Imperturbabile, rassicurante, didascalico. Mario Draghi non ha tradito se stesso ieri nella conferenza stampa forse piu’ attesa che lo riguardi, dopo quella di fine anno in cui ha esplicitato la sua posizione rispetto a un suo coinvolgimento per il Quirinale. L’incontro con i giornalisti sulle decisioni del consiglio dei ministri del 5 gennaio scorso, che ha sancito l’introduzione dell’obbligatorieta’ della vaccinazione anti Covid per gli ultracinquantenni, e’ il fatto mediatico, oltre che politico del giorno, trasmessa in diretta tv dalle principali emittenti e con grande aspettativa anche da parte della gente comune. Oggi e’ l’apertura di tutti i quotidiani nazionali, con ampi articoli di approfondimento politico e non. E molti editoriali. Dal Corsera (Massimo Franco) a Repubblica (Ezio Mauro), Stampa (Marcello Sorgi), Il Giornale (Augusto Minzolini), Libero (Alessandro Sallusti) La Verita’ (Maurizio Belpietro). Menzione speciale per Il Manifesto, che sceglie come titolo di apertura un graffiante “Scusate il ritardo”.
Chi si aspettava un intervento del premier in trincea, sulla difensiva, non ha avuto soddisfazione, anche se di fatto la conferenza stampa di ieri e’ stata “riparatrice” di una manchevolezza, anzi di una “sottovalutazione”, come lo stesso premier ha tenuto a sottolineare a incontro formalmente concluso. E’ stato lo stesso Draghi a riprendere brevemente la parola ai microfoni della grande Sala polifunzionale dove erano convenuti, numerosi, i giornalisti, per rispondere lui stesso all’unica domanda – evidentemente attesa – che non gli era stata rivolta. Quella sul “perche'” – che tante interpretazioni e deduzioni politiche aveva sollevato – per la prima volta soprattutto dopo l’approvazione di un decreto cosi’ rilevante per la cittadinanza e alla luce delle tensioni che aveva evidentemente sollevato tra le forze di governo, non si fosse esposto in prima persona, insieme ai suoi ministri, in una conferenza stampa chiarificatrice.
Il premier non ha avuto paura di “chiedere scusa”, ammette che l’incontro con i giornalisti insieme ai ministri della Salute, Roberto Speranza e dell’Istruzione, Patrizio Bianchi e al coordinatore del Cts (Comitato tecnico scientifico), Franco Locatelli , appena concluso nasce “in un certo senso come risposta alle critiche che il governo e io in particolare abbiamo ricevuto” e spiega che il motivo e’ stato “veramente da parte mia – e di altri – una sottovalutazione delle attese che tutti avevano” . Per questo “mi scuso e vi prego di considerare questo come atto riparatorio”. Una conclusione di gran stile che lascia comunque aperte le questioni politiche verosimilmente sottese in quella scelta, di forti tensioni tra le forze di maggioranza.
Quella di ieri e’ stata una conferenza stampa molto politica, al di la’ degli aspetti “tecnici” di chiarimento del decreto legge sull’emergenza Covid.

Fin da prima del suo inizio. Quando prima di offrirsi ai cronisti ha tenuto a sottolineare “una postilla”: “Non rispondero’ a domande su immediati futuri sviluppi, Quirinale e quant’altro”. Impegno cui ha tenuto fede, non togliendo le castagne dal fuoco alle responsabilita’ dei partiti con una sua esplicita posizione in proposito. Il premier invece non ha mancato di rispondere, sia pure indirettamente, a molti altri interrogativi. E a lanciare altrettanti messaggi. Le tensioni all’interno del cdm? “Minori di quelle vissute in occasione della riforma della giustizia”, che pure hanno portato a una soluzione condivisa. Governo ingessato dalle divergenze politiche? “Le divergenze di opinioni non hanno mai ostacolato l’azione di governo”. Una dimostrazione? “Dicono che Draghi non decide piu’, ma stiamo dimostrando con questi ministri che avere le scuole aperte e’ una priorita’. Non era il modo in cui questo tema e’ stato affrontato nel passato”. Timori sulla tenuta del governo? Il governo non e’ a fine corsa, tutt’altro. L’importante – ha ripetuto in piu’ occasioni il premier – anche “per il futuro” e’ l'”unita’” di intenti. Che porta a comporre pure in una maggioranza molto ampia, con variegate, legittime posizioni, una posizione comune, in una mediazione che “abbia un senso”, non a tutti i costi, a partire da quello della realta’ (anche politica). Per questo, ha aggiunto, su alcuni provvedimenti importanti – come quello approvato a inizio anno – e’ importante e va ricercata l’unanimita’.
C’e’ poi la parte diciamo piu’ tecnica della conferenza stampa, o meglio programmatica. In cui Draghi ha chiarito con determinazione il senso delle decisioni prese lo scorso 5 gennaio dal consiglio dei ministri. A cominciare dall’obbligatorita’ dei vaccini per gli over cinquantenni. Per Draghi la conferenza e’ l’occasione per ribadire che il vaccino e’ al centro della ripresa del Paese ed e’ l’occasione per un ulteriore appello a tutti coloro che non l’abbiano fatto, a vaccinarsi. Spiega come la pandemia riservi a costoro i suoi effetti peggiori e piu’ gravi. Che sono i no-vax a occupare i due terzi e oltre dei posti letto negli ospedali e nelle terapie intensive, togliendo spazio e possibilita’ di cura e salvezza a tutti gli altri ammalati a cominciare dai no Covid. L’obbligatorieta’ trova ragione dunque nella necessita’ di tutelare la salute e i diritti di tutti gli italiani. E poi la scuola. Draghi ricorda che questa e’ una delle priorita’ che aveva illustrato accentando il suo incarico. E spiega – non difende – la scelta dell’esecutivo di tenere le porte degli istituti scolastici aperte e lezioni in presenza con l’esigenza di non cadere nelle drammatiche “discriminazioni” che la loro chiusura in favore della Dad determinerebbe. Discriminazione sociale innanzi tutto, prima ancora che psicologica. Nella possibilita’ di aver oggi una formazione adeguata e domani un futuro di lavoro. Non esita a rivendicare la sicurezza del sistema scolastico, con ben oltre il 90% degli insegnanti italiani vaccinati e un ventaglio di azioni prametrate allo stato delle vaccinazioni per classi di eta’ tra cui scegliere in presenza di contagi. Come non esita a raffrontare i dati italiani di chiusura delle aule con quelli degli altri principali Paesi, che si trovano piu’ o meno “nelle nostre situazioni” in quanto a contagi. Come quelli anglosassoni, con un monte giornate pari circa a un terzo rispetto alle nostre. Il governo ha la priorità che la scuola stia aperta in presenza. “Basta vedere quali sono stati gli effetti della disuguaglianza tra studenti con la Dad per convincersi che questo sistema scolastico provoca delle disuguaglianze destinate a restare – spiega Draghi – tra chi fa più Dad e chi meno, tra nord e sud, che si riflette sul futuro della loro vita lavorativa”. Per concludere con un’altra considerazione: “Si chiede ai ragazzi di stare a casa la mattina, poi vanno in pizzeria e fanno sport. Non ha senso chiudere la scuola se non chiudiamo tutto il resto, e non ci sono motivi per farlo”.