Bertelli: “Djokovic? Per l’adv ora è ‘inconsistente’”. Berrettini e Sinner invece…

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Il più importante creativo italiano parla dei riflessi di marketing e comunicazione legati alla vicenda del tennista serbo agli Australian Open. Chi mente rompe il patto con il pubblico. E con le marche. Che testimonial sono Matteo Berrettini e Jannik Sinner…

Nole Djokovic? Per la pubblicità per lui le cose ora sono molto cambiate, assicura Bruno Bertelli. A parlare è uno dei creativi più importanti del mondo, ma pure un grande appassionato di tennis. E così il global cco Publicis WW e ceo Publicis Italy, discute con piacere degli aspetti comunicativi e pubblicitari del ‘caso Australia’.

Novak Djokovic

La palude in cui si è andato clamorosamente ad impantanare Novak Djokovic, numero uno dei giocatori mondiali, ma anche testimonial ultra milionario di marche come Lacoste, Peugeot, Asics, Hublot, Ukg, Raffeisen, Unicef.

 Bertelli, per converso, è l’italiano più premiato di sempre nei grandi festival internazionali della pubblicità. Marche come Heineken, Diesel, ma anche Barilla e Renault (Dacia), per citarne solo alcune, hanno legato alla creatività dell’agenzia che guida la vitalità e la rilevanza dei propri messaggi pubblicitari.

Bruno Bertelli, global cco Publicis WW e ceo Publicis Italy

Una doppia premessa, ed un concetto di base: “Djokovic era ‘antipatico’ pure prima del caso Australia”

Bertelli inizia la sua analisi da una premessa doppia.  Sostiene, cioè, che “il caso Australian Open” non è un fulmine a ciel sereno, una discontinuità. “L’immagine di Novak Djokovic presso il pubblico mondiale – spiega – non era del tutto brillante e senza zone d’ombra già prima dei fatti recenti”. E poi ricorda pure che il contesto in cui i campioni dello sport oggi si muovono è quanto mai complicato. “Nella nostra società politically correct tendiamo a non accettare l’altra faccia della medaglia dello sportivo. Siamo tutti sorpresi quando scopriamo che certi successi si devono per forza alimentare di una feroce determinazione e anche di una certa dose di spietatezza, cattiveria sportiva, oltre che di talento. Nella nostra società certi aspetti ‘necessari’ della personalità dello sportivo – continua il capo mondiale dei creativi di Publicis – vengono accettati con difficoltà. La durezza e le ossessioni di Michael Jordan, come la forza e la determinazione di Federica Pellegrini, per fare due esempi facili, non raccolgono l’unanimità dei consensi”.

Federica Pellegrini (Foto LaPresse)
Federica Pellegrini (Foto LaPresse)

Ma torniamo a Djokovic, che secondo Bertelli genera un tipo di perplessità diverso. Più sensate. Il rapporto con gli sponsor nei mesi prossimi venturi? “Gli sportivi, in linea generale – dichiara – vanno seguiti e sostenuti dalle marche che li hanno scelti anche quando le cose non vanno del tutto bene. Ma va detto che la storia comunicativa e di marketing di Nole Djokovic, recente e passata, sono decisamente particolari. Che la sua immagine avesse problemi di ‘consistenza’ era un fatto anche prima di questa crisi dettata dalla sua militanza no vax e dalla decisione di fare di tutto per partecipare agli Australian Open. Era cioè già vissuto dal pubblico, e lui di questo soffre molto, come un campione antipatico”.

Alcuni elementi di ambiguità gli hanno sempre reso le cose complicate. “A differenza di tanti ‘cattivi ragazzi’ della storia del tennis, da Jimmy Connors a John McEnroe, sempre fedeli e coerenti al proprio brutto carattere, ‘veri’ in tutte le proprie manifestazioni, anche le peggiori, e per questo comunque molto amati, con tutti i loro difetti da tanti sportivi, lui ha sempre cercato di dare un’immagine di sè positiva, buonista. E alla fine diversa da quella che poi mostrava in certi momenti critici: durante una singola partita, come nelle vicende più articolate della sua vita e della fase più recente della parabola sportiva”.

John McEnroe

“Chi mente è imperdonabile, difficile abbinarsi per le marche”

Questa contraddizione la esprime bene il fatto che Djokovic è un no vax convinto, ma ha fatto donazioni importanti per gli ospedali lombardi impegnati nella lotta alla pandemia. Ma anche le buone azioni finiscono per non bastare a fare cambiare idea su di lui. “Con la continua mobilitazione che intraprende per cercare di piacere a tutti, rischia di apparire insincero. Oggi non è solo il fatto di essere no vax che sta creando negatività attorno a lui. Ma sono tutti i comportamenti pratici che ha attuato. E che hanno svelato aspetti più profondi del suo carattere e della sua maniera di stare al mondo. Sui social media siamo abituati a vedere sostenute verità fasulle e tante teorie incredibili, precarie e provvisorie. Ma quando ammetti di aver detto il falso in un contesto formale, il registro cambia e l’ambiguità non può più essere perdonata”.  

Specie in certi mabiti. Nole è seguito e sponsorizzato da tante marche importanti. Che dovrebbero fare in questa situazione? “La marca saggia – dice Bertelli – aspetta che la vicenda si sgonfi di tutti gli aspetti emotivi contingenti e magari venga un po’ dimenticata. Poi, però, fa fare delle ricerche molto accurate e precise. E se il sentiment sul suo partner, soprattutto in termini di valori, è crollato, allora è inevitabile non rinnovare o interrompere gli accordi”. Secondo Bertelli, quindi, Djokovic rischia davvero di perdere tanti degli abbinamenti e delle sponsorizzazioni che lo hanno accompagnato in questi anni. “Il tema critico – aggiunge – è quello dei valori. Oggi nella nostra società, e vale anche per la politica, la menzogna e l’ambiguità non ti vengono perdonati. Se sei un personaggio positivo, invece, trasparente, il patto di fiducia con le persone rimane intatto: sei un simbolo. E così, nel caso di uno sportivo, hai delle prospettive di durata dei rapporti di abbinamento con una marca che vanno anche ben oltre i tuoi risultati agonistici e la tua età anagrafica”.

Se questa consonanza valoriale viene a mancare crolla tutto. “Il caso di Lance Armstrong, pure molto diverso e molto più grave di quello di Djokovic, spiega bene quali siano le dinamiche in questi casi. Per un brand continuare ad associarsi ad un personaggio che ha mentito non è una scelta sensata. Io, ad esempio, Djokovic non lo sceglierei più”. Per Bertelli però “è un vero peccato. La sua storia, infatti, è quella di uno straordinario outsider, venuto dal niente e che è riuscito a fare la sua strada confrontandosi con il campione perfetto, lo svizzero, ben educato, elegante e ‘fair’ Roger Federer”.

Secondo Bertelli (ma questo, sottolinea, è un parere da appassionato di tennis) “se Federer, per converso, fosse stato agonisticamente più spietato, un po’ più ‘stronzo’, avrebbe vinto ancora più titoli di quelli che ha conseguito. Ma essendo sul campo così come è nella realtà, un vero gentleman, è diventato un perfetto e quasi sempiterno prodotto comunicativo”.

Matteo Berrettini

La giovine Italia

Il manager di Publicis parla volentieri pure della nuova leva di grandi tennisti nazionali. “Matteo Berrettini è uno splendido giocatore, molto forte e capace di esprimere valori decisamente positivi; un perfetto veicolo di comunicazione”. Il giovanissimo Jannik Sinner? “E’ molto diverso sia tecnicamente che caratterialmente da Berrettini. Sinner – continua Bertelli – è ancora un ragazzo. Sia pure avendo una personalità forte è stato subito sottoposto a incredibili pressioni e tensioni dei media. E’ ancora inevitabilmente acerbo da certi punti di vista, e così non è strano che non ottenga consensi unanimi sul lato umano nelle caotiche piazze virtuali. E’ vero però che la comunicazione ed il marketing, scommettendo come fa la Borsa su certi titoli e start up, credendo alle valutazioni dei tecnici, ha investito sul suo potenziale molto in anticipo, puntando sulle caratteristiche legate proprio alla sua gioventù”.