Da quasi una settimana in diverse città dell’Iran sono in corso manifestazioni per la morte di Mahsa Amini, la 22enne deceduta mentre era sotto la custodia dalla polizia morale per non aver indossato correttamente lo hijab.
La morte della giovane ha suscitato grande indignazione in tutto il mondo. Secondo gli attivisti, la donna originaria del Kurdistan, regione nel nord-ovest del paese, è stata colpita a morte alla testa, ma i funzionari iraniani hanno negato questa ipotesi, parlando di un arresto cardiaco, salvo poi annunciare un’indagine.
Oltre che nelle piazze, con scontri che hanno provocato già diversi morti, tra polizia e manifestanti, il dissenso corre soprattutto sui social. Molte donne hanno caricato video in cui si tagliano i capelli – usanza curda per manifestare il lutto – o hanno bruciato l’hijab, il velo obbligatorio nel Paese.
Rete rallentata e social bloccati
Dall’inizio delle proteste, le connessioni internet sono state rallentate e l’accesso a Instagram e WhatsApp è stato bloccato. “Per decisione delle autorità, non è più possibile accedere a Instagram da mercoledì sera. Interrotto anche l’accesso a WhatsApp”, ha riferito l’agenzia di stampa Fars. La misura è stata presa a causa “delle azioni compiute dai controrivoluzionari contro la sicurezza nazionale attraverso questi social network”, ha proseguito Fars.
Instagram e WhatsApp sono state le app più utilizzate in Iran dal blocco delle piattaforme come Youtube, Facebook, Telegram, Twitter e Tiktok negli ultimi anni. Inoltre, l’accesso a Internet è in gran parte filtrato o limitato dalle autorità.
Anonymous in campo
Anche Anonymous si è mosso per aiutare le proteste, avviando un’offensiva contro il regime di Teheran. Il collettivo ha annunciato di aver hackerato “oltre 1000 telecamere di sicurezza in Iran” e di aver bloccato il sito della televisione di stato.