Giampaolo Cadalanu

E’ la guerra, bellezza!

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Arriva oggi nelle librerie un saggio, edito da Paesi Edizioni, che raccoglie gli scritti di quindici importanti inviati italiani, impegnati da sempre a raccontare i conflitti e le crisi internazionali.
Un’opera che ha come centro la ricerca della verità e il ruolo dell’inviato di guerra in questo delicato compito, senza faziosità e lontano dalle fake news. Abbiamo chiesto a uno degli autori, Giampaolo Cadalanu, ex firma di Repubblica, di raccontare ai lettori di Primaonline il senso e l’importanza di questo libro. “Che fatica – scrive Cadalanu – evitare le trappole, riconoscere le bugie, studiare senza sosta. E nel contempo tentare di sopravvivere dove spesso ti sparano
addosso…”.

“Raccontare la guerra è il privilegio di essere in prima fila, l’esaltazione di vedere uno scampolo di Storia scorrere davanti a noi. Perché “La guerra è una forza che ci dà significato”, come recita il titolo originale di un brillante libro di Chris Hedges, reporter dai fronti di mezzo mondo e premio Pulitzer con il New York Times.
Ma al di là delle visioni filosofiche, e oltre la mitologia ormai intrisa di luoghi comuni, chi ha la fortuna di assistere come spettatore alla massima tragedia dell’umanità deve pagare un prezzo notevole. Che fatica evitare le trappole, riconoscere le bugie, studiare senza sosta, preparare un minimo background di attualità nelle notti passate in aereo, persuadere i direttori e ottenere ragione per quello che si vede. E allo stesso tempo magari tentare di sopravvivere dove spesso ti sparano addosso.

Credo che l’idea alla base di ‘E’ la guerra, bellezza’ sia quella di smontare le leggende per restituire un ritratto più vero del mestiere di corrispondente dai teatri di conflitto, con i momenti di adrenalina e le piccole miserie. Serviva, ne sono convinto, a ribadire l’esigenza dei testimoni diretti e allo stesso tempo sottolineare come il percorso sia denso di trabocchetti e inganni.

Nell’era della comunicazione globale, sugli equilibri bellici conta molto di più convincere un giornalista che conquistare una città. E dunque le parti in lotta mentono, premono, insistono, manipolano, ricattano, qualche volta minacciano e in occasioni per fortuna molto rare uccidono.
Tutti, nessuno escluso, pretendono che la propria visione diventi la verità del giornalista.

In un contesto del genere, quando la verità è solo una stella polare e non uno strumento di lavoro, diventa complicato anche affrontare i luoghi comuni. E’ duro, per chi sta lontano dalla redazione, doversi sgolare con i caporedattori per convincerli che no, la versione dei fatti diffusa dalle agenzie internazionali o dalla concorrenza non è quella a cui abbiamo assistito noi. Scomoda o poco “mainstream” che sia, è la nostra fetta di realtà, come l’abbiamo vista e come dobbiamo poterla riferire. E’ il frutto prezioso dell’impegno che abbiamo messo, dei pranzi saltati come delle notti in bianco, del freddo e del caldo, degli spaventi, delle corse al riparo quando si spara e qualche volta anche della noia per le attese. Ma vederlo, poi, stampato sulla carta o pubblicato sul web o diffuso in tv, è il pagamento più gradito”. (Giampaolo Cadalanu)