Melissa Fleming

Twitter, stay or leave? I dubbi della politica su come usare il social nell’era Musk

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L’Onu per ora ha scelto di restare sulla piattaforma. Nonostante tutto, “Twitter e altri social sono strumenti cruciali per chi lavora per un mondo migliore”, dice la responsabile della comunicazione delle Nazioni Unite

Non solo le star e gli utenti non famosi. Anche la politica e le organizzazioni internazionali si stanno chiedendo cosa fare e come comportarsi con il nuovo corso di Twitter. Tra queste anche l’Oun che per ora ha deciso di restare sul social, nonostante i timori di “un’esplosione di odio e disinformazione”. La conferma arriva dalla responsabile della comunicazione delle Nazioni Unite, Melissa Fleming, in un intervento sulla piattaforma Medium.com.
Fleming non nasconde preoccupazioni analoghe a quelle di cancellerie e politici che in tutto il mondo usano Twitter per comunicare ‘senza filtri’.
“Malintenzionati stanno testando i limiti del nuovo corso – scrive ora Fleming – La prevalenza di termini di incitamento all’odio è aumentata. Altri hanno riferito di un’improvvisa impennata di contenuti razzisti, teorie cospirative selvagge, meme antisemiti e linguaggio scioccante. Ci sono accenni al fatto che chi viola ripetutamente le regole potrebbe non essere più sanzionato o bandito. Per chi è emarginato, abusato e molestato, questo sarebbe semplicemente disastroso”.

Perchè restare

La ‘twiplomacy’ è vecchia di un decennio: nel bene e nel male, mai in passato diplomazia e politica erano arrivati a comunicare così direttamente con la gente. La Fleming ha spiegato perchè l’Onu resta a bordo: “Twitter e altri social sono strumenti cruciali per chi lavora per un mondo migliore. Nei Paesi autocratici permettono di cercare notizie vietate. Nelle zone di guerra permettono agli sfollati di tenersi in contatto. Grazie ai social sono nati movimenti che migliorano i diritti umani. Il mio team all’Onu lavora ogni giorno per distillare informazioni affidabili in post accessibili a milioni di follower: cittadini globali preoccupati che ci cercano per informarsi sul mondo e su come impegnarsi”.

Detto questo, anche prima di Musk, Twitter non era un paradiso. Come per gli altri social, i suoi algoritmi sono stati progettati per stimolare il coinvolgimento, mettendo il profitto al di sopra della civiltà quando amplificano materiale provocatorio: “Generano indignazione e divisione e sminuiscono il dibattito informato e ricco di sfumature”, afferma Fleming osservando che, in questa ondata di disinformazione e odio online, sono in gioco vite.
“Elezioni, guerra in Ucraina, cambiamento climatico, non abbiamo tempo per sbagliare”, e la risposta non è abbandonare questi spazi: “Aiuterebbe la minoranza decisa a fare del male” perché “un minor numero di voci per il bene fa sembrare le opinioni odiose più diffuse e mainstream di quanto non siano in realta’”.