Google non venderà più pubblicità basata sul tracciamento degli utenti e studia un sistema per fare a meno dei cookies. Ma non tutti sono contenti

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Google non venderà più pubblicità in base alle attività di navigazione degli utenti. Lo ha annunciato la società specificando che l’attività di tracciamento individuale smetterà quando sarà implementato un nuovo sistema per gli annunci che farà a meno dei ‘cookies’.

CC0 Creative Commons

Chrome, che è attualmente il browser più usato al mondo e di proprietà del colosso di Mountain View, questo mese comincerà a testare un’alternativa al tracciamento della navigazione. Alternativa che la società ritiene migliore per la tutela della privacy online, ma che consente comunque agli inserzionisti di indirizzare la propria proprietà. Al momento non sono stati diffusi ulteriori dettagli sul nuovo sistema per la pubblicità online.

“Se la pubblicità digitale non si evolve per affrontare le crescenti preoccupazioni che le persone hanno sulla loro privacy e su come la loro identità personale viene trattata, a rischio c’è il futuro del web libero e aperto”, ha scritto in un blogpost sul sito della società David Temkin, direttore del prodotto di Google e dirigente posto a capo del nuovo modello di pubblicità online.

Google rappresenta il 63% del mercato globale dei browser l’anno scorso, secondo i dati di StatCounter, e il 52% della spesa pubblicitaria globale online nel 2020, pari a 292 miliardi di dollari, secondo i dati di Jounce Media.

“Una volta che i cookie di terze parti saranno gradualmente eliminati”, precisa Temkin nel suo post, “non costruiremo identificatori alternativi per tracciare gli individui mentre navigano sul web, né li useremo nei nostri prodotti”. “I progressi nell’aggregazione, nell’anonimizzazione e nelle altre tecnologie che proteggono la privacy offrono buone alternative agli identificatori individuali”.

La mossa arriva in un momento in cui Google è oggetto di aspre polemiche sulla privacy degli utenti, insieme alle società che dai dati raccolti dalle attività online delle persone fanno enormi ricavi. Una preoccupazione che in Europa ha spinto all’approvazione della Gdpr, la legge sulla tutela della privacy e dei dati online.

Tra i critici sulla svolta di Google c’è Konrad Feldman, Co-founder e CEO di Quantcast secondo cui “la decisione di Google di non supportare le iniziative di identity del settore rappresenta per editori e creatori di contenuti una pessima notizia. Quasi 5 miliardi di persone si affidano all’Open Internet per accedere a informazioni, news, contenuti formativi e d’intrattenimento di qualità e affidabili. Google ancora una volta ha mostrato la volontà di danneggiare la rilevanza della pubblicità nell’Open Internet. Una mossa che andrà a completo beneficio delle miniere d’oro del motore di ricerca e di Youtube che non verranno per niente influenzati da questa operazione. Siccome nell’Open Internet diventa ancora più difficile erogare una pubblicità efficace o addirittura effettuare una misurazione dell’efficacia, molti degli investimenti pubblicitari entreranno direttamente nelle casse dei giganti del tech a discapito di un internet libero e aperto”.