Il 2 novembre cade la giornata per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti. Una necessità sempre più stringente visto che, nonostante gli appelli e le iniziative internazionali, anche sotto l’egida delle Nazioni Unite, resta sempre alto il tasso di rischio per chi svolge questa professione. Una dimostrazione? Nel 2022 la Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) ha già registrato 59 omicidi di professionisti dei media, 12 in più rispetto al 2021.
“I giornalisti continuano ad essere aggrediti, picchiati, detenuti, molestati e minacciati per aver svolto il loro lavoro”, ha denunciato la federazione, evidenziando come il web non sia esente da questi rischi tra minacce, attacchi informatici, furto di dati, hacking e molestie online.
E purtroppo 9 omicidi di giornalisti su 10 restano tuttora impuniti. Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, India, Messico, Kosovo, Pakistan, Palestina, Filippine, Russia, Turchia, Ucraina, Yemen i Paesi dove livelli di violenza contro i reporter sono ai massimi livelli.
Serve una “convenzione internazionale”
“Manca uno strumento internazionale vincolante che costringa gli Stati membri a reagire agli attacchi contro i giornalisti”, ha rimarcato la presidente della Ifj, Dominique Pradalie (nella foto).
“C’è una crescente frustrazione per la mancanza di volontà politica di affrontare l’impunità e sostenere mezzi di comunicazione liberi e indipendenti. Per questo abbiamo promosso una campagna globale per l’adozione di una Convenzione internazionale dedicata alla protezione dei giornalisti e dei professionisti dei media”.
La campagna è stata lanciata in occasione della 51ª sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra, il 30 settembre 2022. A sostenere la mobilitazione ci sono già oltre 60 organizzazioni internazionali per la libertà di informazione e per i diritti umani.