La politica riparta da scuole e giardini

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Dagli asili agli ospedali, ecco le prove del fallimento: una cronica incompetenza a dominare non lo straordinario, ma l’ordinario

 COMUNICAZIONE POLITICA – Prima Comunicazione, Luglio-Agosto 2022

Scrivendo di politica e della sua comunicazione, prevedere quello che accadrà nel nostro Paese, nei prossimi mesi, risulta un esercizio ambizioso. Direi avventato. Solitamente l’osservazione di qualunque fenomeno ha margini di rischio inversamente proporzionali alla leggibilità degli attori protagonisti dell’evento analizzato. Guardiamoci intorno: il mondo è una pentola di disordine. Dopo 70 anni di pace abbondante, con guerre fredde e tiepide distribuite per il pianeta e qualche acuto di violentissimo terrorismo, siamo nuovamente franati in un clima di storia tragica che pensavamo archiviata negli scaffali più bui della memoria. Avevamo esorcizzato le immagini di distruzione e di morte immaginandole solo in Paesi lontani. Nulla di tutto questo, ci ripetevamo, sarebbe potuto tornare dalle nostre parti.

Ed ecco fatto: violenza, follia, mostruosità sono di nuovo in scena; quei deliri del talento umano che convivono, dormienti, con il suo meglio si sono risvegliati in un lampo ricordandoci che la capacità distruttiva dell’uomo rimane integra, strabordante, fecondissima. In realtà tutto il pensiero moderno ci aveva allertato sulla fragilità dell’equilibrio tra il potere di costruire e il suo specchio distruttivo. Quindi con il contesto articolato – un modo elegante per dire che siamo nei guai – ci apprestiamo dopo la sciagura della pandemia, a cui si è sommata la catastrofe bellica, a fronteggiare questo binomio di calamità con una delle classi politiche più rimediate della storia.

Torniamo all’incipit del ragionamento. Se la politica e le scienze sociali fossero fenomeni algebrici, rimarrebbe da sperare che i fattori in gioco, negativi, fossero almeno paritari così da riconsegnarci un valore positivo – meno per meno, dà più – ma il sospetto è che qui ci si trovi di fronte a un grandissimo, univoco, meno. Certo, esistono eccellenze diffuse (anche al governo), uomini probi, esperienze straordinarie prestate alla politica, civil servant in servizio permanente eppure il quadro generale è desolante. In effetti, abbiamo reso i luoghi che definiscono una società degli ‘info point’ di distruzione della sua stessa immagine: asili, scuole, ospedali, carceri, infrastrutture materiali e sociali sono le principali esercitazioni, plastiche, di questo fallimento e la prova scritta di una cronica incompetenza a dominare non lo straordinario, ma il quotidiano.

Provare poi a colorare di una responsabilità ideologica tale fallimento è ancora più squallido.

Una strada non fatta, una strada mal fatta, non è di sinistra, di destra o populista. È una strada incompiuta e basta. E se s’inciampa nell’ordinario – e a Roma capitale, non è una metafora che accada, ma realtà – figuriamoci cosa può accadere nello straordinario. E quando è evidente che una classe dirigente non riesce a volare altissima, quando appare un po’ confusa sui temi alati e sembra discetti di scenari prospettici perché fatica a confrontarsi con l’oggi, verrebbe da regalare un consiglio non richiesto.

Ci sono uomini che trovano nel bricolage una meravigliosa terapia della loro insicurezza; il mondo è cattivo, confuso e aggressivo; soprattutto pieno di infinite variabili, insidiose; per questo il chiudersi in un perimetro casalingo, protetto, più facile e monitorabile diventa quella zona di competenza, un po’ rassicurante, che trasforma anche chi è incerto delle proprie abilità nel dio di se stesso e creatore del suo universo. Perché questa politica che ogni volta vorrebbe parlare dello zibaldone del mondo e annacqua ogni speranza di competenza non ricomincia a costruire il necessario sotto i suoi piedi? Perché non mostra capacità di gestione del giardino di zona, delle scuole, della spazzatura, del decoro, della sicurezza, dell’assistenza ai meno adattati, insomma di tutte quelle tessere che definiscono una società per tale. Lucidare, riparare, pulire, conservare, tutelare e riconsegnare alla popolazione un bene o un servizio – che è già suo – è la più grande forma di edilizia civica e sociale. Poi una volta mostratisi ferratissimi e padroni di questi territori, i politici saranno i migliori e più credibili candidati alla gestione del Paese, sommatoria di paesini, paesoni, cittadelle e città.

Ps: è davvero una cosa encomiabile questa migrazione del Palio di Siena dalla Rai a Rcs. La prassi del Palio è, in sostanza, la stele di Rosetta della nostra convivenza nazionale: alla fine conta solo chi vince. Meno il come. La Rai, godendo di un contratto di servizio col Paese, poteva continuare a farsi programmatrice della manifestazione più emblematica del “si fa ma non si dice… e vale tutto” senza nemmeno un sottopancia del tipo: “nuoce gravemente alla convivenza civica. Se ne consiglia la visione, e non l’emulazione, al solo pubblico adulto”?

Dissestato il 30% delle strade romane (foto RomaToday).