Alessandro Milan, giornalista di Radio 24, ha scritto un libro di storie (e di storia): porta alla ribalta le vicende di alcune persone comuni che, inconsapevolmente, hanno lottato per la libertà di tutti noi. I giorni della libertà (Mondadori) è “un affresco collettivo – scrive Milan in questo articolo per Primaonline –, è la storia di donne e uomini, adulti e ragazzini, che negli anni del fascismo hanno fatto una scelta precisa, lottando per conquistare, anche a costo della propria vita, il valore più prezioso che abbiamo: la libertà”
Due anni fa, passeggiando vicino a casa, a Milano, mi sono imbattuto in un quadrato di colore ottone incastonato nell’asfalto, una pietra d’inciampo che ricordava un deportato durante la Seconda guerra mondiale. Quell’uomo si chiamava Angelo Aglieri, nato il giorno di Natale del 1914 e morto alla vigilia di Natale di 29 anni dopo, in un campo di sterminio.
Sono entrato nel palazzo, un grande edificio conosciuto come il “Casermone”, ho chiesto di lui, sono venuto a sapere che lavorava al “Corriere della Sera”, ma ho scoperto di più: in quello stesso palazzo viveva una portinaia coraggiosa che nel 1943 diede rifugio a un importante dirigente comunista, Francesco Scotti, che proprio tra quelle mura ideò i Gap, i Gruppi di azione patriottica.
Ho approfondito e ho saputo che la figlia di Carmela è stata una staffetta partigiana, e inoltre che in quelle vie si muovevano due uomini, padre e figlio, Libero e Sergio Temolo. Libero era operaio alla Pirelli, animatore instancabile della Resistenza e degli scioperi del marzo 1944, i più imponenti in Europa in una città occupata dai nazisti. E Sergio era un ragazzino vivace, che con il suo amico Franco Loi (il futuro poeta e scrittore) animava una banda di ragazzini antifascisti che giravano per il quartiere scrivendo sui muri “W il pane bianco” o “W la pace”.
Il 10 agosto 1944 Libero Temolo, insieme a 14 altri antifascisti, fu trucidato in piazzale Loreto, a poche decine di metri dal Casermone di viale Monza in cui vivevano Angelo Aglieri con la moglie Aldina e la portinaia Carmela con la figlia.

Nasce così “I giorni della libertà”, dal desiderio di ricostruire in un affresco collettivo la storia di persone comuni, donne e uomini, adulti e ragazzini, che in quegli anni hanno fatto una scelta precisa, lottando per conquistare, anche a costo della propria vita, il valore più prezioso che abbiamo: la libertà.
Si muovevano nelle stesse vie, in una città occupata, affamata, semi distrutta dai bombardamenti, una Milano claustrofobica in cui bastava una delazione per essere arrestati e finire a San Vittore, vittime dei torturatori fascisti o nazisti.
Ricostruire le storie dei sei protagonisti è stato possibile grazie alle ricerche negli archivi storici, di Stato e parrocchiali, e grazie agli eredi, figli o nipoti di persone che non sono finite nei libri di storia ma che hanno contribuito a scriverne una pagina importante.
Nel caso di Sergio Temolo, ho avuto la fortuna di poterlo incontrare. Lui, a 91 anni, mi ha aperto la porta di casa e mi ha raccontato la sua infanzia, gli anni della Guerra, le sue gesta da partigiano.
A lui, scomparso il 30 gennaio del 2022, è dedicato il libro, con la speranza che possa rispondere, anche solo in piccola parte, alla preoccupazione che mi manifestò in uno dei nostri faccia a faccia: il timore che ci si possa scordare di chi ha lottato per la libertà. Propria e delle generazioni future.