Il direttore di Rai Radio parla del futuro prossimo della radio e stimola a pensare allo spegnimento dell’analogico. In una lunga intervista su Newslinet, il direttore di Rai Radio, Roberto Sergio, anticipa le tendenze e le strategie della radio del futuro. Innanzitutto, l’ibridazione fra mezzi.

“Sono passati ormai tanti anni quando Giovanni Giovannini fu tra i primi a iniziare a parlare di ‘convergenza’. All’epoca – dice Sergio – sembrava una visione futuristica e teorica. Oggi, grazie al digitale, la tocchiamo con mano e ci viviamo dentro. Siamo tutti noi quotidianamente alle prese con mezzi che si ibridano l’uno nell’altro, con confini sempre più labili e barriere che cadono in modo più o meno improvviso. In altre parole, siamo finalmente in pieno nell’epoca della convergenza. E come al solito, nonostante i segnali deboli di questa trasformazione fossero in atto già da qualche decennio, ci troviamo a parlarne compiutamente solo oggi che vi siamo immersi. Il progetto della visual radio di Radio 2 che si è realizzato grazie alla volontà della direttrice Paola Marchesini e di tutta la sua squadra e di quella di Rai Radio, ha portato i nostri contenuti su un mezzo che non è quello della radio. Ma questo dimostra proprio la forza del contenuto. La piattaforma di distribuzione è quella giusta per quel determinato formato, ma la differenza vera la fa il contenuto. E abbiamo dei numeri straordinari”.
Poi, il tema del podcasting e dei conduttori radio. “Il problema è nella distinzione fra audio e radio. Io vorrei eliminare il concetto di ‘radiofonici’. Siamo tutti produttori di contenuti da ascoltare, il resto è distribuzione. Finché i radiofonici penseranno di essere tali non potranno competere nel mercato del total audio. E purtroppo ne conosco molti. Ma questa è selezione naturale. Chi oggi pensa solo alla diretta radio può sopravvivere domani a una condizione: che sia il top. I grandi conduttori, le voci che fanno le radio possono pensare di restare solo sul live streaming. Ma ovviamente hanno tutte le carte in regola per diventare anche i migliori produttori di podcast. E’ un momento di grande fermento: sono sicuro che fra 2/3 anni lo scenario sarà ancora diverso. Proprio in questo sta la bravura di chi fa radio oggi: offrire prodotti che abbiano successo oggi e ripensarli subito per un domani che è ormai dietro l’angolo”.
“Il problema è che oggi bisogna investire sul Dab+, sull’Ip e sull’Fm, quindi i budget vanno parcellizzati e in questo modo si rischia di non avere abbastanza risorse per ciascuna piattaforma. Una convergenza di radio, produttori e distributori sul mondo digitale potrebbe forse essere utile per stimolare il mondo politico a fissare uno spegnimento dell’Fm. Cosa ne pensiamo?”
Sul delicato tema delle rilevazioni dell’audience Sergio nell’intervista a NL dice di aver finora svolto “un ruolo di critica responsabile in Ter. Tanti sono i problemi della metodologia Cati che abbiamo evidenziato nel tempo e che soprattutto rendono la rilevazione non adeguata alla realtà delle cose. Oggi ci troviamo in un momento in cui il sistema radio pur con importanti segni di ripresa non viene premiato, come dovrebbe, dagli investimenti pubblicitari. Tutti gli indicatori vanno in questa direzione: la nostra ricerca interna basata sul meter, le rilevazioni degli streaming, i dati dei social e degli aggregatori. Il mondo delle radio in generale è in forte crescita. In un contesto in cui anche altri editori hanno capito il senso delle nostre critiche a Ter e le stanno facendo proprie, credo che non sia opportuno distruggere e basta. Significherebbe minare alla base il percorso di crescita di cui parlavo. Detto questo, è ovvio che auspico che a breve si potrà avere un sistema performante, completo e universalmente riconosciuto per le rilevazioni degli ascolti, anche assieme ad UPA”!.