Il Procuratore Generale di Amman, Hassan Al-Abdallat, ha vietato la pubblicazione di tutto quello che attiene “alle indagini” dei servizi di sicurezza su il principe Hamzah e “altri”. Lo riporta l’agenzia Petra secondo cui la proibizione vale fino a nuovo ordine. “Il divieto – si spiega – include i media audiovisivi e i siti di s cial network e la pubblicazione e la circolazione di qualsiasi immagini o video clip relativi a questo argomento è sotto pena di responsabilità penale”.

La situazione:
Crisi in via di risoluzione in Giordania dopo l’arresto di almeno 16 persone accusate di aver cospirato per destabilizzare il Paese insieme al principe Hamzah bin Hussein, fratellastro del re Abdallah II che, dopo due giorni di alta tensione, ha avviato una mediazione conclusa con una lettera firmata dallo stesso principe in cui dichiara fedeltà al re.
“Alla luce degli sviluppi degli ultimi due giorni, mi metto nelle mani di Sua Maestà il Re, sottolineando che rimarrò nell’era dei padri e dei nonni, fedele alla loro eredità, seguendo il loro cammino, fedele a loro e a Sua Maestà”, si legge nella missiva, riportata in arabo sul sito della casa reale giordana.
Il testo – come riporta LaPresse, sembra così gettare acqua sul fuoco della crisi che si era innestata nel reame, alleato chiave dell’Occidente nel Medio Oriente. Poche ore prima il principe Hamzah aveva detto di aver ricevuto dall’esercito “ordini inaccettabili” a cui non avrebbe obbedito.
“Il capo di stato maggiore dell’esercito è venuto da me e ha lanciato minacce a nome dei capi delle agenzie di sicurezza”, ha detto Hamzah in una registrazione circolata online, “Ho registrato i suoi commenti e li ho inviati ai miei conoscenti all’estero e alla mia famiglia nel caso in cui accadesse qualcosa”. “Non voglio un’escalation ora”, ha poi assicurato il fratellastro del re ma, ha aggiunto, “ovviamente non mi atterrò” agli ordini di “non uscire, twittare o entrare in contatto con le persone”. “E’ inaccettabile che un capo di stato maggiore dell’esercito dica questo”, ha aggiunto.
Abdallah II aveva deciso di risolvere i dissidi con il fratellastro all’interno della famiglia e ha affidato il compito di fare da mediatore a suo zio, il principe Hassan. “Alla luce della decisione del re di affrontare la questione del principe Hamzah nell’ambito della famiglia hashemita, sua maestà ha affidato il compito a suo zio, il principe Al Hassan”, ha annunciato la Corte in un comunicato pubblicato su Twitter.
Le autorità giordane hanno riferito domenica di aver sventato un “complotto” di Hamzah per destabilizzare il regno con il sostegno straniero. Il principe ha negato di aver preso parte a qualsiasi cospirazione e ha affermato di essere stato preso di mira per essersi espresso contro la corruzione e il malgoverno.
Il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi ha riferito che nell’ambito dell’operazione sono stati arrestati dai 14 ai 16 associati di Hamzah, oltre a Bassem Awadallah, ex ministro di gabinetto e un tempo capo della corte reale, e Sharif Hassan bin Zaid, un membro della famiglia reale. Il capo della diplomazia non ha però fornito ulteriori dettagli sul presunto complotto.
Abdullah e Hamzah sono entrambi figli del defunto re Hussein, che, a due decenni dalla morte, resta una figura amata nel Paese. Dopo essere salito al trono nel 1999, Abdullah ha nominato Hamzah principe ereditario, ma gli ha poi revocato il titolo cinque anni dopo. Il rapporto tra i due è stato descritto generalmente come buono ma Hamzah a volte si è espresso contro le politiche del governo e più recentemente ha stretto legami con potenti leader tribali, una mossa che è stata avvertita come una minaccia per il re.
Le potenze occidentali e i Paesi arabi si sono schierati tutti al fianco di Abdallah, il che riflette l’importanza strategica del Paese nella regione. L’appoggio al re è arrivato da Usa, Arabia Saudita, Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Israele e anche dall’Unione europea. “L’Ue sostiene pienamente il re Abdallah II e il suo ruolo di moderatore nella regione”, ha scritto su Twitter Nabila Massrali, portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Eeas).
La stabilità di Amman è da tempo sotto osservazione nella regione, soprattutto da quando l’amministrazione Trump si è schierata con forza con Israele, mettendo all’angolo i palestinesi, molti dei quali sono ospitati dalla Giordania che è custode dei luoghi sacri a Gerusalemme. Dopo la pace del 1994, tra Israele e Giordania in anni recenti ci sono stati momenti di tensione, proprio in relazione alla questione palestinese.