Barack Obama ed Elon Musk

Ciao Twitter fagocitato da Musk

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Con Musk padrone di Twitter sparirà l’aspetto plurale dell’azionariato che ha spinto il management a tenere conto dei fattori ambientali, sociali
e ad assumersi responsabilità politiche per il contenuto della piattaforma

NELLA RETE DI VITTORIO – Prima Comunicazione, Maggio 2022

“Questo non è un modo per fare soldi”, ha detto Elon Musk della sua offerta su Twitter durante la conferenza Ted a Vancouver del 14 aprile. “La mia convinzione è che avere una piattaforma pubblica che sia massimamente affidabile e ampiamente inclusiva sia estremamente importante per il futuro della nostra civiltà”. Ha poi aggiunto: “Ho il patrimonio sufficiente per portare a termine questa operazione, per permettere a Twitter di raggiungere il suo potenziale; qualcosa che a oggi, con questo management e queste condizioni (intende la governance imposta dalla quotazione pubblica) non è possibile”.

Rispetto ad altre società di social media, Twitter è minuscolo. Per anni, gli investitori lo hanno criticato per non avere il passo dei suoi fratelli digitali. Twitter non è stato in grado di acquisire miliardi di utenti come Facebook (che ha oltre 11 volte più utenti attivi giornalieri) o di far crescere una mega attività pubblicitaria come Alphabet (YouTube da solo ha registrato entrate cinque volte superiori rispetto a Twitter lo scorso trimestre). Non ha definito l’estetica di un’epoca come Apple o sottomesso la logistica mondiale come Amazon, è il fratello intelligente ma povero al tavolo del pranzo di Natale. Eppure Twitter è prezioso per Musk per lo stesso motivo per cui è prezioso per imprenditori, aziende e politici come gli ex presidenti Barack Obama e Donald Trump: la piattaforma di microblogging è la destinazione digitale che più di tutte permette di amplificare i propri messaggi e controllare le proprie narrazioni verso una comunità di persone influenti. Con i suoi 200 milioni di utenti giornalieri, Twitter ha avuto un ruolo smisurato nel plasmare la politica e il linguaggio, in particolare negli Stati Uniti. Quando Trump (e altri) sono stati banditi da Twitter, si sono rivolti a piattaforme alternative per attirare l’attenzione, ma non sono riusciti a costruire la stessa rilevanza che avevano al loro picco su Twitter.

L’offerta del proprietario di Tesla vale 46,5 miliardi di dollari; Musk, con i suoi 264 miliardi di dollari di patrimonio, ha peraltro già speso circa 3 miliardi per diventare il singolo maggiore azionista dell’uccellino, ma sul piatto c’è l’acquisto della totalità delle azioni e il successivo ritiro dalla Borsa, lasciando il miliardario libero di evitare le regole di governance e trasparenza che la quotazione impone. Per finanziare l’offerta, Musk metterebbe circa 33,5 miliardi di suo, 21 in capitale e circa 12,5 in debito finanziato dalle sue quote di Tesla, mentre gli altri 13 miliardi sarebbero offerti, come debito subordinato, da un consorzio di banche capitanato da Morgan Stanley. Proprio la solidità del piano di finanziamento, che Musk ha presentato alla Fcc (la Consob americana), avrebbe obbligato il board di Twitter, che aveva inizialmente risposto in maniera antagonistica all’interesse del miliardario, a intrattenere seriamente l’offerta, pena un disservizio agli azionisti che vedrebbero le loro quote rivalutate di oltre il 20% rispetto al prezzo di mercato. A oggi l’accordo sembra possibile, anche se voci trapelano che sottendono a una discussione molto accesa sulle possibili penalità da prevedere in caso di mancata materializzazione dei fondi promessi, qualcosa che Musk ha già fatto in un paio di occasioni e per le quali è sotto cautela della Fcc stessa.

Nel grafico gli utenti Twitter Usa che accedono al proprio account tramite qualsiasi dispositivo almeno una volta al mese; con previsioni fino al 2025 (milioni, in rosso % di variazione e in blu % di utenti di social network); a destra, gli utenti Twitter nelle varie regioni del mondo (dati in milioni, novembre 21).
Nel grafico gli utenti Twitter Usa che accedono al proprio account tramite qualsiasi dispositivo almeno una volta al mese; con previsioni fino al 2025 (milioni, in rosso % di variazione e in blu % di utenti di social network); a destra, gli utenti Twitter nelle varie regioni del mondo (dati in milioni, novembre 21).



Se un’altra grande azienda tecnologica come Facebook o Apple provasse ad acquistare Twitter, la transazione sarebbe certamente fermata per preoccupazioni antitrust. Non c’è nulla, però, nella legge statunitense che impedisca a un individuo incredibilmente ricco come Musk di acquistare una società con così tanto potere di influenza. Né di toglierla dalla Borsa. L’acquisto e la contestuale uscita dal listino Nyse permetterebbero al proprietario di Tesla di ridisegnare il governo dell’azienda; le regole di moderazione su argomenti dall’incitamento all’odio alle minacce di violenza nucleare sarebbero in definitiva a sua discrezione o a discrezione dei manager che lui sceglierebbe. La visione di Musk riguardo alla piattaforma, “massimamente affidabile e inclusiva”, prevede una pubblicazione aperta del codice degli algoritmi di selezione ma non dei principi di moderazione o di ammissione a questa arena pubblica. “Twitter dovrebbe rispettare le leggi del Paese”, ha detto Musk sempre a Vancouver.

Anche oggi Twitter, come qualsiasi altro editore privato, controlla ciò che viene pubblicato sulla sua piattaforma. Il popolare servizio di microblogging si autogoverna però in modo più pluralistico rispetto a molte altre società tecnologiche, soprattutto grazie al fatto che, dalla quotazione in Borsa del 2013, la società non ha creato una seconda classe di azioni speciali (dual class shares) che avrebbe consentito ai suoi fondatori, incluso Jack Dorsey, di mantenere il potere sulla società come hanno fatto, per esempio, Facebook, Alphabet, Zoom o Airbnb. Nel corso degli anni, l’aspetto plurale dell’azionariato di Twitter ha consentito la supervisione e l’attivismo da parte di investitori che hanno spinto il management a tenere conto dei fattori ambientali, sociali e di governance; soprattutto ad assumersi una maggiore responsabilità per il contenuto della sua piattaforma di fronte a conseguenze politiche e sociali evidenti. Twitter ha ampliato le sue regole su questioni di discorso spinose, come etichettare false affermazioni elettorali o disinformazione sui vaccini Covid-19.

La paura che in molti ha suscitato questa offerta è quella che già si avverte verso altri ‘principi’ del digitale. Dopo il fallimento della politica a rendere controllabili gli impatti delle nuove geografie tecnologiche sul tessuto comune delle nostre vite, saltano ora anche i vincoli imposti dalla finanza. Lasciando noi, cittadini e usatori, alla mercè di pochi individui capaci di usare la loro imprenditorialità demiurgica e gli enormi patrimoni che abbiamo loro riconosciuto per definire il futuro comune di tutti noi e le regole della costruzione del discorso sociale. A proposito, una delle prime cose che avrebbe detto voler fare Musk è riammettere Trump sulla piattaforma…

(Nella foto, Barack Obama ed Elon Musk. Con i suoi 200 milioni di utenti giornalieri, Twitter ha avuto un ruolo smisurato nel plasmare politica e linguaggio, in particolare negli Usa)