Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla Conferenza tenuta all'House of Government di Maastricht

Mattarella: le fake news russe non hanno influenzato il sostegno Ue all’Ucraina

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“La guerra in Ucraina è un tema estremamente delicato, grave: in Europa, in tutti i Paesi siamo stati bombardati da fake news di provenienza russa, ma queste hanno inciso in maniera assolutamente minimale sulle pubbliche opinioni e l’unità che l’Unione europea ha assicurato nell’appoggio all’Ucraina con le sue pubbliche opinioni concordi dimostra come c’è una resistenza molto grande ai tentativi di disinformazione”. Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rispondendo ad alcune domande degli studenti dopo la Conferenza tenuta all’House of Government di Maastricht, in occasione del 30/mo anniversario della firma del Trattato.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla Conferenza tenuta all'House of Government di Maastricht
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla Conferenza tenuta all’House of Government di Maastricht

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella risponde alle domande di giovani studenti alla House of Government di Maastricht

 Maastricht, 11/11/2022

Domanda: cosa può fare l’Unione europea per proteggere i suoi principi fondativi contro il populismo, sotto il nome dell’unità?

Presidente: Quindi il problema, se non ho male inteso, è quello dell’insidia di chi non crede nell’Unione. Vedete, l’Unione è una comunità di valori. Non è una semplice raccolta di Stati per collaborazioni che siano utili economicamente o anche strategicamente. È una comunità di valori. Senza questo riferimento perderebbe il suo sentire, la sua ragion d’essere.

C’è un problema in questo periodo che riguarda ogni dimensione, che riguarda gli strumenti della comunicazione, che sono fortemente cambiati in questi ultimi tempi. Abbiamo assistito al moltiplicarsi di strumenti che facilitano provvidenzialmente la comunicazione.

La sua domanda riguardava il populismo, le insidie della disinformazione. Vede, gli strumenti che oggi offre il web, che offrono i social, sono una straordinaria opportunità di crescita delle relazioni e della condizione umana, dei modi in cui si ci si confronta. È una crescita straordinaria, di grande importanza, di progresso.

Naturalmente, come ogni scoperta che l’umanità si trova disponibile, molto dipende dall’uso che se ne fa. Inevitabilmente vi è anche la possibilità di un uso distorto degli strumenti che vengono posti a disposizione dalla ricerca scientifica, dalla scienza.

E quindi vi è da contrastare questo fenomeno di disinformazione – che sovente emerge – di superficialità e anche di non approfondimento.

Tutto questo è naturalmente un problema che dimostra che tra le pubbliche istituzioni e i mezzi di comunicazione nuova non si è trovato ancora un rapporto maturo, adeguatamente consolidato per comunicare, con i nuovi strumenti, con i cittadini.

Ed è un problema che riguarda i cittadini in parte, ma prevalentemente le istituzioni. Dobbiamo trovare un modo più adeguato, più corrispondente ai nuovi strumenti di comunicazione.

Io però sono ottimista per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti dell’Unione, perché c’è una garanzia che è data dal crescere costante di generazioni di cittadini europei che avvertono fortemente questa dimensione e che sono per questo impermeabili a ogni scetticismo sull’integrazione europea.

Ne abbiamo la prova in questo periodo. La guerra in Ucraina è un tema estremamente delicato, grave. Siamo stati, tutti i Paesi in Europa, bombardati da fake news di provenienza russa. Ma queste hanno inciso in maniera assolutamente minimale sulla pubblica opinione. L’unità che l’Unione europea ha assicurato nell’appoggio all’Ucraina, con le sue pubbliche opinioni concordi, dimostra come c’è una resistenza ai tentativi di disinformazione che è molto grande. E questo induce all’ottimismo.

Domanda: Oggigiorno, nel dibattito politico e civile, c’è una spaccatura chiara tra le generazioni. I giovani hanno spesso una visione di quello che dovrebbe essere il mondo radicalmente diversa dalle generazioni precedenti. Considerando che il 2022 dall’Unione è stato chiamato ‘l’anno europeo dei giovani’, come possiamo riconciliare questa spaccatura che si è creata? È compito dei giovani proporsi attivamente o è una responsabilità della classe politica e delle istituzioni di coinvolgere, di dare la possibilità ai giovani di partecipare attivamente al discorso politico e al processo decisionale? In altre parole, i giovani si devono fare ascoltare o è la politica che deve ascoltarli?

Presidente: Innanzitutto vorrei condividere quanto lei ha detto. I giovani hanno prospettive e sensibilità diverse da quelle delle precedenti generazioni. Alla mia età ne ho visto diverse di generazioni e ho constatato che è così ogni volta. Ed è un problema, questo, che si pone a chi ha responsabilità istituzionali. Si pone anche ai giovani.

Ogni generazione – particolarmente adesso, con i ritmi veloci e frenetici di mutamento, di cambiamento – ha sensibilità, obiettivi, temi di importanza difformi da quelli di chi li ha preceduti. E questa somma di temi che riguarda gli interessi dei giovani sono inevitabilmente la priorità per chi gestisce le istituzioni, tranne deformazioni che purtroppo sovente avvengono. Si governa pensando al futuro. Questo significa pensare ai temi che i giovani hanno a cuore.

Questo cosa vuol dire? Vuol dire non soltanto attenzione ai giovani. Occorre naturalmente aumentare la partecipazione dei giovani all’elaborazione delle scelte, degli orizzonti e delle prospettive politiche.

La Conferenza sul futuro dell’Europa ha cercato di offrire anche ai giovani una piattaforma di partecipazione. È stato interessante quel che è emerso.
Ed è una felice coincidenza che la conclusione della Conferenza sia nell’anno dedicato ai giovani, per capire quali sono i temi, le sensibilità, gli obiettivi e i traguardi che i giovani indicano alle istituzioni.

Quindi occorre registrare e conoscere questi temi e queste sensibilità. Occorre accrescere il contatto con i giovani, perché possano partecipare più direttamente alla definizione delle scelte politiche. Ma occorre soprattutto cercare la sintonia con i giovani.

Quello che sovente manca, o che qualche volta manca, è la sensibilità a comprendere quello che i giovani indicano come il tema del futuro. Quando i giovani oggi parlano prevalentemente del clima, delle due grandi transizioni – ecologica e digitale – dei temi di solidarietà, del fatto che la pace ha fatto scomparire dalla memoria anche il ricordo della guerra – e purtroppo non è così – i giovani indicano dei temi che devono diventare prevalenti, prioritari nell’agenda politica.

Quindi l’importante per le istituzioni è garantire la sintonia con i giovani, comprendere che i temi che loro indicano sono i temi messi al dovere di attenzione delle pubbliche istituzioni.

Questo è quello che posso rispondere. E questa, però, è una cosa che, per quanto riguarda le due transizioni, è all’ordine del giorno prioritario dell’Unione europea.

Domanda: La cosa che mi colpisce sempre dell’Italia è che davanti a ogni palazzo istituzionale c’è sempre anche la bandiera europea, al contrario dell’Olanda. Noi oggi ce l’abbiamo, a Maastricht ce l’abbiamo. L’Italia è fondamentalmente un Paese molto europeista, ma negli ultimi anni questa ondata di euroscetticismo ha toccato anche l’Italia. Lei come ha visto cambiare la percezione dell’Europa in Italia?

Presidente: si tratta di un virus. Come il Covid ha colpito tutti a giro. Le ultime rilevazioni statistiche in Italia sull’adesione all’Unione e all’euro sono di grande ampiezza, sono positive. Quindi quel fenomeno da lei indicato è, come dire, una curva discendente rassicurante.

Domanda: cosa pensa dell’impatto delle sfide globali sull’infrastruttura decisionale europea? Negli ultimi anni, come europei, abbiamo visto che ricorrentemente siamo posti di fronte a delle sfide che richiedono condivisione, richiedono approcci condivisi tra tutti quanti i Paesi. E anche i partiti populisti sembrano aver capito che il sovranismo è una strategia che funziona in tempo di pace, ma che quando un Paese si trova ad affrontare sfide come la pandemia, l’aumento dei costi dell’energia, la guerra, c’è bisogno di un’infrastruttura internazionale che abbia delle procedure condivise e rodate. Però, nel disegno istituzionale europeo, sono i capi di governo dei singoli Paesi che spesso hanno l’ultima parola su decisioni importantissime. Qual è il limite di questo disegno istituzionale e quali sfide pone?

Presidente: una prima risposta abbastanza scontata. Il voto all’unanimità è una formula ampiamente superata. È stato ridotto, a suo tempo, ma in maniera minima, perché si trasforma in un diritto di veto che paralizza l’Unione in un momento in cui i mutamenti e le crisi sono continui e richiedono decisioni non diluite nel tempo per essere assunte. Quello è un primo problema. Naturalmente vi è una condizione che è sollecitata dal succedersi di crisi. L’Unione ha bisogno di rimuovere questo limite. Ha bisogno di una cosa in positivo; deve completare il suo disegno organizzativo interno. L’Europa, in alcuni versanti, è una casa incompiuta, è un edificio incompiuto.

Non è immaginabile un’Unione che abbia una moneta comune ma non abbia una politica fiscale comune.

Questa condizione impropria, che si ripete in diversi altri settori, può reggere qualche anno ma non può essere permanente. Perché se un edificio è incompleto, alla fine non rimane così. La parte lacunosa distrugge quella già costruita.

Quindi bisogna, per salvaguardare quello che è stato costruito dall’Unione, crescere nell’integrazione e nel suo assetto organizzativo. E sul versante economico-fiscale l’Europa deve definire. Sarà difficile, vi sono posizioni difformi. Ma è sempre stato così per ogni versante di problemi dell’Unione, poi si raggiunge sempre un punto di equilibrio e di convergenza.

Quindi, accanto alle modalità di decisione più veloci, che superino nella gran parte dei casi il voto unanime, è necessario completare la struttura interna dell’Unione sotto il profilo organizzativo. Perché altrimenti non si riescono a governare realmente i problemi che vi sono. Questo consente di superare le crisi. E le crisi sono frequenti, lo sappiamo. E sono crisi che richiedono una capacità di decisione e di analisi generale e non frammentata.