Almeno 72 persone arrestate per l’assalto al Campidoglio sono state individuate grazie ai social media. In circa la metà dei casi sono stati gli stessi arrestati a fornire le prove con i loro post sui social. Lo sottolinea il George Washington University’s Program on Extremism, che a riesaminato le richieste di incriminazione di 92 persone. Il dato, riporta Adnkronos, sembra riflettere l’incapacità degli insorti di capire che stavano facendo qualcosa di illegale, unita all’orgoglio di partecipare a quello che era percepito come un momento storico scrive il Washington Post.

Molti dei partecipanti all’attacco, afferma Seamus Hughes, vice direttore del programma sull’estremismo, erano convinti che loro azioni fossero “onorevoli”. Il mondo online in cui erano immersi, afferma, si è trasformata in una sorta di ‘camera dell’eco’ che ha rinforzato l’idea che non vi fosse alcuna ragione di nascondere la partecipazione all’attacco, dopo che il presidente Donald Trump li aveva esortati a “combattere”. Eccitati da una realtà parallela di fake news e complotti, molti insorti non si sarebbero resi conto che quanto stavano facendo era reato nella vita vera.