Ha trascorso più di quarant’anni fra New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e Londra grazie al suo lavoro di corrispondente per Repubblica. Enrico Franceschini racconta in questo libro la sua vita da cronista in giro per il mondo regalando ai lettori aneddoti e curiosità. C’è un futuro per i corrispondenti? Franceschini non ha dubbi: “Ci sarà sempre bisogno – spiega ai lettori di Primaonline – di professionisti dell’informazione per raccontare cosa succede lontano da casa”. E dà un consiglio ai free lance: “In America Latina, Africa e Asia di giornalisti italiani ce ne sono pochi. Se avessi 24 anni è lì che andrei oggi per fare il corrispondente estero”
“Tre continenti, cinque capitali, venti traslochi e mai il tempo di annoiarsi. Riassumo così, nelle prime pagine di Come girare il mondo gratis – un giornalista con la valigia (Baldini+Castoldi), i miei quarant’anni e passa fra New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e Londra. Un libro che non è un manuale di istruzioni per l’uso, bensì un lungo viaggio per capire com’è davvero, dietro le quinte, il lavoro del corrispondente estero e magari ispirare chi sogna di farlo: come feci io, volando a 24 anni in America senza un contratto, senza conoscenze, senza nemmeno sapere bene
l’inglese, con un pugno di dollari in tasca. Seguirono quattro anni da free-lance e poi una vita con “Repubblica”, il giornale per il quale non ho ancora smesso di scrivere.
Strada facendo racconto i Paesi in cui ho vissuto, le case che ho cambiato, i personaggi che ho intervistato, da Gorbaciov ad Arafat, da Neil Armstrong, primo uomo sulla Luna, a Usain Bolt, uomo più veloce sulla Terra, gli eventi a cui ho partecipato: elezioni e terremoti, guerre e film di Hollywood, il crollo dell’Urss e il conflitto israeliano-palestinese, la festa per Federico Fellini alla Trump Tower di Manhattan e una cena a Buckingham Palace con la regina Elisabetta.

Racconto anche i grandi maestri della professione: il carisma di Eugenio Scalfari, il genio di Vittorio Zucconi, il sudore di Gaetano Scardocchia, che a metà giornata toglieva la camicia fradicia restando in canottiera, come un minatore impegnato a scavare in cerca di notizie. “Nessun giornalista della tua generazione ha girato tante sedi estere come te”,
mi disse un giorno Mario Calabresi, allora mio direttore. L’idea per queste memorie di un corrispondente è nata dalle sue parole.
Ma si può ancora “girare il mondo gratis”, nell’era dei media digitali e dei social? La risposta che mi sento di dare è sì: ci sarà sempre bisogno di professionisti dell’informazione per raccontare cosa succede lontano da casa e possibilmente
spiegare perché. I più grandi giornali internazionali, dal New York Times al Financial Times, stanno infatti aumentando il numero dei loro corrispondente esteri, considerandoli un valore aggiunto che soltanto loro possono offrire. Con un mercato più piccolo e le sfide della transizione al digitale non ancora del tutto superate, i giornali italiani per adesso riducono i propri corrispondenti: ma proprio per questo da noi cresce lo spazio per collaboratori e free-lance, ai quali suggerisco, alla fine del mio volume, di fare quello che facemmo io ed altri giornalisti della mia generazione, da Lucia Annunziata a Gianni Riotta, ma con una destinazione diversa: se a New York, come a Londra e a Parigi, di free-lance italiani ce ne sono già molti, restano tre grandi continenti pieni di news e fondamentali per il futuro del pianeta, America Latina, Africa, Asia, dove di giornalisti italiani ce ne sono pochi. Se avessi 24 anni, è lì che andrei oggi per fare il corrispondente estero.
(Enricon Franceschini)