Il presidente della Vigilanza, Barachini, parla di una “plurima violazione” della par condicio. L’UsigRai: dov’era il pluralismo?
Si alzano le polemiche attorno alla puntata di ‘Il Cavallo e la torre’ andata in onda il 19 settembre. Nella sua striscia su Rai3, Marco Damilano ha ospitato Bernard-Henry Levy, filosofo, giornalista e saggista francese che durante il suo intervento ha attaccato Lega e Fratelli d’Italia.
Barachini: violata par condicio
Oltre alle proteste che si sono levate da parte delle due formazioni politiche chiamate direttamente in causa, si registra l’intervento diretto di Aberto Barachini, presidente della Commissione di Vigilanza, che ha parlato di “una palese, plurima violazione della normativa sulla par condicio, in spregio dei basilari principi di pluralismo, imparzialità ed equilibrio che devono orientare il servizio pubblico”.
“L’ospite internazionale, ha continuato Barachini, estraneo alla competizione elettorale ha infatti svolto un lungo e violento monologo diretto ad alcuni soggetti politici senza contraddittorio e ha rivolto un grave attacco contro la democrazia italiana, rappresentata come un Paese esposto a derive autoritarie e anticostituzionali”.
Barachini ha poi chiamato in causa direttamente Damilano. “Il conduttore, un giornalista esterno all’Azienda non solo è stato incapace di arginare la violenza verbale del suo ospite in piena par condicio e di riequilibrare l’evidente faziosità dello stesso, ma ha contribuito alla distorsione del dibattito con la sua premessa e con domande tendenziose”.
“La vicenda, ha chiosato, è tanto più preoccupante in quanto avvenuta nel servizio pubblico, a pochi giorni dal voto, in apparente totale assenza di controllo editoriale”.
UsigRai contro la scelta di Damilano
Critiche per l’accaduto sono arrivate anche dall’UsigRai, che ha parlato di “una puntata a senso unico, con un contraddittorio debolissimo”, rimarcando in particolarmodo la vicinanza cronologica alle elezioni.
“L’Usigrai ritiene che il pluralismo nel servizio pubblico debba applicarsi anche alle trasmissioni di rete come Il Cavallo e la Torre”, ha continuato il sindacato che non si è fatto sfuggire l’occasione per ribadire le sue perplessità sulla scelta di Damilano per la conduzione. “E pensare che il conduttore, scelto all’esterno dell’azienda nonostante si potesse contare fra quasi 2000 profili interni, era stato presentato dall’Ad Carlo Fuortes come ‘il giornalista più adeguato’ per ‘informare, intrattenere, fornire strumenti conoscitivi, restando fedeli al sistema di valori aperto e pluralista che il nostro Paese e l’Europa hanno saputo sviluppare in questi decenni'”.
“Ci chiediamo, hanno concluso polemicamente, dove fosse il valore del pluralismo nella puntata di ieri”.
Damilano prende le distanze
In serata, aprendo la sua trasmissione Damilano è ornato sulla questione. “Il filosofo Bernard-Henri Levy si è lasciato andare ad affermazioni sul pericolo fascista in Italia e sul fatto che il voto del suffragio universale non sempre va rispettato. Da alcune affermazioni ho preso le distanze in diretta, altre non le condivido”.
“C’è una questione italiana in una parte d’Europa”, ha aggiunto, chiedendo al suo ospite, lo storico Giovanni Orsina, se ci sia un pericolo fascismo in Italia. “E’ ridicolo pensare che qualcuno voglia impiantare il fascismo in Italia”, ha affermato lo studioso.
“L’antifascismo è una cosa seria, ma se ne è abusato. Quando lo si usa contro avversari che fascisti non sono lo si rovina. E’ un po’ come la favola di ‘Al lupo, al lupo’”, ha sottolineato Orsina, esprimendo un’opinione opposta rispetto a quella di Levy. “Il rispetto del voto – ha detto ancora Orsina – può ammettere deroghe solo se siamo in presenza di un allarme molto chiaro e molto forte. Dobbiamo essere di fronte a un partito che vuole interrompere il circuito democratico”.