Nonostante gli stop e i ‘ban’ imposti a Donald Trump negli ultimi giorni i social media sembrano destinati a pagare un caro prezzo, dopo i disordini scoppiati a Washington e la violenta irruzione nel Congresso da parte dei sostenitori più accesi del presidente. Secondo una ricostruzione di Politico, senatori e deputati democratici sarebbero “furiosi” per il ruolo che a loro giudizio avrebbero avuto le piattaforme social nell’assalto a Capitol Hill. Un attacco, si fa notare, che è stato organizzato attraverso una pletora di servizi social e trasmesso praticamente in diretta online dai supporter di Trump.

Una nutrita pattuglia di parlamentari Dem si prepara a presentare il conto ai social media, ora che il partito si appresta a prendere il controllo del Congresso e della Casa Bianca. Da anni, da parte dei democratici, si chiede alle aziende di Silicon Valley di eliminare dalle loro piattaforme tutti i contenuti che incitano alla violenza o diffondono disinformazione politica ed elettorale, ma alla luce degli eventi di mercoledì, quanto è stato finora fatto appare ai loro occhi troppo poco.
“Sembra il primo giorno del resto delle nostre vite. Dovrebbero definire il 2021 l’Anno Zero perché accadrà qualcosa”, aveva detto ai suoi compagni durante il viaggio. E’ morto al George Washington Hospital dopo essere stato colpito da un ictus, hanno reso noto i suoi amici citando la versione resa loro dalla polizia. Non ci sono indicazioni di una sua partecipazione all’irruzione al Congresso.
Kevin Greeson, 55 anni, sfegatato sostenitore di Trump dell’Alabama, è morto di infarto durante l’irruzione a Capitol Hill. Era attivo sul twitter della destra americana Parler.
Rosanne Boyland, 34 anni della Georgia, una storia di arresti alle spalle anche per possesso di eroina e cocaina, secondo i media locali. La polizia di Capitol Hill ha reso noto di aver cercato di salvarla, forse dopo che era rimasta schiacciata dalla folla, con procedure di emergenza per problemi cardiocircolatori dopo che aveva fatto irruzione al Congresso. Il cognato, Justin Cave ha ammesso che “le parole del Presidente hanno incitato i disordini in cui sono morti quattro dei suoi sostenitori più vocali”.