Lorenzo Sassoli de' Bianchi

Branding e-volution 2022: tempi complessi per la manutenzione delle marche

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Appuntamento 2022 con la ricerca targata Upa e School of Management del Politecnico di Milano. Nella comunicazione, difficile coltivare l’attenzione al lungo periodo in un contesto reso complicato da guerra e inflazione. Secondo il presidente di Upa, Lorenzo Sassoli, nel 2022 il mercato adv terrà, le tendenze recessive prevarranno nel 2023 e una schiarita arriverà nel 2024…

E’ stato il presidente di Upa, Lorenzo Sassoli de Bianchi ad aprire l’edizione 2022 di Branding e-volution, secondo appuntamento ‘formativo’ che, dopo l’esordio del 2020, l’associazione che riunisce i più importanti investitori in comunicazione pubblicitaria in Italia ha organizzato ancora una volta assieme alla School of Management del Politecnico di Milano, coordinata da Giuliano Noci.

Al centro di un dibattito esteso e pieno di temi e sotto temi di estrema attualità per il mercato della pubblicità, arricchito da tante case history interessanti, è stata la presentazione in tre tranche – lungo la mattina e il pomeriggio del 29 settembre, al Teatro Franco Parenti di Milano – di una ricerca che ancora una volta ha definito e aggiornato il pubblico di addetti ai lavori su quale sia il ruolo della marca nell’ecosistema digitale.

Ricerca-Branding-e-volution-22

 L’obiettivo della ricerca, anche nella fluida situazione attuale, è ovviamente quello di promuovere la comprensione dei fenomeni in corso, ma pure di dare qualche elemento utile ad intercettare le opportunità e superare le criticità, spingendo la crescita. “Cambiano rapidamente i contesti macroeconomici e geopolitici, cambiano i consumatori, si trasformano i mezzi di comunicazione e i canali distributivi, ma la chiave di volta del sistema – ha esordito Sassoli – resta sempre lei, la marca. Capace di dare riferimenti solidi, specie se ben costruita e tutelata”.

I consumatori come i manager, oggi sono sommersi da messaggi contrastanti. Apprezzati in maniera diversa a seconda delle generazioni. Gli elementi contradditori della situazione attuale? Sassoli ha fatto un excursus. “Nel 2020, quando abbiamo fatto il primo appuntamento con la ricerca, c’era il covid e avevamo meno di cento persone in sala” ha ricordato il presidente. “Oggi quell’emergenza è rientrata e siamo in tanti qui in teatro, mentre tante persone comunque, partecipano online. Ma c’è pure da considerare che dopo la pandemia sono arrivati la guerra, l’aumento dei costi delle materie prime, la crescita dell’inflazione, la crisi energetica. Ebbene – ha continuato il capo di Upa – le aziende hanno reagito non mollando la presa sulla comunicazione, nonostante la difficoltà oggettiva di mantenere gli investimenti per alcuni settori trainanti del mercato. Così – si è sbilanciato Sassoli – riusciamo a confermare per il 2022 la previsione di una sostanziale tenuta degli investimenti, che rimarranno attorno agli otto miliardi complessivi, con un recupero pieno del volume della spesa pre covid”.

Sassoli prevede un quasi pareggio con il 2021 nel 2022, difficoltà più serie nel 2023, una schiarita nel 2024

In margine all’incontro, rispondendo alla stampa, Sassoli ha osservato che c’è un grande fermento nella società e senza la guerra ci sarebbe stato un effetto positivo di questa tensione ‘sana’ sugli investimenti. Ma la persistenza dell’inflazione “porterà le aziende a rivedere la spesa pubblicitaria, soprattutto negli ultimi mesi di questo anno”. E così l’anno in corso si dovrebbe chiudere con una flessione contenuta, tra il -1 ed il -2%.

Difficile da leggere cosa accadrà l’anno prossimo. “Nel primo trimestre del 2023 dovremo affrontare difficoltà serie. A soffrire saranno i consumi. Come UPA – ha ribadito Sassoli – continueremo a insistere con la proposta di congelare l’IVA sui beni di prima necessità”. Il presidente si aspetta una schiarita nel 2024. “Il 2023 sarà un anno di transizione recessiva, ma guardiamo con fiducia al 2024, quando si auspica sarà raggiunta una definitiva sicurezza rispetto all’approvvigionamento di gas ed energia, facendo a meno della Russia”.

Misurazioni migliori dell’efficacia. E crossmediali

Tornando alla ricerca, e alla giornata di analisi, Sassoli ha sottolineato gli elementi di continuità e discontinuità delle strategie di marca delle aziende in questi ultimi due anni, da una edizione della ricerca all’altra.  “Tra gli elementi di continuità emersi – ha detto il presidente di Upa – c’è la necessità di migliorare la misurazione dell’efficacia del branding e approdare ad una vera crossmedialità delle metriche media, fondando un sistema di ricerche sempre più solido, cosa che del resto stiamo già facendo”.

Seconda costante, per Sassoli, invece, è quella di “fare cultura sugli investimenti digitali, diventando consapevoli che un approccio troppo orientato alle performance rischia comunque di generare problemi di branding, visto che le marche si costruiscono nel tempo”.

Sassoli ha rimarcato come attualmente la ricerca evidenzi che, nel contesto difficile che stiamo vivendo, l’attenzione alle performance prevalga. “Ma dobbiamo tutti essere consapevoli – ha suggerito – che si tratta di un andazzo pericoloso”. Nello stesso solco qualitativo, un’altra costante già segnalata al primo appuntamento con lo studio, la spinta a preferire contesti editoriali adeguati, autorevoli, in linea con i valori di marca che si perseguono, nonchè una collaborazione tra editori e piattaforme.

Attenzione a tv connesse, branded content, brand purpose, influencer….

Tra i temi analizzati dalla ricerca, ci sono tutti quelli che sono diventati una priorità per le aziende negli ultimi due anni. In primo piano, ad esempio, c’è l’evoluzione smart dello schermo familiare, grazie alla connessione a internet. E poi ci sono ovviamente il ruolo dell’influencer marketing, quello del branded content, l’orientamento creativo coerente con logiche di brand purpose e di brand activism. Indagatoi dallo studio sono stati anche il tema dell’efficacia e quello dell’evoluzione delle ricerche.

Anche i formati pubblicitari, il nuovo ambiente virtuale, il Metaverso, sono stati oggetto di trattazione e approfondimento, considerato che certamente – Sassoli e Noci ne sono certi – in futuro se ne parlerà molto anche come nuovo ambito degli investimenti e delle attività di marca.
“La marca è il valore immateriale al centro di tutto il nostro lavoro, sollecita investimenti sapienti e costanti, che la rafforzino sul breve, ma le diano respiro nel lungo periodo”.

Giuliano Noci

Noci: “Sbagliato distogliere l’attenzione dal rafforzamento dei brand”

Giuliano Noci ha rimarcato. “Sono tempi difficili. Si respira complessità e incertezza. Gli individui riducono la loro propensione al consumo e i manager quella delle proprie aziende a investire in comunicazione. La ricerca, i contenuti che oggi produrremo, dimostrano quanto sia sbagliato distogliere l’attenzione dal rafforzamento dei brand. Anche in questa fase, dobbiamo essere consapevoli del ruolo che le marche giocano nella società”.

Secondo punto evidenziato da Noci, “le leve del marketing si sono allargate e potenziate, con tante nuove opzioni, come il branded content e l’influencer marketing che sono diventate strutturali”. In una logica di complessiva ibridazione dei mezzi, ha continuato Noci, “un ruolo crescente lo avranno le tv connesse e i contenuti audio”. Terzo aspetto ricordato dal professore, il ruolo che i dati e le ricerche giocano. “Dalla ricerca emerge che tutti oramai sono consapevoli della loro importanza, ma c’è ancora molto da fare per quello che riguarda le misurazioni e il loro utilizzo maturo e consapevole”.  

A presentare i dati, in più tornate, dopo gli interventi di Sassoli e Noci, nel contesto di una giornata piena di altri approfondimenti e contibuti, sono stati Nicola Spiller (Director Omnichannel Customer Experience Obs del Politecnico di Milano) e Alberto Vivaldelli (responsabile digital di Upa).

Le attività di branding building e sales activation non sono in contraddizione

Rispetto alla prima edizione dell’indagine, condotta nel 2020, emergono delle differenze legate soprattutto al difficile contesto che ha fortemente condizionato le strategie delle aziende negli ultimi due anni. La maggiore attenzione al breve periodo, che ha portato il 40% dei rispondenti ad aumentare gli investimenti in attività di sales activation nell’ultimo biennio, sembra destinata però a ridimensionarsi nel futuro prossimo, come dimostra il fatto che il 32% degli intervistati prevede una crescita degli investimenti in attività di brand building, contro il 26% che continuerà ad aumentare la quota di investimenti collegata alle iniziative di breve termine.

Ma la marca la costruisce ancora la tv lineare…

Guardando ai vari media, la tv lineare è il mezzo che secondo il campione continua a giocare il ruolo più importante per il raggiungimento di obiettivi legati alla costruzione della marca (57%). Seguono gli eventi/sponsorizzazioni (43%), il digital video (42%), il branded content (39%), gli influencer/creator (30%). Connected TV, branded content e influencer marketing sono le principali rising star per gli investimenti pubblicitari rivolti al brand building. Dall’indagine emerge chiaramente che le aziende considerano brand purpose e brand activism sempre più importanti nella narrativa della marca e investono budget crescenti nella comunicazione a pagamento che veicola questo tipo di messaggi.

Il contesto autorevole conta

L’attenzione delle aziende e delle marche per i valori trasmessi ha riportato attenzione per il contesto editoriale in cui si pianificano i messaggi pubblicitari. Ben il 66% dei rispondenti ritiene la coerenza del contesto editoriale rispetto ai valori di marca fondamentale affinché le iniziative di marketing e comunicazione con obiettivi di branding siano efficaci e si basa su questo driver per la scelta dei contesti di comunicazione su cui investire. Seguono la qualità della produzione del contenuto editoriale (56%) e la capacità di profilazione dell’audience (54%).

Consapevolezza dell’importanza delle misurazioni

Misurare il valore del brand diventa sempre più una priorità per le aziende: negli ultimi due anni, l’89% dei rispondenti ha investito in attività di misurazione del brand. La ricerca ha indagato anche il possibile impatto della ‘deprecazione’ dei cookie di terza parte sulle strategie per la gestione della pubblicità data driven. Tra le aziende intervistate, solo il 12% ha già adottato una o più soluzioni cookieless, il 24% ha individuato una o più soluzioni che sta testando, mentre il 26% ha avviato la ricerca ma non ha ancora trovato soluzioni alternative.

Le discontinuità di misurazione digitali si inseriscono in una richiesta più generale da parte degli investitori pubblicitari di misurazioni più solide per giustificare il ritorno dei budget di comunicazione. Le aziende del campione dichiarano che investiranno di più in futuro per la misurazione delle variabili legate al brand e che hanno bisogno di currency crossmediali, soprattutto per leggere trasversalmente i risultati degli investimenti in TV e digital.