Oggi, venerdì 19 febbraio, QN Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno sono ‘vestiti’ con la bandiera italiana, come segno di orgoglio e unità nazionale. All’interno della fake cover gli editoriali dei direttori dei quotidiani del Gruppo Monrif e la presentazione della nuova squadra di Governo.

L’editoriale di Michele Brambilla che spiega il senso dell’iniziativa
Ricostruzione: che cosa significa per un italiano questa parola?
Ricostruzione è importante per tutti noi perché fa memoria di un tempo che forse i più giovani non conoscono, ma che è l’inizio di quello che era stato preparato per loro. È il tempo in cui i nostri padri e i nostri nonni (ricordati con commozione da Mario Draghi nel suo discorso al Senato) scavarono fra le macerie di una guerra senza precedenti nella storia dell’umanità; e con fatica, rinunce, parsimonia (altre parole scomparse) gettarono le basi per dare a noi quel benessere che loro non avevano potuto neppure immaginare.
E perché ora la stiamo riscoprendo questa parola, Ricostruzione? Perché quel tempo l’abbiamo dissipato, e la sua forza perduta. Da ben prima della pandemia. Vi ricordate che cosa dicevamo dell’Italia prima del virus? Che eravamo un Paese sfiduciato, fiacco, in declino.
“Ricostruire” diventa così un imperativo categorico: non solo per il governo, ma per ciascuno di noi.
Ci voleva un europeista convinto, un nemico di tutti i sovranisti, per farci sentire di nuovo tutti orgogliosi di essere italiani. Uno dei passaggi più importante del suo discorso è stato forse quello in cui ha ricordato che all’estero pensano dell’Italia molto meglio di quanto siamo soliti pensarne, e parlarne, noi. “Italiano sarà lei!”, siamo infatti soliti ripetere per prendere le distanze dai nostri vizi, veri e presunti. Invece Draghi ci ha ricordato ieri che italiani siamo noi. Tutti noi.
Italiani siamo noi, e nella nostra storia c’è Cavour – il primo nome citato – e c’è la ricostruzione del dopoguerra, e c’è la stagione degli anni di piombo, e c’è il giorno in cui rapirono Moro e le bandiere rosse del Pci si mescolarono, nelle piazze, con quelle bianche della Dc. Italiani siamo noi e nella nostra storia ci sono momenti in cui l’unità nazionale fu più importante di ogni divisione, anche profonda.
“La nostra responsabilità nazionale” è stato il suo primo pensiero, “per combattere con ogni mezzo la pandemia”. Il nostro nuovo premier ha detto che “non c’è bisogno di aggettivi” per definire il nuovo Governo, che è “semplicemente il Governo del Paese”, perché in una situazione drammatica come questa non c’è altro da fare che governare il Paese.
E il suo pensiero è stato per le “generazioni successive”, citazione degasperiana per bacchettare indirettamente l’abitudine dei politici di oggi di pensare solo, al massimo, alla prossima campagna elettorale. “Che non ci debbano un giorno rimproverare per il nostro egoismo”, ha detto. E ancora un altro richiamo all’Italia che si seppe unire per risollevarsi dalla guerra: “La mia generazione ha fatto per i nostri figli e nipoti quello che i nostri nonni e genitori fecero per noi?”.
Italiani siamo noi, e Draghi ci ha ricordato dove stanno, da che parte stanno gli italiani.
Avevamo bisogno di un’unità nazionale: ma anche e soprattutto di una guida competente, capace. Di un “uomo del fare” che prendesse il posto degli uomini delle parole.
Di parole, Draghi ce ne ha già regalate di bellissime. Le ultime del suo discorso di ieri hanno riacceso l’amor patrio: “Oggi l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere. Ma un dovere guidato da ciò che son certo che unisce tutti: l’amore per l’Italia”.
Michele Brambilla
Direttore QN Quotidiano Nazionale e il Resto del Carlino