Il nuovo direttore stravolge il settimanale che esce allegato a Repubblica, riportandolo senza falsi pudori nel solco tracciato 25 anni fa da Daniela Hamaui
Emanuele Farneti debutta oggi con il suo primo numero di ‘D la Repubblica’, di cui è responsabile da un mese. E stravolge completamente il settimanale che esce allegato al quotidiano di Gedi. Lo fa riportandolo, senza falsi pudori, nel solco del prodotto lanciato 25 anni fa. Quello firmato da Daniela Hamaui che, come scrive Farneti “ha cambiato in modo radicale il racconto dei temi femminili, unendo a un senso sopraffino per l’immagine il gusto della notizia e del racconto. Spezzando ben prima di ogni altro il cliché secondo il quale un femminile deve fare solo informazione di genere o di servizio”.

Farneti parte in quarta rimettendo la moda al centro del giornale, ma non facendo una passerella dei prodotti dei brand, ma interpretandola come espressione sociale, segno identificativo di tante ventenni fotografate per strada in varie località italiane.
Più moda ‘vera’
Scrive il direttore nel suo editoriale: “Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni, è che la moda – argomento spesso considerato minore, soprattutto in Italia – merita di essere raccontata per quello che è: intanto un’attività economica centrale per il nostro Paese, per la ricchezza che crea, il lavoro che dà e per il suo ruolo di biglietto da visita nel mondo; e poi, il modo più evidente con cui ciascuno di noi sceglie di rappresentarsi, di raccontarsi agli altri, di trovare sicurezze e, perché no, un po’ di piacere nei panni che indossa”. E spiega che “la moda è soprattutto la strada. È qui che vive, qui che nascono le idee: addosso a chiunque sceglie questo linguaggio per parlare della propria personalità, con il proprio, unico tono di voce. Come le ventenni che raccontiamo attraverso otto diverse copertine, e centinaia di ritratti, scattati nelle città d’Italia. Non è un servizio di moda, nessuna di loro si è infatti vestita o truccata per l’occa sione: ma un’istantanea presa in strada, per quanto possibile autentica, che testimonia appunto la libertà di pensiero di una generazione, come dicono gli articoli che accompagnano il servizio e la ricca gallery sul profilo Instagram del giornale”.