Lo scandalo aveva coinvolto il social con la società di analisi inglese per l’accesso non autorizzato ai dati degli utenti
Il caso Cambridge Analytica si chiude dopo 4 anni. Meta, la holding che controlla Facebook, ha raggiunto un accordo nella causa di risarcimento che l’aveva coinvolta insieme alla società di analisi inglese per aver consentito l’accesso ai dati privati di decine di milioni di utenti.
L’accordo, per una somma non rivelata, mette al riparo Zuckerberg e il direttore operativo uscente di Meta, Sheryl Sandberg, da una nuova testimonianza che si sarebbe dovuta tenere il 20 settembre.
Il caso
Il caso era emerso nel 2018 dopo un articolo dell’Observer che riportava le rivelazioni di un informatore della società di analisi. La denuncia che aveva costretto Zuckerberg a testimoniare davanti al Congresso ed era costata all’azienda una multa di svariati miliardi di dollari. Oltre al crollo del titolo in borsa.
Nella causa avviata nel 2018, un gruppo di utenti accusava il social di aver violato le regole sulla privacy condividendo i propri dati con terze parti, inclusa l’azienda Cambridge Analytica, che era collegata alla campagna presidenziale di Donald Trump del 2016.
Cambridge Analytica – oggi chiusa – aveva raccolto e sfruttato, senza il loro consenso, i dati personali di 87 milioni di utenti di Facebook. Queste informazioni sarebbero state utilizzate poi per sviluppare software per inflienzare gli elettori statunitensi a favore di Trump.
Le contromisure adottate dopo lo scandalo
Da quando è scoppiato lo scandalo Cambridge Analytica, Facebook ha rimosso l’accesso ai suoi dati da migliaia di app sospettate di abusarne, ha limitato la quantità di informazioni disponibili per gli sviluppatori e ha reso più facile per gli utenti calibrare le restrizioni sulla condivisione dei dati personali.