Il Quirinale allarga le differenze interne a centrodestra e centrosinistra
I leader del centrodestra ripetono come una giaculatoria che la loro stella polare è l’unità della coalizione. Lo ha ribadito anche Giorgia Meloni a Porta a Porta. Ma poi si dividono su tutto: sul candidato al Quirinale, con Forza Italia inchiodata a Berlusconi e gli altri che vorrebbero il suo passo indietro; sull’eventuale Piano B in caso di ritiro dell’ex Cavaliere, dove ciascuno cova propri candidati; sul futuro del governo, con Forza Italia che vuole arrivare a fine legislatura, la Meloni che vuole elezioni subito e Salvini che pendola di qua e di là; sulla legge elettorale, con Meloni che pretende il mantenimento del maggioritario e Coraggio Italia di Brugnaro-Toti (e sotto sotto anche Forza Italia) che punta al proporzionale.

Vedremo se nel prossimo vertice il centrodestra riuscirà a risolvere almeno uno dei molti nodi che lo avviluppano e lo paralizzano. Per esempio se Berlusconi farà il famoso passo indietro e a che condizioni (chiederà di indicare lui il nuovo candidato di centrodestra?), o se proseguirà nella caccia agli “scoiattoli” e chiederà di farsi misurare al quarto scrutinio di giovedì 27 gennaio, nonostante l’evidente scetticismo degli alleati.
Il centrosinistra, del resto, non è messo molto meglio, anche se la strategia super attendista di Enrico Letta ha sinora tenute più coperte le divisioni. Per non correre rischi, nel vertice del 19 gennaio i tre leader Letta, Conte e Speranza si sono ben guardati dal fare nomi e hanno sottolineato le contraddizioni degli avversari. Hanno detto di essere pronti a discutere un candidato condiviso col centrodestra, che però dovrà prima sgombrare il campo dalla candidatura Berlusconi. Si sono dichiarati disponibili a valutare altri nomi proposti da Salvini e Meloni, ma senza riconoscere loro un presunto “diritto di indicazione”, specie dopo l’analisi del politologo Roberto D’Alimonte secondo cui, analizzando i risultati delle ultime elezioni, il centrosinistra (Italia Viva compresa), ha la maggioranza relativa dei grandi elettori: 463 contro 452 del centrodestra, più 94 senza partito, come riferito nel Taccuino Quirinale precedente.

Se dovesse fare nomi, il centrosinistra si troverebbe diviso tra chi vorrebbe Draghi (parte del Pd), chi preferirebbe il Mattarella bis (parte dei grillini) chi sarebbe disposto ad accettare un nome di centrodestra (Conte e Di Maio) Berlusconi escluso.
Divisioni ancora maggiori sul futuro del governo, con o senza Draghi, e sull’eventuale nuova legge elettorale. Insomma, la Babele regna sovrana. E i granelli scorrono nella clessidra.