La spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo: -45,9% dal 2007
Si accentua la crisi ormai storica dei media a stampa, a cominciare dai quotidiani venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani e si sono ridotti al 29,1% nel 2021 (-8,2% rispetto al 2019). E’ quanto mette in luce il 55esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2021.
Il capitolo «Comunicazione e media» del 55° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2021
I media dopo la pandemia: le diete mediatiche degli italiani nel 2021. Nel 2021 la fruizione della televisione ha conosciuto un incremento rilevante dovuto sia alla crescita degli usi tradizionali, sia degli impieghi più innovativi.
Aumentano sia i telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,5% rispetto al 2019) e della tv satellitare (+0,5%), sia quelli della tv via internet (web tv e smart tv salgono al 41,9% di utenza: +7,4% nel biennio) e della mobile tv, passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 a un terzo degli italiani oggi (33,4%), con un aumento del 5,2% solo negli ultimi due anni. All’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media, anche la radio continua a rivelarsi all’avanguardia. Complessivamente nel 2021 i radioascoltatori sono il 79,6% degli italiani, stabili da un anno all’altro. Se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale perde 2,1 punti percentuali di utenza e l’autoradio 3,6 punti (penalizzata dalle limitazioni alla mobilità imposte dall’emergenza sanitaria), aumenta invece l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 20,2% degli italiani: +2,9%) e attraverso lo smartphone (lo fa il 23,8%: +2,5%). Sembra essersi arrestata l’emorragia di lettori di libri: nel 2021 sono il 43,6% degli italiani, con un aumento dell’1,7% rispetto al 2019 (sebbene nel 2007 chi aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno era il 59,4% della popolazione). Se si considera che chi ne ha letti più di 3 costituisce una fetta pari al 25,2%, si può affermare che il lockdown ha senz’altro prodotto un riavvicinamento alla lettura. Sale anche il numero di lettori di e-book, pari oggi a un italiano ogni dieci (l’11,1%: +2,6%). Al contrario, si accentua la crisi ormai storica dei media a stampa, a cominciare dai quotidiani venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridotti al 29,1% nel 2021 (-8,2% rispetto al 2019). Lo stesso vale per i settimanali (-6,5% nel biennio) e i mensili (-7,8%). Si registra ancora un aumento dell’impiego di internet da parte degli italiani: l’utenza ha raggiunto quota 83,5%, con una differenza positiva di 4,2 punti percentuali rispetto al 2019. L’impiego degli smartphone sale all’83,3% (+7,6%) e lievitano complessivamente al 76,6% gli utenti dei social network (+6,7%). La spesa delle famiglie per i consumi mediatici tra il 2007 e il 2020 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli precedenti la grande crisi del 2008 (-13,0% in termini reali è il bilancio alla fine del 2020, aggravato dalla recessione dell’anno scorso), la spesa per l’acquisto di telefoni e equipaggiamento telefonico ha segnato un vero e proprio boom, moltiplicando per oltre cinque volte il suo valore (+450,7% nell’intero periodo, per un ammontare di 7,2 miliardi di euro nell’ultimo anno). La spesa dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+89,7%), mentre i servizi di telefonia hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-21,1%, per un valore comunque pari a 14,6 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno). Infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo: -45,9% dal 2007.
L’informazione al tempo del Covid:
I telegiornali in testa. Anche durante i giorni dell’emergenza sanitaria, i telegiornali hanno mantenuto la posizione di vertice tra le fonti informative per il 60,1% degli italiani. Sono un riferimento indiscusso per i 65-80enni (73,2%), ma anche per il 42,3% dei 14-29enni. Al secondo posto c’è Facebook, utilizzato dal 30,1% degli italiani negli ultimi 7 giorni a scopi informativi. Poi i motori di ricerca come Google, che hanno attratto il 22,9% degli utenti per informarsi. Le tv all news (quarta fonte di informazione nel 2021 con il 22,5%) sono cresciute del 2,9%. I quotidiani cartacei registrano l’11,7% di utenza a scopi informativi (-5,8% rispetto al 2019) e i quotidiani online hanno incrementato la loro utenza a scopi informativi al 12,5% (+1,1%).
Gli esperti in tv?
Promossi solo dalla metà degli italiani. Le opinioni sulla presenza sulla ribalta mediatica degli esperti nei vari campi della medicina è positivo per oltre la metà degli italiani (54,2%): perché sono stati indispensabili per avere indicazioni sui comportamenti corretti da adottare (15,5%) o perché sono stati utili per comprendere quello che accadeva (38,7%). I giudizi sono invece negativi per il 45,8%: in quanto virologi ed epidemiologi sono stati inutili e hanno creato confusione e disorientamento (34,4%) o sono stati addirittura dannosi, perché hanno provocato allarme (11,4%).
L’alba di una nuova transizione digitale.
Mettersi in rete ha consentito di spezzare l’assedio durante il lockdown e le attività quotidiane mediate da internet hanno registrato un incremento consistente. Le principali sono: cercare informazioni su aziende, prodotti, servizi (lo fa il 64,9% degli utenti di internet), trovare strade o località (54,3%), fare acquisti online (51,6%), ascoltare musica (48,1%), svolgere operazioni bancarie (46,6%). Nel confronto con il 2019, la crescita più rilevante riguarda tre ambiti: frequentare corsi scolastici, universitari o di formazione (+8,9% rispetto al 2019), prenotare visite mediche (+4,8%) e l’e-commerce (+3,5%). Al contrario, a causa delle restrizioni alla mobilità, è diminuita la ricerca di strade e località tramite i dispositivi digitali (-15,2%) e la prenotazione di viaggi (-13,2%).
Cosa resterà dopo lo stato d’eccezione?
Basta con le file e le richieste su carta stampata, largo a servizi e app che permettano di ottenere certificati e documenti con un clic: è il desiderio del 38,1% degli italiani. Anche dopo la pandemia, la Pa digitale è considerata irrinunciabile. Seguono l’e-commerce (29,9%), il conto corrente online (24,3%) e l’home delivery (24,2%) come opportunità delle quali cui non si potrà più fare a meno. Per il 20,2% è lo smart working a essere intoccabile (e il dato sale al 28,6% tra i 30-44enni). Quasi la metà della popolazione (il 48,7%) ha già attivato l’identità digitale Spid, ma i divari sociali e territoriali pesano ancora molto. Le percentuali più elevate di utenti si registrano nelle grandi aree metropolitane (59,5%) e tra le persone dotate di titoli di studio più alti (tra i diplomati e i laureati si sale al 61,6%). Invece i picchi più bassi di utenti Spid si riscontrano al Sud (40,2%) e tra gli anziani (32,1%).
Stampa giù, Internet su
A fronte del calo della stampa, è’ boom per la spesa dedicata all’acquisto di telefonini. Lo sottolinea il Censis nel 55esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2021 nel quale rimarca inoltre che la spesa dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori. La spesa delle famiglie per i consumi mediatici, dice il Censis, tra il 2007 e il 2020 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli precedenti la grande crisi del 2008 (-13,0% in termini reali è il bilancio alla fine del 2020, aggravato dalla recessione dell’anno scorso), la spesa per l’acquisto di telefoni e equipaggiamento telefonico ha segnato un vero e proprio boom, moltiplicando per oltre cinque volte il suo valore (+450,7% nell’intero periodo, per un ammontare di 7,2 miliardi di euro nell’ultimo anno).
La spesa dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+89,7%), mentre i servizi di telefonia hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-21,1%, per un valore comunque pari a 14,6 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno). Infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo: -45,9% dal 2007.
I dispositivi digitali hanno consentito – si legge sul rapporto Censis – alla maggioranza della popolazione di adottare strategie di difesa dallo stato di incertezza degli ultimi due anni. Non c’è dubbio che la battaglia contro la pandemia sia stata combattuta individualmente con le armi della disintermediazione digitale. Attraverso i device digitali in nostro possesso abbiamo potuto garantire continuità ad attività fondamentali: scuola, lavoro e attività professionali, relazionali interpersonali. Lo pensa più di un italiano su due, che riconosce come, durante l’emergenza, le tecnologie digitali gli abbiano consentito di provvedere alle proprie necessità (58,6%), di mantenere le relazioni sociali (55,3%) e di continuare a lavorare o studiare (55,2%)

Si è trattato di un fenomeno di massa per il numero degli utenti coinvolti, ma l’accesso all’ecosistema digitale continua a presentare aspetti discrezionali che dipendono dalla somma di diversi fattori.
Il primo è legato alle differenze anagrafiche. La maggior parte degli over 65 anni parte da una dieta mediatica tradizionale, fatta per lo più di radio, tv e carta stampata, rispetto a un mix di media quasi privo dei mezzi a stampa nel caso dei giovani under 30. Nel mezzo c’è il corpaccione dei giovani adulti tra 30 e 45 anni, i cui modelli di consumo mediatico tendono ad assomigliare sempre di più a quelli dei giovanissimi.
Conta poi la condizione socio-economica dell’utente, che influisce sull’acquisto di dispositivi e sulla qualità delle connessioni utilizzate: vivere pienamente la digital life dipende molto dal tenore di vita. Il 61,3% di coloro che dichiarano una condizione economica medio-alta afferma che durante la pandemia le tecnologie digitali hanno consentito di provvedere ai propri bisogni, contro il 53,8% degli italiani di livello economico medio-basso. La forbice si allarga ulteriormente quando si considera la funzione dei dispositivi digitali come strumenti utili per mantenere le relazioni interpersonali: tra i più abbienti la percentuale si attesta al 64,4%, tra i meno abbienti scende al 51,8%. Inoltre, il 64,2% degli italiani più agiati ritiene che i device digitali siano stati d’aiuto per preservare le attività di studio e lavoro, ma la percentuale si riduce al 50,3% tra i meno ricchi. A dimostrazione del fatto che, anche nel caso del digitale, la capacità di spesa delle famiglie è ancora un fattore dirimente.

C’è poi il nodo delle competenze: prima di tutto quelle informatiche di base, che consentono di utilizzare senza problemi sia i dispositivi digitali, sia le piattaforme online e le applicazioni. Il livello di istruzione degli utenti di internet rappresenta ancora un fattore selettivo nell’utilizzo più o meno sofisticato del web. In cima alla graduatoria della diseguaglianza in base al titolo di studio c’è l’home banking: gli utenti in possesso di un basso titolo di studio (fino alla licenza media) sono più restii a utilizzare online il proprio conto corrente: lo fa il 30,3% a fronte del 60,1% di diplomati e laureati.
