Senza vincoli l’Europa gode

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La sospensione del Patto di Stabilità fino al 2023 dà il via libera alla campagna elettorale più ‘allegra’ degli ultimi decenni

LOBBY D’AUTORE – Prima Comunicazione, Giugno 2022

Dai più è stata accolta come una decisione scontata, da altri come notizia tecnica per tecnici. In realtà la proposta della Commissione europea di prorogare sino alla fine del 2023 la sospensione del Patto di Stabilità, ovvero di sospendere ancora per un anno i rigorosi vincoli europei su deficit e debito pubblico degli Stati membri, è una decisione politica di grande rilievo. E assai ricca di conseguenze, soprattutto per l’Italia.

L’ipotesi di un ritorno alla ‘gabbia’ del Patto era in realtà il più spaventoso degli spettri che aleggiavano non solo nelle stanze di Palazzo Chigi e di via XX Settembre, ma soprattutto dei principali partiti italiani. Era una sorta di Armageddon che nessuno, proprio nessuno – al governo o nelle segreterie di partito – avrebbe voluto vivere nel corso del 2023. Chi mai infatti avrebbe potuto pilotare la nave italiana all’interno di una tempesta pericolosissima, in cui sarebbe stato necessario raggiungere la terra lontanissima (o meglio, solo un miraggio) di un rapporto deficit/Pil al 3% e di un rapporto debito/Pil al 60% – partendo da parametri pari al 7,2% di deficit e al 160% di Pil – con una crescita in rapida frenata fino a rischiare la recessione e dovendo far fronte alle magiche aspettative di una campagna elettorale? Rispetto a tutto questo la decisione della Commissione europea, favorita dall’approccio più morbido sul tema del governo Scholz rispetto ai suoi teutonici predecessori, è una straordinaria boccata d’ossigeno. L’immagine più efficace, nonostante i vertici della Commissione europea si siano affrettati a smentirla, è quella di un ‘tana libera tutti’.

Libero Mario Draghi, il cui straordinario valore aggiunto di credibilità e competenza è spendibile soprattutto in ambito europeo. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto rinegoziare in questi mesi il Patto di Stabilità, superando veti e trappole dei partner europei per costruire un sistema che evitasse di strozzare l’economia italiana ma al tempo stesso risultasse ‘affidabile’ per istituzioni e investitori internazionali. Ma la proroga della sospensione, e quindi il rinvio della trattativa sul nuovo Patto, lo sgrava da questa incombenza. E potrebbe addirittura consentirgli – se riuscisse a far approvare anzitempo dal Parlamento la legge di Bilancio – di salutare Palazzo Chigi prima del tempo e in modo onorevole.

Liberi i partiti, che d’ora in avanti possono impostare una campagna elettorale ‘normale’ in vista delle Politiche della primavera 2023. La grande corsa prende avvio con una certezza: è possibile promettere agli elettori una messe di spesa pubblica (centrosinistra) e di tagli di tasse (centrodestra), senza limiti apprezzabili se non quelli del tutto soggettivi del buon senso. Come sempre, forse più di sempre. Perché l’uscita da un governo tecnico porterà fisiologicamente la politica a riaffermare il suo primato, e non c’è modo migliore di farlo che moltiplicare le promesse, costruendo una ‘lista dei desideri’ mai così ricca. La prossima rischia di essere per i partiti, dunque, la campagna elettorale più ‘allegra’ degli ultimi decenni. Magari confidando nell’antico stellone italico, nelle vesti d’una ulteriore proroga della sospensione del Patto nel 2024 o di una profonda revisione del Patto stesso che lo renda meno indigesto per i Paesi debitori.
A promettere oggi si fa sempre in tempo.
Che “di doman non c’è certezza”.

Nella foto la riunione dei ministri delle Finanze dell’Eurogruppo, lo scorso 23 maggio. Da sinistra: Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, Paolo Gentiloni, commissario Ue all’Economia, la ministra delle Finanze lussemburghese Yuriko Backes, il vice presidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis, il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner e la ministra dell’Economia spagnola Nadia Calviño (foto AP/Oliver Matthys).