Il magnate dell’editoria Jimmy Lai è stato condannato a una pena addizionale: dovrà scontare 14 e non 12 mese di carcere per il ruolo avuto nelle manifestazioni pro-democrazia ad Hong Kong. “L’accusa, la sentenza e la condanna illegali di questi attivisti evidenzia l’intenzione del governo di Hong Kong di eliminare l’intera opposizione politica nella città”. È la reazione del direttore regionale di Amnesty International Asia-Pacifico, Yamini Mishra, alla condanna di nove attivisti a favore della democrazia, fra cui il magnate dell’editoria Jimmy Lai, a pene fra gli 8 e i 18 mesi di prigione per aver preso parte alle proteste “non autorizzate” nell’agosto del 2019.

“Dopo aver arrestato la maggioranza dei dissidenti di spicco di Hong Kong con una legge repressiva di sicurezza nazionale, le autorità ora stanno rastrellando i rimanenti oppositori pacifici sotto il pretesto di false accuse relative alle proteste del 2019 – aggiunge Mishra -. Queste condanne sono in violazione del diritto internazionale, secondo cui partecipare e organizzare pacifiche adunanze non richiede il permesso preventivo dello Stato. Né la mancata notifica alle autorità di un’adunanza rende illegale il fatto di parteciparvi. È semplicemente non sostenibile il procedimento contro questi attivisti”.
Come riferisce Ansa, secondo Amnesty International, “le autorità di Hong Kong devono smettere di avanzare accuse penali arbitrarie contro coloro che hanno pacificamente esercitato i loro diritti alla libertà di espressione e di riunione. Tutti i condannati di oggi – conclude la nota – devono essere immediatamente rilasciati e quanto successo deve essere cancellato dalla loro fedina penale”.