Quale sarà il futuro di Netflix

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Il gigante del video in streaming è in crisi: le azioni sono crollate, la valutazione della società è in calo. Pubblicità, diritti sportivi e nuovi mercati: così può rinascere

NELLA RETE DI VITTORIO – Prima Comunicazione, Luglio-Agosto 2022

Netflix ha toccato il massimo storico della sua valutazione a novembre 2021, atterrando a 700,99 dollari per azione. Oggi il gigante dei video in streaming scambia a circa 188 dollari per azione e ha bruciato il 65% della propria valorizzazione negli scorsi due mesi. Da un picco che ha visto la valutazione della società aggirarsi attorno a 60 volte gli utili, siamo tornati a un ben più normale 18 volte.

Le azioni di Netflix sono crollate per tre motivi principali: la sua crescita in termini di utenti abbonati si è raffreddata in un mondo post lockdown, i suoi margini operativi sono diminuiti e lo scenario competitivo ha innescato una spirale di crescita degli investimenti in tecnologia e contenuti. Se allarghiamo poi lo scenario all’impatto inflattivo sul consumo degli individui e delle famiglie, il quadro sembra giustificare la perdita di valore.

Nel primo trimestre del 2022 Netflix ha perso 200mila abbonati; i ben informati prevedono una possibile ulteriore contrazione di 1,8 milioni nel secondo trimestre, rispetto a un precedente andamento sempre positivo con una media di +20% ogni anno dal 2017. Il rallentamento si osserva anche nel tasso di incremento del fatturato, che è sceso da +35,1% del 2018, a +27,6% nel 2019, +24% nel 2020, +18,9% nel 2021, e solo +9,8% nel 2022.

Tra il 2016 e il 2021, le entrate annuali di Netflix sono esplose da 8,8 miliardi di dollari a 29,7 miliardi di dollari, rappresentando un tasso di crescita annuale composto (Cagr) del 27,5%. Negli ultimi tre anni, però, il tasso di crescita dei ricavi è decelerato di quasi dieci punti percentuali poiché si è ridotta la percentuale degli abbonati Usa e Canada (da 54% a 34%) sul totale della base clienti, spostando il mix verso abbonati con Arpu (Average revenue per user) inferiore. Gli abbonati nordamericani hanno un Arpu medio di 14,91 dollari (+5% anno su anno), mentre quelli europei valgono 11,56 dollari (6%), i latinoamericani 8,37 dollari (20%), Asia-Pacifico 9,21 dollari (1%). Un quadro che potrebbe portare Netflix ad aumentare le sue tariffe in mercati in forte espansione come America Latina e Asia e stabilizzarsi in Europa e in Nord America, a fronte di tassi di crescita numerica bassi o in contrazione.

Il pericolo più esistenziale per gli investitori di Netflix, però, è la concorrenza. Sono entrate nel settore aziende importanti che venivano dalla tecnologia, come Apple o Amazon, o dai contenuti, come Disney, Comcast o Warner Bros. Discovery. Il comparto ha speso oltre 80 miliardi di dollari in contenuti nel 2021, con Netflix protagonista per oltre 18 di questi miliardi, Disney 15, Amazon 15, Viacom 14,7, Apple 8, Warner Bros. Discovery 8, Peacock 3. Contestualmente, anche i diritti sportivi sono diventati terreno di caccia per gli streamer; la stima sul 2022 vede 11 miliardi di spesa del settore per eventi sportivi in diretta, con la Indian Premier League che ha venduto a Viacom18 i suoi diritti per oltre 6 miliardi di dollari, facendola diventare la seconda lega sportiva più lucrativa del mondo dopo la Nfl. Una vera e propria corsa agli armamenti che ha sacrificato il profitto. Il trend di aumento degli investimenti in tecnologia e contenuti sembra non accennare a diminuire, con un +12% previsto per il 2022. Competitivamente, Netflix potrebbe ancora differenziarsi grazie agli investimenti fatti nel corso degli anni sull’intelligenza artificiale legata al consumo degli utenti. Da queste analisi emergono regolarmente intuizioni originali su generi e format, come ‘Squid Game’, ‘Stranger Things’ e ‘Bridgerton’, che non sono basati su ip esistenti e potrebbero costituire un vantaggio importante rispetto a competitor con basi clienti più contenute.

In questo quadro di rallentamento del modello a sottoscrizione, la decisione di Netflix di lanciare un profilo di abbonamento supportato dalla pubblicità segnala la fine del primo stadio dell’ecosistema dello streaming. Il tentativo di fare di Netflix la piattaforma dello streaming, come Facebook lo è per i social o Amazon per il commercio elettronico, è fallito. La concorrenza c’è e lo scalare della tecnologia fa i conti con una pluralità di contenuti e di scelte di consumo che costringono anche la principessa del settore a diversificare prodotto e go to market. Ci si deve quindi aspettare anche un convergere delle valutazioni finanziarie verso livelli ‘normali’: se Netflix dovesse soddisfare le aspettative degli analisti nei prossimi tre anni, possiamo supporre che generi circa 47 miliardi di dollari di entrate e 19,20 dollari di utili per azione. Nel 2026, quindi, le sue azioni potrebbero essere scambiate attorno ai 380 dollari. Sarebbe più del doppio del suo prezzo attuale, ma comunque ben al di sotto del suo massimo storico.

(Un’immagine di ‘Squid Game’, una delle serie più seguite di Netflix. Intanto, sono aperte le candidature al casting per partecipare a ‘Squid Game – The Challenge’, il nuovo reality show Netflix ispirato alla nota serie coreana)