“Il legame tra il servizio pubblico e le istituzioni è un legame necessario quanto indissolubile e costituisce uno snodo importante della vita democratica del Paese”. Lo ha detto il presidente dell’Agcom, Giacomo Lasorella, in audizione in Vigilanza Rai nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui modelli di governance e sul ruolo del Servizio pubblico radiotelevisivo, anche con riferimento al quadro europeo e agli scenari del mercato audiovisivo.
L’indipendenza della Rai
Il ragionamento del presidente di Agcom offre diversi spunti di riflessione sul Servizio Pubblico, in una fase in cui ci si chiede cosa sia realmente servizio pubblico, soprattutto all’interno di uno scenario digitale. E l’indipendenza è la chiave. “È necessario salvaguardare quanto più possibile l’indipendenza del soggetto che è chiamato a svolgere” i compiti di servizio pubblico. “Questo è possibile solo attraverso sistemi di checks & balances che consentono di bilanciare in maniera equilibrata e di ricomporre i diversi interessi e le diverse sensibilità, garantendo di riflettere in modo adeguato le culture e i valori dell’intero corpo sociale del Paese e di distribuire i compiti di sorveglianza tra Governo e Parlamento, e anche Autorità indipendenti (per quanto riguarda il ruolo dell’Autorità ritengo opportuno e corretto che all’Autorità venga garantito un ruolo di vigilanza ma, proprio per salvaguardare tale ruolo, non di diretta partecipazione ai meccanismi di nomina)”.
Rispetto a una nuova legge di riforma tornata in auge, guardando alle varie proposte dei diversi partiti – quasi tutte rivolte alla governance – Lasorella ha detto: “ciascuno è portatore di modelli e sensibilità specifiche, tutti, dal punto di vista dell’Autorità, meritano considerazione”. Ma, ha sottolineato, “appare essenziale, attraverso il confronto tra maggioranza e opposizione che al nuovo assetto sia data una prospettiva durevole, evitando di cambiare il modello di governance in relazione al mutamento delle varie maggioranze politiche, come purtroppo è accaduto negli ultimi tempi”.
Il rischio “omologazione”
“E’ fondamentale che il servizio pubblico persegua la propria mission rafforzando la distintività e la riconoscibilità della sua offerta editoriale, ed anzi proprio puntando su contenuti che siano in grado di fornire allo spettatore modelli e visioni di alto livello qualitativo ed a forte carattere innovativo”, ha detto ancora il presidente Agcom, parlando del rischio che il servizio pubblico possa trovarsi in una situazione di omologazione con le tv commerciali.
Omologazione, ha rimarcato, che “finisce con l’incidere pesantemente sull’immagine della Rai”, facendo “scolorire le proprie caratteristiche peculiari di servizio pubblico”. “Mediaset, La7, Sky e tutti gli altri editori offrono un servizio al pubblico – ha detto ancora -, ma i fruitori-clienti hanno giustamente nei confronti della Rai attese più forti perché rappresenta non solo un “servizio” ma è vincolato dal concetto di “pubblico”. “Ciò che occorre mirare a costruire (o, se si vuole, a ri-costruire) è proprio un’identità e una originalità proprie dei programmi Rai”, ha chiosato.

Tre obiettivi per definire il Servizio Pubblico
Richiamandosi alle ragioni alla base della nascita dei servizi pubblici radiotelevisivi in Europa nei “gloriosi anni” della ricostruzione (come diffondere e tutelare i principi fondamentali quali il pluralismo, la diversità culturale, la libertà di espressione e di opinione), Lasorella ha affermato: “Mi sembra si possa dire sinteticamente che il servizio pubblico degli anni a venire avrà ragione di essere qualora sarà capace di declinare tali valori costituzionali nell’orizzonte integrato della convergenza post-televisiva, adattando al nuovo contesto gli obiettivi tradizionali ed individuandone di nuovi”.
Tre dunque gli obiettivi indicati: il primo è quello di consentire a tutti i cittadini l’accesso “a una quantità minima garantita di comunicazione affidabile, di qualità e pluralistica, in grado di rappresentare tutte le culture, in modo tale da aiutare a mettere in condizione ciascuno di esercitare i propri diritti e i propri doveri di cittadino, promuovendo una cultura della legalità, dell’inclusione, della parità di genere e del rispetto del bene pubblico”.
Il secondo è garantire “la salvaguardia quanto più possibile, in un contesto caratterizzato giustamente, da una pluralità di modelli culturali e da una evidente globalizzazione, della cultura e dell’identità nazionali”. “La Rai negli anni Cinquanta/Sessanta del secolo scorso ha unificato il Paese: oggi si tratta di contribuire a tenerlo insieme”.
Il terzo è quello di “accompagnare la popolazione, anche quella meno predisposta ed attrezzata, verso la rivoluzione digitale, attraverso un’opera, se possibile, di sensibilizzazione e di formazione, la cosiddetta alfabetizzazione digitale”. Questo senza tralasciare la possibilità di essere presente, in modo efficace e moderno, su tutti i device e tutte le piattaforme, in modo tale da intercettare anche la domanda del pubblico più giovane.
Certezza di risorse a lungo termine
Nell’audizione, ad essere toccato è anche l’aspetto economico. E’ necessario “dare certezza delle risorse pubbliche su un orizzonte temporale di medio termine alla Rai. Si tratta di un principio che l’Autorità ha ribadito in più occasioni, e che costituisce un naturale presupposto dell’indipendenza del servizio pubblico e anche dell’effettività (oltre che della verificabilità) di una adeguata programmazione”, ha detto Lasorella, senza tralasciare il tema della pubblicità.
“Proprio all’inizio di questa consiliatura – ha aggiunto – l’Autorità si è occupata del tema della trasparenza dei listini della pubblicità e della relativa scontistica, del tema dell’affollamento pubblicitario, che sembrerebbe aver trovato una sistemazione nel nuovo Tusmar e della contabilità separata. Tutte questioni connesse alla determinazione delle risorse a disposizione della concessionaria del servizio pubblico, e inevitabilmente connesse all’idea di servizio pubblico che ad esse è sotteso”.
Si è parlato anche di contabilità separata, con Agcom che sta esaminando un nuovo modello presentato dalla Rai. “Allo stato, Rai predispone una contabilità separata indicando i ricavi derivanti dal gettito del canone e gli oneri sostenuti nell’anno solare precedente per la fornitura del servizio sulla base di uno schema predisposto dall’Autorità. Ciò al fine di verificare che il canone sia utilizzato per lo svolgimento del servizio pubblico. Alla luce dell’esperienza maturata in questi anni, è tuttavia lecito affermare che l’attuale modello di separazione contabile necessita quantomeno di aggiustamenti”.