Giornalista famoso per le sue inchieste sul malaffare, ha dato le dimissioni dall’Espresso per giusta causa.
In un ordine di servizio firmato oggi da Maurizio Molinari, tra le cose che comunica ai giornalisti di Repubblica c’è la notizia che “a far data dal primo marzo con la qualifica di capo redattore e l’incarico da inviato a riporto del direttore, entra a far parte della nostra redazione il collega Lirio Abbate, la cui importante storia professionale tutti voi conoscete e a cui do il mio benvenuto, sapendo quale importante valore aggiunto sarà in grado di portare al giornale”.
Non sono parole di convenienza, Lirio Abbate è veramente una delle più importanti firme del giornalismo di inchiesta sul malaffare legato alla corruzione e alle mafie, lavori giornalistici e libri per cui ha ricevuto minacce di morte che lo costringono a vivere con la scorta.
Si conclude così l’assurda storia di cui è stato vittima Abbate, che vice direttore e editorialista dell’Espresso, aveva accettato la direzione dopo le dimissioni di Marco Da Milano, date in polemica con la decisione di Gedi di vendere lo storico settimanale alla Bfc di Danilo Iervolino, notizia che aveva sconvolto la redazione.
Abbate aveva offerto al nuovo editore di lasciare la direzione e a luglio era stato confermato. Traslochi di sede, nuovi sistemi editoriali, giornalisti sospettosi di fronte al nuovo proprietario, Abbate ha retto la baracca, fino a presentare il piano editoriale del nuovo Espresso previsto per gennaio 2023.
Ma Iervolino è preoccupato per la linea informativa del giornale molto rigorosa e un po’ antagonista che sembra inadatta a intercettare un pubblico più vasto e meno politicizzato a cui punta il nuovo editore. Iervolino si convince che Abbate non sarà in grado di corrispondergli e decide di cambiare direttore. Nomina dunque Alessandro Mauro Rossi, direttore di Forbes e colonna di Bfc media, a capo dell’Espresso, comunicando a Abbate di essere sollevato dalla direzione e retrocesso al ruolo di caporedattore. Uno sgarbo inaudito per cui Abbate si mette in ferie e si rivolge all’avvocato Giovanni D’Amati, contestando danni reputazionali e chiedendo la buonuscita come se fosse stato licenziato.
La trattativa non decolla e Abbate decide di dare le dimissioni per giusta causa.
Da parte di Gedi arriva solidarietà e l’impegno di trovargli una degna collocazione a Repubblica, con cui il giornalista aveva iniziato a scrivere qualche inchiesta. Oggi è arrivata l’assunzione.