La Sec vuole vederci chiaro, gli azionisti vogliono che il tycoon paghi i 54,30 dollari ad azione che ha promesso. E fanno causa a lui e al Cda del social: distruzione di valore
NELLA RETE DI VITTORIO – Prima Comunicazione, Giugno 2022
Venerdì 27 maggio gli azionisti di Twitter, gli stessi che avevano precedentemente messo pressione sul Cda per accettare l’offerta da 54,20 dollari ad azione, hanno depositato una causa contro Elon Musk e il Cda di Twitter per distruzione di valore. La causa argomenta che il consiglio di amministrazione non stia agendo con sufficiente velocità nell’imporre l’esecuzione dell’offerta di acquisto, mentre il miliardario canadese si impegna in uno stillicidio quotidiano di disinformazione nella speranza di ottenere una riduzione del prezzo o una via di uscita da un accordo che non è per lui più sostenibile. Il tutto in aperta violazione del contratto che lo stesso Musk ha presentato poche settimane fa a corredo della sua offerta di acquisto.
Per il proprietario di Tesla piove sul bagnato; la Sec (la commissione che vigila sulle transazioni finanziarie) ha aperto un procedimento di accertamento sui suoi comportamenti nell’intero svolgimento di questa acquisizione. Le contestazioni partono da lontano: Musk avrebbe di fatto prima ritardato e poi dichiarato il falso nel rendere pubblica la sua acquisizione del 10% delle azioni della società. Avrebbe, infatti, registrato solo dopo 10 giorni dall’effettivo acquisto il modulo previsto per gli azionisti non attivisti. La natura stessa di questa comunicazione sarebbe stata violata dal miliardario, prodigo di consigli su come gestire la piattaforma, dimostrando anche una conoscenza intima di alcune dinamiche interne del funzionamento societario che non poteva essere stata acquisita senza aiuto dall’interno.
La causa degli azionisti si concentra sul periodo successivo alla presentazione ufficiale (con documenti registrati alla Sec stessa) dell’offerta. Nei giorni seguenti all’accettazione dell’offerta, Musk ha esternato dubbi sui numeri presentati in diversi documenti ufficiali di Twitter nel corso degli anni (come la misura stimata dei bot vs utenti umani sulla piattaforma) senza presentare documentazione a supporto di queste affermazioni, danneggiando, di fatto, il valore delle azioni della piattaforma di microblogging.
I soci sospettano che il magnate stia manipolando al ribasso il prezzo per poterlo rinegoziare o uscire dalla proposta di vendita. Uscita che comporterebbe il pagamento di una penale da un miliardo.
Peraltro, i documenti consegnati alla Sec contengono una clausola di non denigrazione che prevede penali per Musk in caso di dichiarazioni che ledano il valore della società e dei suoi amministratori, oltre ad attestare come lo stesso proprietario di Tesla abbia volontariamente rinunciato alla due diligence di rito, e quindi non abbia oggi titolo a ritirarsi dall’affare sulla base di un’eventuale discrepanza sul numero di utenti non umani presenti nella piattaforma (per Twitter tra il 5 e il 6%, per Musk intorno al 20%).
La Sec vuole vederci chiaro, gli azionisti vogliono che Musk paghi i 54,30 dollari ad azione che ha promesso, il Cda vuole tutelarsi da qualsiasi sospetto di condotta impropria. Un tutto contro tutti complicato dal fatto che, secondo quanto comunicato dallo stesso magnate canadese, i termini del prestito con cui avrebbe finanziato circa un terzo dell’offerta di acquisto, stabilivano che Musk stesso avrebbe dovuto ripagare l’intero debito se le azioni Tesla fossero scese di oltre il 40% dal prezzo il giorno del prestito. Tesla era allora a 1.100 dollari per azione mentre oggi si attesta a 759,63, un calo di quasi il 31%. Le mutate condizioni hanno portato Musk stesso a dichiarare che avrebbe lasciato scadere quel prestito senza attivarlo e ovviato al mancato sostegno con fondi propri, portando a un totale di 33,5 miliardi di dollari il suo impegno per l’acquisizione.
L’azione di Twitter ha perso più del 15% dalla data di annuncio della proposta di acquisto, circa 8 miliardi di dollari di valore, atterrando attorno ai 40 dollari ad azione, ben al di sotto della cifra offerta da Musk, in risalita dopo la causa degli azionisti. Il rimbalzo tradisce una certa fiducia nella validità dell’impianto della causa che porterebbe alla esecuzione forzata della vendita entro la data prevista del prossimo 24 ottobre. Sembra, quindi, che l’accordo alla fine procederà ma con un costo maggiore per le finanze di Musk, che sarà probabilmente costretto a ricorrere a mezzi propri per oltre il 66% della cifra totale, il tutto in un momento in cui le azioni di Tesla sono in contrazione e i multipli prospettici del comparto tech sono sotto attacco. Non ci saranno né vincitori né vinti nell’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk. Siamo di fronte a un affare che a questo punto si dovrà fare ma a un prezzo non più sostenibile dall’acquirente, a fronte di un valore presente e prospettico che lui stesso ha contribuito a erodere ben oltre la misura in cui il contesto finanziario in generale ha colpito il settore di cui la piattaforma fa parte.