Bene i risultati sull’andamento del mercato del libro nel 2020 ma il problema delle librerie consiste “nella guerra impari” con le multinazionali e in particolare con Amazon. Un tema del quale si deve fare carico il “governo battendo un colpo” anche perché “esistono gli strumenti per limitare il danno”. E’ la richiesta che arriva da Paolo Ambrosini, presidente dell’Ali, l’Associazione dei Librai italiani aderente a Confcommercio che, conversando con l’AdnKronos, commenta i dati sul mercato del libro nel 2020 elaborati dall’Ufficio studi Aie in collaborazione con Nielsen. Dati che registrano una crescita del 2,4% dell’editoria di varia ma che, allo stesso tempo, evidenziano che le librerie hanno ceduto quote di mercato all’online, il quale dal 27% del 2019 è cresciuto fino al 43% dello scorso anno.

Una vera e propria sfida, quella del web, che ha indotto i librai a realizzare un portale online delle librerie italiane “operativo nelle prossime settimane. Si tratta – spiega Ambrosini – di uno spazio di vendita online per le nostre librerie. Come associazione, ci siamo preoccupati di mettere a disposizione un’infrastruttura tecnica per poter consentire alle aziende di essere sull’online e di fare la loro proposta. Mettiamo quindi insieme l’offerta di tante librerie italiane”.
La partita aperta dalle multinazionali online assume, per Ambrosini, le caratteristiche di una “guerra impari. Se prima dell’entrata in vigore della legge sul libro il tema era avere un riequilibrio del nostro mercato – scandisce – ora c’è il grande tema del riequilibrio del mercato del commercio. Le multinazionali usano delle norme che consentono loro di distrarre ricavi portandoli in altri paesi dove la tassazione è bassa. Certo, per restare nel nostro ambito, lo spostamento di una quota di mercato dal ‘fisico all’online’ è un elemento che ci preoccupa molto perché la crescita si è concentrata su un solo operatore, Amazon”.
Un tema “grandissimo che riguarda il Paese: la politica dovrebbe battere un colpo senza continuare a dire che la cosa va risolta a livello europeo”. E questo alla luce del fatto che “esistono degli strumenti per limitare il danno. Qui, più in generale, non è in gioco soltanto la sopravvivenza di un canale di vendita ma l’idea di Paese che stiamo costruendo. Queste grandi multinazionali, Amazon in particolare, stanno utilizzando le nostre infrastrutture e solo una piccola parte di quello che ricavano lo lasciano all’Italia”.
Allargando la sua riflessione, Ambrosini rimarca che “c’è un problema che va oltre gli interessi della categoria che rappresento e che riguarda gli interessi del Paese. Senza dire nulla, abbiamo ceduto quote importanti del nostro Pil commerciale ad un operatore estero che paga una quantità di tasse inferiore rispetto a quella che pagano, a pari importi, le imprese domestiche”.
Il fatto, infine, che le librerie nel 2020, nella fase più difficile della prima ondata pandemica, abbiamo perso terreno a favore delle vendite online “non è un dato che ci sorprende. Siamo ben consapevoli che i lettori potevano contare sull’unico canale aperto, cioè l’online, nel periodo del lockdown con tutte le limitazioni agli spostamenti e con le librerie chiuse nella prima fase”. Bisogna considerare, poi, secondo Ambrosini “un elemento di contesto: anche negli altri settori merceologici c’è stata una crescita del mercato dell’online. Questo dato è conseguente alla crisi e al blocco delle attività e di un necessario spostamento degli acquisti sull’unico canale rimasto aperto. I dati ci dicono, e questo è positivo, che c’è stato anche un recupero nella seconda parte dell’anno delle librerie”.