La visualizzazione del sistema dati messo a punto da Tim Graham che mostra gli account del governo russo che si retwittano uno con l’altro entro 60 minuti.

Se scende in campo un esercito di Bot

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Al centro del confronto tra Putin e Zelensky ci sono la verità e la narrazione, fondamentali nel costruire le catene di solidarietà e le linee di schieramento geopolitico

NELLA RETE DI VITTORIO – Prima Comunicazione, Gennaio-Febbraio 2022

La prima vittima in ogni guerra è la verità. In un periodo come il nostro, in cui le tecnologie digitali hanno abbattuto il muro tra il vero e il verosimile, tra fatto e opinione, siamo quasi divertiti dall’ingenua innocenza di questa affermazione. Eppure, nella battaglia planetaria per isolare l’aggressore e difendere l’aggredito, la verità e la narrazione hanno un ruolo fondamentale nel costruire le catene di solidarietà e le linee di schieramento geopolitico.

La tecnologia digitale ha reso possibile produrre informazione falsa, indistinguibile da quella vera, distribuirla su piattaforme globali ad audience selezionate per la loro possibile malleabilità, studiando messaggi attraverso intelligenze artificiali che selezionano formule che garantiscono il massimo successo al minimo costo. Gli algoritmi di raccomandazione moltiplicano poi questo effetto, partendo dal concetto che se hai visto un contenuto te ne interesseranno altri simili, innescando dinamiche esponenziali di diffusione di disinformazione mirata che spesso cambiano il tono della conversazione pubblica.

Con le organizzazioni sostenute dal Cremlino ora bandite in tutta l’Unione europea e piattaforme come Facebook e Twitter che ne riducono la portata in tutto il mondo, Mosca ha intensificato la componente clandestina della sua attività perseguendo tre obiettivi principali: costruire consenso interno, minare l’unità della popolazione ucraina e frantumare l’opinione pubblica internazionale. Il controllo ferreo sull’informazione ufficiale, insieme alla sospensione dei media digitali occidentali, ha permesso a Vladimir Putin di controllare con efficacia la narrativa all’interno della Russia, seppure con opposizioni di alcune fasce della popolazione e interventi da hacker internazionali. In Ucraina, invece, nonostante gli hacker russi lavorino quotidianamente e per ben due volte abbiano infiltrato i canali televisivi di informazione con video alterati in cui Volodymyr Zelensky chiedeva la resa e annunciava una fuga da Kiev, la verità delle bombe e della guerra ha reso meno vulnerabile la popolazione.

Il campo vero di confronto, quindi, è quello per il cuore e per la mente della comunità internazionale; per la destabilizzazione del fronte di coscienza collettiva che determina le alleanze emotive e politiche di quei Paesi, occidentali e non, che nella guerra non sono fisicamente entrati. Negli ultimi giorni, attori riconducibili a Mosca hanno diffuso affermazioni secondo cui gli Stati Uniti sarebbero dietro ad almeno un laboratorio biochimico all’interno dell’Ucraina. Account individuali, poi ricondotti a organizzazioni vicine al Cremlino, hanno anche affermato che la conquista della centrale nucleare di Chernobyl da parte delle forze armate russe fosse in risposta agli sforzi ucraini per costruire una cosiddetta bomba nucleare sporca da far detonare in Donbass. Numerosi sono i casi in cui account social (soprattutto il cinesissimo TikTok) riportano finti attacchi ucraini alla Bielorussia. Gran parte dell’audience social impegnata a diffondere e condividere questo tipo di informazione è, in realtà, artificiale. Dietro nomi e commenti all’apparenza umanissimi si nasconde l’esercito di Bot che già ai tempi del movimento trumpiano del 6 gennaio 2021, di Brexit prima e dei no vax dopo, aveva contribuito a dare l’impressione di uno tsunami politico che in realtà era al massimo un’ondina di risacca.

Lo stesso Zelensky, consumato esperto delle cose mediatiche, ha intrapreso una controffensiva mirata sia a consolidare il supporto internazionale, sia a minare l’unità russa. Video in cui Parigi è bombardata come Kiev, immagini anche crude in cui si esibisce la violenza sui cittadini più indifesi, appelli diretti alle madri russe attraverso i figli prigionieri, atti di plastico coraggio come quelli dei soldati dell’isola dei Serpenti (che la leggenda voleva morti martiri ma che invece sono vivi in cattività); la campagna per il favore dell’opinione pubblica globale non vede l’Ucraina come vittima sacrificale ma come un vero e proprio antagonista del gigante russo, capace di resistere anche in questa arena. Ed è forse proprio nella platealità dello scontro propagandistico che possiamo trovare il dato più nuovo e più moderno di questo conflitto; la sua teatralità, il suo aspetto mediatico estremizzato, il suo svolgersi in tempo reale che, se all’inizio ha portato nelle case di tutti noi l’angoscia di un trauma che pensavamo sopito dalla storia, rischia, nella dinamica ahimè tipica del consumo, di cauterizzarne l’orrore in una nuova, falsa normalità.

(Nella foto la visualizzazione del sistema dati messo a punto da Tim Graham che mostra gli account del governo russo che si retwittano uno con l’altro entro 60 minuti)