta-e-censura-caso-boldrini-huffington-post/38688
Una prosa, quella di Verna, che attira l’ironia di molti giornalisti per la mancanza di punteggiatura e la sintassi zoppicante, come racconta Dagospia.
https://www.odg.it/il-confine-tra-liberta-e-censura-caso-boldrini-huffington-post/38688
Mattia Feltri torna “per l’ultima volta” sull’argomento con un articolo intitolato ‘La censura e noi’, pubblicato il 28 novembre sull’HuffPost, in cui spiega: “Non nego, non ho mai negato, che questa volta intervengono questioni personali, del rapporto fra mio padre e me. Mi sono dato una regola: non parlo in pubblico di mio padre, da vent’anni, direi, perché qualsiasi cosa dica – nel bene e nel male – sarebbe usata contro di me. Qualche volta vorrei difenderlo, qualche volta vorrei criticarlo, ma come si vede in queste ore non c’è serenità d’animo per accogliere le mie parole per quelle che sono: il mio pensiero. Non ne parlo e non voglio che se ne parli sul giornale che dirigo”. Feltri precisa inoltre che nella policy sui blog dell’Huffington Post “c’è scritto che la redazione e la direzione si riservano di non pubblicare i blog senza dare spiegazione e senza nemmeno avvertire (un paio di settimane fa ho sospeso il blog di Carlo Rienzi del Codacons per una ragione che dettaglierei così: non mi piace)”. E aggiunge di aver chiamato l’onorevole Boldini per cortesia.
https://www.huffingtonpost.it/entry/la-censura-e-noi_it_5fc22844c5b6e4b1ea4b9184
Nell’articolo il direttore dell’HuffPost risponde anche alle accuse di censura mosse nei suoi confronti da Verna: “La censura è la pratica di controllo del potere sulla stampa, per esempio di un’ex presidente della Camera che si arroga il diritto di prevalere su un direttore e decidere che cosa va pubblicato e che cosa no. Mi rendo conto che le parole ormai assumono i significati più arbitrari, in questo caso capovolti, ma vorrei chiedere a Verna come intenda ridefinire il ruolo del direttore, quali sono i confini del suo potere, della sua responsabilità, in che modo le sue scelte, fin qui considerate insindacabili, non diventino censura. E più precisamente se Verna immagini un giornalismo in cui il collaboratore, o pure il blogger, abbiano facoltà di imporre al direttore i loro articoli”. E conclude: “In ogni caso continuo ad aspettare una sua telefonata, di scuse naturalmente, che sarò lieto di accogliere”.
La vicenda suscita ovviamente una valanga di commenti sui social, molti dei quali chiedono la testa di Mattia Feltri. Insomma una classica ‘shit storm’ come la chiamano gli anglosassoni, ovvero una tempesta di merda. Stefano Cappellini su Repubblica.it osserva: “Il caso diventa una nuova fiammata di cancel culture, nella sua accezione più pura, dato che molti dei fautori della linea Boldrini sostengono che Feltri Mattia non può più fare il direttore, e forse neanche il giornalista, se ritiene suo diritto non pubblicare gli strali su Feltri Vittorio”. E prosegue: “Lo sgangherato sillogismo è che se Feltri Mattia non ha consentito la pubblicazione del commento boldriniano è perché in fondo condivide le tesi del padre o comunque preferisce che sulla vicenda cali una omertosa rimozione. Una lettura dei fatti, quest’ultima, putrida quasi (quasi) quanto l’articolo di Feltri Vittorio, che perlomeno a differenza dei detrattori di suo figlio non gode dell’autoconsiderazione di paladino dei diritti, della giustizia e del Bene maiuscolo”
https://www.repubblica.it/politica/2020/11/27/news/hanno_tutti_ragione_se_mi_cassi_ti_cancello-276058524/
Giovanni Sallusti, figlio del direttore del Giornale Alessandro, e autore del libro ‘Politicamente corretto. La dittatura democratica’, appena pubblicato da Giubilei Regnani, scrive in una lettera a Dagospia che la vicenda ci offre un esempio della ‘neolingua’ di cui parla George Orwell, ovvero del taroccamento totalitario del linguaggio. “Libertà di stampa” significa “obbligo da parte della stampa di pubblicare qualunque contenuto gli venga inviato da un esponente del potere politico”. Una “scelta editoriale” diventa “censura” se è “sgradita al suddetto potere politico”. “Giornale” significa “buca delle lettere a disposizione del potere politico”, e così via.
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/neolingua-boldrini-ribaltamento-realta-giovanni-254089.htm
“Nello scontro tra Mattia e Boldrini, come sempre ha vinto Feltri”, titola RollingStone. Nell’articolo il direttore Alessandro Giberti afferma: “Laura Boldrini accusa il direttore dell’Huffington Post. È censura? No. Ha ragione Mattia Feltri? Non proprio. Il punto è capire con chi si ha a che fare altrimenti a godere sarà sempre il vecchio satiro da tastiera”.
https://www.rollingstone.it/opinioni/nello-scontro-tra-mattia-e-boldrini-come-sempre-ha-vinto-feltri/541761/
“Il caso Feltri-Boldrini contiene tutti i paradossi del giornalismo italiano”, sostiene Simone Fontana su Wired.it. “Che ruolo vogliamo per il giornalismo nelle nostre società?. Si può lecitamente pensare che giornalismo sia semplicemente dare la notizia e che non abbia responsabilità sul mondo che contribuisce a modellare. In questo senso la decisione di Mattia Feltri è solo la scelta di un figlio che non desidera fare i conti con la figura di un padre troppo ingombrante e con cui spesso è in disaccordo. Oppure si può pensare che il giornalismo sia parte integrante delle nostre vite e che i mezzi d’informazione siano costruttori di significato, in grado di guidarci nella comprensione di un mondo complesso. In questo secondo caso Mattia Feltri ha abdicato al ruolo di spiegare ai suoi lettori quanto faccia male a tutti un giornalista che usa il suo giornale per rinfacciare a una vittima di essere stata una vittima”.
https://www.wired.it/attualita/media/2020/11/28/feltri-boldrini-giornalismo-blog/
Di segno opposto il commento di Giuliano Ferrara, che sul Foglio definisce l’accusa di censura “al di sotto di ogni standard dell’intelligenza e dell’ovvio rispetto per l’unica vera prerogativa di un direttore responsabile, pubblicare o no”. E aggiunge :”Mi spiace davvero che la Boldrini sia stata messa in grado di inscenare una farsa libertaria contro uno dei pochissimi giornalisti della sua generazione che in tema di libertà, di civiltà delle maniere, di maneggio sereno, incisivo e affettuoso anche delle opinioni più coriacee e aspre non ha rivali”.
https://www.ilfoglio.it/societa/2020/11/28/news/il-giornalista-gentiluomo-e-una-farsa-libertaria-1487573/