Dovrebbe essere la protagonista, come da sollecitazioni Mattarella e Draghi. E c’è l’ostacolo Berlusconi
C’è una grande assente (almeno per ora) nella corsa al Quirinale: è la maggioranza di governo, che pure è stata evocata da Mattarella, nel discorso di auguri alle alte cariche dello Stato, e da Draghi, nella conferenza stampa di fine anno. “Voglio esprimere – ha detto il Capo dello Stato “uscente” – un riconoscimento all’impegno delle forze politiche che hanno colto il senso dell’appello rivolto, all’inizio dell’anno, al Parlamento affinché, nell’emergenza, si sostenesse un governo per affrontare con efficacia la pandemia in atto e per mettere a punto progetti, programmi e riforme necessari per non dissipare la straordinaria opportunità del Next Generation Eu. Non rinunciamo alle differenze e alle diversità. Ma sappiamo essere uniti sulle grandi scelte (tipo Quirinale?) quando le circostanze della vita lo richiedono”.
Draghi ha detto due cose: che la maggioranza di governo potrebbe andare avanti anche senza di lui (se fosse eletto al Quirinale) e soprattutto che difficilmente il governo potrebbe proseguire, se il Capo dello Stato fosse eletto da una maggioranza diversa da quella che lo sostiene.
La combinazione delle dichiarazioni di Mattarella e Draghi ha un unico significato: la maggioranza di governo deve rimanere unita nell’elezione del Quirinale; potrebbe estendersi alle opposizioni (a cominciare da Fdi), ma non dovrà spaccarsi, altrimenti rischierebbe di frantumarsi il fragile equilibrio politico che quest’anno ha retto il Paese, combattendo la pandemia, rilanciando l’economia (Pil a piu’ 6,3%) e conquistando il riconoscimento del mondo, dalla Merkel a Scholz, alla Von der Leyen, da Fitch al Financial Times all’Economist.
Purtroppo, finora i partiti sono sembrati andare in direzione opposta. Non c’è stata sinora alcuna riunione dei leader della maggioranza per discutere di Quirinale. Mentre ci sono stati vertici del centrodestra (l’ultimo nella villa romana di Berlusconi il 23 dicembre) e del centrosinistra esteso al M5S (Letta, Conte e Speranza si sono visti prima di Natale). Insomma, il “richiamo della foresta” dei poli di appartenenza, centrodestra e centrosinistra, sta prevalendo sull’esigenza di consolidare la maggioranza di governo, come hanno chiesto Mattarella e Draghi.

Il problema sta essenzialmente nel fatto che il centrodestra si è spaccato nel sostegno a Draghi. E che Silvio Berlusconi ha lanciato la sua candidatura al Quirinale, chiedendo il sostegno di Salvini e Meloni, cioè ricostituendo, in vista della corsa al Colle, la coalizione di centrodestra in opposizione alla maggioranza di governo, che sulla candidatura dell’ex Cavaliere si spaccherebbe, perchè il centrosinistra non lo voterebbe.
Questa contraddizione politica di un centrodestra diviso su Draghi, ma unito su Berlusconi, rischia di far esplodere il governo.
“La candidatura di Berlusconi, ha detto Calenda con la solita ruvida schiettezza, sta impallando tutto”. E anche un fondatore di Forza Italia ed ex ministro come Giuliano Urbani considera “divisiva” la candidatura di Berlusconi, mentre il Paese avrebbe bisogno di unità.
Ma c’è anche chi tranquillizza. Renzi ha detto che in diversi casi la maggioranza che ha eletto il Presidente è stata diversa da quella di governo, senza provocare sfracelli; e altri nel centrodestra si chiedono perché mai Draghi dovrebbe dimettersi in caso di elezione di Berlusconi, che lo indicò come governatore di Bankitalia e presidente della Bce e ha detto che la legislatura deve proseguire fino alla scadenza naturale del 2023.