Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai, e la presidente Marinella Soldi hanno parlato di nomine e altro n Commissione di Vigilanza.
“L’amministratore delegato della Rai è tenuto a rispettare quanto stabilito dalla legge e dallo Statuto dell’azienda. È quanto ho fatto e farò in seguito, in autonomia quando è previsto e ricercando l’accordo con il cda quando è richiesto”. Ha detto Fuortes che si professa “molto soddisfatto delle nomine alle testate Rai, che rispondono ai criteri di equilibrio, pluralismo, completezza, obiettività indipendenza” e le ha definite “scelte vantaggiose per l’intera società”, anche per “l’accresciuta presenza delle donne”.

“Ho letto e ascoltato molte valutazioni sul mio operato e sono qui per spiegarne i criteri”, ha premesso Fuortes, come riporta Ansa. “Ho letto mote imprecisioni e scenari distorti. Lo Statuto della Rai, che riprende la legge 200 del 2015, assegna all’amministratore delegato i poteri di nomina di tutti i dirigenti dell’azienda. E’ un potere che spetta all’ad, non al cda che ha molti altri poteri. Lo Statuto – ha spiegato – specifica tre diverse procedure: la nomina dei dirigenti non direttori di testata reti e canale viene fatta dall’ad in autonomia dal cda, nel rispetto dello Statuto, ed è quanto è avvenuto con i direttori Corporate e altri dirigenti. Per i direttori di rete e canale legge e Statuto prevedono il parere obbligatorio del cda, non vincolante, e il regolamento del cda precisa che almeno 24 ore prima vengano inviati al consiglio nomi e curricula per consentire una valutazione adeguata: non è prevista una discussione preventiva collegiale. Per i direttori di testata, la legge stabilisce il parere vincolante del cda se espresso a maggioranza di due terzi: l’accordo nel cda è indispensabile sui nomi che l’ad propone”. Sono quindi “legge e Statuto a chiedere che l’ad crei le condizioni per un parere positivo nel cda, pena l’impossibilità delle nomine”.
“Qualunque siano le valutazioni e le opinioni – ha ribadito – ho rispettato le norme esistenti in materia”. Fuortes ha anche sottolineato di aver lavorato “a una proposta complessiva che incontrasse il voto unanime del cda, mi dispiace non averlo raggiunto”.
I limiti dello share
“Lo share televisivo secondo me, se non letto allargando lo sguardo, può essere come il Pil viene considerato da Stiglitz per le nostre economie: può rivelarsi un’indicazione fuorviante. So di pronunciare affermazioni che nel mondo televisivo possono suscitare qualche riserva. Però lo share non riesce di per sé a misurare la qualità di un programma, il suo valore culturale o quello artistico. Ne misura la popolarità, la quale ha una sua importanza e tuttavia è altra cosa”, prosegue Fuortes. “Se acquisiamo tra i nostri valori e come obiettivo la coesione nazionale, per esempio, non possiamo non rilevare che oggi come oggi nel pubblico televisivo Rai la platea di persone adulte e anziane costituisce la stragrande maggioranza, la componente prevalente – ha evidenziato – Sappiamo che i giovani tendono a non guardare la tv, che usufruiscono attraverso canali multimediali dei prodotti ai quali sono interessati, ed è anche per questo che dobbiamo applicare il nuovo modello. Perché in linea teorica noi potremmo aumentare lo share eppure diminuire nel pubblico le classi più giovani coinvolte. Ciò sarebbe un peggioramento del servizio pubblico, non un miglioramento. Immaginiamo invece una trasmissione che ottenga la metà dello share medio della rete sulla quale va in onda, ma che questa quota sia composta quasi esclusivamente da giovani. Rappresenterebbe un grande risultato. Seguendo i criteri correnti, quella trasmissione andrebbe chiusa”, ha rilevato riportando alla mente il caso della trasmissione di Alessandro Cattelan, ‘Da grande’.

Definire le priorità
“Si tratta di fare insieme, Cda Rai e Commissione parlamentare, delle scelte e definire le priorità, in linea con la missione del servizio pubblico”, considerando che “servono risorse certe e adeguate, perché i conti dell’azienda non ci permettono di investire nel nuovo e al contempo di mantenere intatto l’esistente”. E’ quanto ha detto Marinella Soldi, presidente della Rai, in Commissione di Vigilanza.
Persi 2 milioni di spettatori dalla tv tradizionale
Quanto al contesto in cui agire, Soldi osserva che “nel presentare il Rapporto annuale sulla Comunicazione, il Censis e Auditel hanno riferito che in questo autunno la tv tradizionale ha perso quasi 2 milioni di telespettatori al giorno, rispetto allo stesso periodo di due anni fa. E’ un calo che gli esperti definiscono strutturale e non causale”. Se “tv e radio restano centrali per gli italiani”, tuttavia lo sono “in modalità di fruizione sempre meno lineari: il digitale ibrida, trasforma e assorbe i media tradizionali avviandosi a diventare la modalità di fruizione principale Basti pensare che 7,5 milioni di italiani guardano la tv tradizione su Internet, con un aumento del 25% nell’ultimo anno; e il canone non tiene sufficientemente conto di queste ultime modalità di fruizione”.
Aggiornare e attuare il nuovo modello organizzativo
“Il nuovo modello organizzativo era stato già approvato nella precedente consiliatura, il 6 marzo del 2019: noi lo abbiamo semplicemente aggiornato”. Precisa il presidente della Rai osservando che ora “il nostro compito è attuarlo”, con “un modello ancora più digitale, rimettendolo al passo con i tempi in un contesto mutato, come hanno fatto già da diversi anni i media del servizio pubblico europei”. In questo momento, sottolinea Soldi, “si intersecano per pura coincidenza temporale tre piani di azione diversi che riguardano il futuro dell’azienda e da considerarsi in modo sinergico: l’attuazione del modello per generi delineando il piano industriale 2022-2025; la definizione del nuovo contratto di servizio 2023-2027; l’attuazione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, occasione da cogliere per rafforzare l’impianto strategico e operativo della Rai”.
Pesano gli equilibri complessi della governance
“I passaggi aziendali di peso, come le nomine, suscitano regolarmente un dibattito acceso: a pesare in questo momento di svolta sono gli equilibri complessi della attuale governance della Rai”. “Sono “giorni densi e impegnativi: la Rai è un’azienda che non ha eguali nel nostro Paese per ampiezza, rilevanza e per le particolari norme che la regolano”. Avverte la presidente della Rai: “Non bisogna dimenticare che la nostra azienda è una spa di interesse nazionale, dunque di diritto privato, che riveste al contempo natura di organismo di diritto pubblico, al fine della applicazione dei codici di contratto pubblici”. Si tratta dunque di “un ‘unicum’ giuridico che ha un impatto non solo sulla modalità di gestione aziendale ma anche sulle possibilità di accesso al Pnrr, di competere sul mercato e sulla capacità di compiere la trasformazione digitale”.
Ricerca personale, appalti rallentati e digitale
Il processo di passaggio al ditale è di per sé “complesso, lungo e articolato”, ma “a rendere sempre tutto più difficile c’è la forma giuridica della Rai, con intreccio di profili privatistici e pubblicistici delle norme che la riguardano e che rallentano molti passaggi. Basti pensare ai tempi degli appati, che sono sottoposti al Codice dei lavori pubblici; o alla difficoltà nel reclutare risorse umane adeguate alle nuove sfide aziendali”. Prosegue la presidente. “La Rai ha avviato una prima fase di passaggio al digitale ma questo passaggio è complesso, non solo perché richiede investimenti spesso ingenti, per la sostituzione delle infrastrutture tecnologiche; ma anche perché richiede una modifica radicale dei processi e una conseguente ristrutturazione del lavoro e delle mansioni”. Inoltre, “è necessaria una adeguata formazione del personale e un cambio di cultura”.
Una “risposta al nuovo contesto digitale” richiede per la presidente della Rai un “massiccio processo di trasformazione, che poggia su due pilastri: da un lato nuovi criteri di allocazione delle risorse tra offerta tradizionale e offerta digitale; dall’altro una riorganizzazione dei modelli produttivi, basata sulla centralità dei contenuti” che a sua volta è “strettamente legata all’evoluzione digitale di una logica multicanale e multipiattaforma”. Per Marinella Soldi, “adeguarci ai tempi e alle modalità di fruizione dell’era digitale significa rispondere meglio ai bisogni dei cittadini, senza lasciare fuori nessuno” perché questa è proprio “l’essenza del servizio pubblico e del pluralismo”. Dunque, “le tecnologie e i modelli digitali vanno pensati proprio in questa direzione”.
Sulle nomine premiati esperienza e merito
Nelle recenti nomine Rai, approvate dal cda, sono stati premiati l’esperienza e il merito”. E’ quanto assicura Soldi alla Commissione di Vigilanza, sottolineando la scelta di “tre direttrici alla guida di fondamentali testate giornalistiche: Tg1, la prima volta per una donna, Tg3 e Rai Sport. La professionalità e l’onestà delle direttrici sarà certamente la chiave di garanzia di una informazione rispettosa del pluralismo”.