Secondo gli analisti l’arrivo di un nuovo governo potrebbe rallentare la finalizzazione del progetto
Momento non facile per Tim. Dopo la caduta del governo Draghi sulla telco aleggiano da più parti i timori per la realizzazione della rete unica, su cui avrà voce in capitolo l’esecutivo che uscirà dalle urne il prossimo 25 settembre.
Non solo. Sembra che Vivendi abbia alzato le sue richieste sulla rete, collocando il ‘prezzo’ dell’infrastruttura dell’ex monopolista in un range compreso tra 31 e 34 miliardi di euro, superiore alla stima di 31 miliardi che era in precedenza trapelata da Parigi.
Valutazioni diverse
La valutazione, confermata in ambienti finanziari dopo le anticipazioni di Repubblica, spiega Ansa, rischia di ingarbugliare la strada dell’integrazione con Open Fiber. Si tratta infatti di valori superiori sia a quelli espressi dal mercato (17-21 miliardi) che di quelli che stanno emergendo in seno a Tim (25 miliardi).
Quella dei francesi potrebbe essere solo una posizione negoziale. Ma bisognerà vedere che cosa ne pensano gli altri attori al tavolo, cioè Cdp, Macquarie e Kkr. Intermonte riconosce l’esistenza di una “significativa distanza sulle valutazione”, ma non esclude “la possibilità di un punto di convergenza in area 25 miliardi, più in linea con la valutazione degli advisor di Tim” e i multipli pagati da Cdp e Macquarie per Open Fiber. E come “extrema ratio” non esclude che Cdp, assieme a Macquarie e Kkr, o Vivendi, con un altro fondo, possano lanciare un’opa su Tim.
Incognita nuovo governo
“La caduta del governo porterà a un rallentamento dei tempi” per la rete unica “perché riteniamo difficile che un deal così rilevante e politicamente sensibile possa essere eseguito in una fase di transizione politica”, afferma Equita. “Le nuove elezioni pongono un’onda di incertezza sul futuro di Tim” in quanto “la rete unica è un progetto di interesse nazionale e buona parte degli asset di Tim sono protetti dal Golden Power” e dunque il governo non può non avere voce in capitolo, sottolinea Bestinver.
Cdp e Tim intanto continuano a lavorare alla definizione della cornice dell’operazione, con l’obiettivo di rispettare la scadenza del 31 ottobre per un accordo vincolante.
Il ‘piano b’ di Labriola
In caso saltasse i banco, l’ad di Tim Pietro Labriola, ha sempre quel piano B per la rete, da destinare a un altro acquirente nel caso in cui l’operazione con Open Fiber dovesse naufragare. O almeno così aveva detto presentando il piano industriale qualche settimana fa.