Sottovoce, ma a denti stretti, con la voglia di farcela comunque: le Olimpiadi di Tokyo 2020, le più difficili della storia, si sono aperte stasera nel nuovo Stadio Olimpico di Tokyo. Con una cerimonia sobria e intensa – ma senza pubblico – al centro della quale c’era un uomo prima piegato dalla malattia, poi risorto a nuova vita e con la voglia di correre.
Uno spettacolo – scrive Tullio Giannotti su Ansa – con il marchio ancora una volta italiano, la firma di Marco Balich. Fuori, attorno allo stadio, la protesta degli anti-Giochi, che aumenta con il trascorrere delle ore. Poi, Naomi Osaka, tennista a lungo contestata per la sua origine per metà haitiana e per aver scelto gli Usa come residenza, accende il tripode olimpico, dopo che l’Imperatore Nahruhito aveva dichiarato aperte le Olimpiadi.
Nei primi minuti, tutto il senso profondo della coreografia: una atleta che corre in casa, costretto dal lockdown, sul suo tapis roulant. Un altro che si allena al vogatore. Da soli, nel grande spazio bianco di un terreno deserto. Gli atleti, entrano uno dopo l’altro, ma isolati, a ricordare che ognuno ha dovuto allenarsi per conto suo, spesso in casa, per riuscire ad essere presente adesso a Tokyo 2020 ma nel 2021. Nella coreografia emergono stanchezza, solitudine, a momenti tristezza. E poi il lockdown, con immagini del mondo barricato nelle case, piazza del Duomo a Milano deserta, e poi medici, infermieri e tanti malati. Tutti in piedi, in silenzio, per un minuto di grande commozione, ad onorare le vittime della pandemia.
In tribuna autorità, l’imperatore Naruhito, il presidente francese Emmanuel Macron, la first lady americana Jill Biden e la sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali. Poi, nella kermesse, spazio alla ricostruzione, un pezzo di legno dopo l’altro, con l’opera di tutto il mondo per riuscire a realizzare un sogno che sembrava una follia: costruire con quel legno, pezzo dopo pezzo, i cinque cerchi.
E’ questo il senso che un Comitato organizzatore decimato da scandali e gaffe è riuscito comunque a dare a Tokyo 2020, le Olimpiadi dell’era della pandemia che saranno ricordate per aver mantenuto il marchio dell’anno precedente, quando furono rinviate perché il mondo era chiuso per proteggersi dal virus.
Gli autori dello spettacolo non hanno voluto nascondere nulla o tanto meno dimenticare. Oltre alle vittime del Covid, sono state ricordate anche quelle della strage di Monaco 1972, quasi a sottolineare che stavolta si tratta di un’Olimpiade speciale e unica, che ricorda tutto quello che di drammatico e festoso c’è stato, per puntare a un futuro nuovo e più sostenibile.
La cerimonia che decreta l’inizio di Tokyo 2020 si è svolta davanti a uno stadio vuoto ma non deserto come annunciato – ben più di un migliaio sono i presenti, tutti invitati – e con effetti speciali misurati ma intensi. Al centro della scena il Monte Fuju, il vulcano che è non soltanto la cima più alta del paese, ma una delle tre montagne sacre. Nulla di assordante o di accecante, il suono è stato misurato come annunciato, per una cerimonia che non poteva essere una festa ma la proclamazione, con orgoglio, di un obiettivo raggiunto quando tutto sembrava perduto. I messaggi registrati e diffusi sui maxischermi erano tutti improntati a una pagina di rilancio e di ritorno ad una crescita diversa. Per tutti, le parole contro la povertà di Muhammad Yunus, il bengalese inventore del microcredito, premio Nobel per la Pace nel 2006.
Alcune decine di contestatori, in un Giappone schierato all’80% contro la tenuta della Olimpiadi in tempo di pandemia, si erano dati appuntamento per la serata. La polizia li ha tenuti a bada e a debita distanza dallo stadio, anche quando i contestatori sono cresciuti fino a diventare centinaia. Una protesta silenziosa, in un paese in gran parte ostile ma dove i giornalisti accreditati hanno potuto verificare con qualche sorpresa, dal pomeriggio, che non pochi giapponesi si erano radunati attorno allo stadio Olimpico per sostenere i Giochi o per semplice curiosità o simpatia con gli ospiti stranieri.
Molte le famiglie, tanti i bambini che si facevano immortalare dai genitori sul monumento ai cinque cerchi olimpici con la lunga fila di giornalisti alle spalle. Dalle finestre e dai balconi dei palazzi adiacenti allo stadio, famiglie intere salutavano e qualcuno aveva preparato striscioni con le scritte di “benvenuti” e “Tokyo 2020”.
E’ stato poi l’imperatore Naruhito, il 126/o della storia giapponese, a dichiarare solennemente aperte le seconde Olimpiadi della storia a Tokyo, dopo i discorsi delle autorità. A prendere per prima la parola era stata la presidente del Comitato organizzatore di Tokyo 2020, la ex ministra dello Sport Seiko Hashimoto, subentrata a febbraio a Yoshiro Mori, costretto da uno dei tanti scivoloni di questi mesi – una frase sessista – a dimettersi. Per lei, lo sforzo di tutti è stato di far partire comunque un’Olimpiade in grado di dare “anche un piccolo contributo per un futuro più positivo – ha detto – in cui ognuno tenda a dare il meglio di sé”. Il motto è “uniti nella diversità”, ha concluso. E’ toccato poi al presidente del CIO, Thomas Bach, che ha replicato con la sua formula: “più in alto, più veloce, più forte. Insieme”.
Al termine, la “sorpresa” annunciata da Balich: un’enorme “Terra” composta da luci ha preso a roteare al di sopra dello stadio, sostenuta da droni. Un effetto straordinario, con i cinque continenti disegnate da luci di colori diverse mentre si alzava uno dei canti più suggestivi ed evocatori, l’immortale “Imagine” di John Lennon.
