Secondo la federazione internazionale dei giornalisti, i numeri nel 2021 confermano una tendenza che mostra che il personale dei media viene più spesso ucciso per aver denunciato corruzione, criminalità e abuso di potere nelle proprie comunità, città e paesi
Sono stati 45 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi mentre svolgevano il loro lavoro nel 2021, il numero più alto in Afghanistan. Lo ha dichiarato la Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ) la più grande organizzazione mondiale del settore al mondo. La cifra rappresenta uno dei tassi di morte più bassi degli ultimi 30 anni, da quando nel 1991 la Federazione ha iniziato a pubblicare rapporti annuali sui giornalisti uccisi in incidenti legati al loro lavoro. Nel 2020 erano stati registrati 65 decessi.
Secondo la federazione, i numeri nel 2021 confermano una tendenza che mostra che il personale dei media viene più spesso ucciso per aver denunciato corruzione, criminalità e abuso di potere nelle proprie comunità, città e paesi. “I 45 colleghi che abbiamo perso a causa della violenza quest’anno ci ricordano il terribile sacrificio che i giornalisti di tutto il mondo continuano a pagare per servire l’interesse pubblico, rimaniamo in debito con loro e con migliaia di altri che hanno pagato il prezzo più alto”, ha affermato il segretario generale, Anthony Bellanger.
Ha aggiunto che “l’unico tributo adatto alla causa a cui hanno dato la vita dovrebbe essere l’incessante ricerca della giustizia”. La federazione, che rappresenta circa 600mila professionisti dei media in tutto il mondo, ha affermato che i 45 giornalisti e operatori sono stati uccisi in 20 paesi. Di questi, 33 sono morti in attacchi mirati; nove sono stati uccisi in Afghanistan, otto in Messico, quattro in India e tre in Pakistan. Secondo i conteggi dell’organizzazione, sono 2.721 i giornalisti uccisi in tutto il mondo dal 1991.