Italiani e cultura, le due facce dei consumi

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La notizia buona: la situazione migliora, i consumi culturali in Italia aumentano.
La notizia cattiva: il bacino del pubblico è sempre più ristretto.
Rispetto al pre pandemia, sono questi due – incrociati – i dati fondamentali della ricerca presentata nella sede della Fondazione Rovati da Impresa Cultura Italia – Confcommercio, assieme a Swg.
Dice Giovanna Forlanelli, presidente della Fondazione Rovati: “Per noi è importante capire come le le persone si muovano nel tempo libero e la ricerca è fondamentale: come lo è dal punto di vista scientifico, così lo è anche da quello culturale”. Una ricerca, cioè, che approfondisca il modo in cui evolve questa tipologia ‘anomala’ di consumi.

Giovanna Forlanelli
Giovanna Forlanelli Rovati

Chi più, chi meno

Presentando i dati dell’Osservatorio longitudinale sui consumi culturali degli italiani, Riccardo Grassi di Swg premette: “La pandemia ha rivoluzionato il sistema culturale dal punto di vista della domanda. Sono diminuiti i consumatori ma è cresciuta la spesa media”.
Tradotto in azioni: Il 39% degli intervistati dichiara di andare meno al cinema, a teatro, ai concerti a causa della crisi economica.
Dall’altra parte, c’è un 17% di persone che ha aumentato questa tipologia di spesa. In parte per via dei rialzi dei biglietti, peraltro non così evidenti, in confronto alla crescita dei costi di generi di prima necessità, a partire dagli alimentari.
In parte perché ha sempre più voglia di uscire, godere del proprio tempo, e quindi ha intensificato i consumi culturali. Compresi quelli dei libri, dove sono aumentati i grandi lettori (e i consumi per l’infanzia). La crescita della spesa si nota soprattutto per i concerti dal vivo (+28,1 euro), i festival culturali (+9,7 euro), mostre e musei (+8,7 euro).

Claudio Longhi

Il futuro è manga

Sui libri, durante la presentazione dell’Osservatorio, è intervenuto Piero Fiechter, fondatore di Libraccio Milano: “Abbiamo vissuto un periodo positivo, grazie anche al precedente ministro, Dario Franceschini, che in tempi di Covid ha inserito le librerie nella categoria dei beni primari. Ormai l’ebook è in continuo calo, l’anno scorso era al 5% e ci aspettiamo diminuisca ulteriormente. Aumentano invece gli audiolibri, mentre i manga hanno riavvicinato ai libri il pubblico più difficile, quello dei 16-24enni. Il problema semmai è l’assenza di librerie in molti paesi e anche città di 250mila abitanti”.
Un forte gap si nota anche sul piano geografico: il 30% dei libri viene venduto nella sola Lombardia, un 25% lo si acquista in Piemonte e Lazio, il resto è mal spalmato su tutte le altre regioni.

Fughetta dal digitale?

Cresce ancora, sia pure in percentuali moderate, l’utilizzo delle piattaforme web: +3% nel dicembre 2022, rispetto all’anno precedente. A usufruirne nel 44% dei casi sono under 34.
Le quote dei giornali vedono ancora una, sia pur lieve, prevalenza del cartaceo (53%) sul digitale.
Diminuiscono però inevitabilmente le persone disposte a vedere in versione digitale spettacoli teatrali, opere, balletti e concerti di musica classica: -7%.
Aumenta invece (+9%) il numero di chi vuole assistere a spettacoli dal vivo, in particolare in teatro.

Tutte a teatro

Dice Piera Detassis, direttore artistico e presidente dei David di Donatello: “Tutte le mie amiche quest’anno festeggeranno l’8 marzo andando a vedere uno spettacolo in teatro. C’è voglia di fare esperienze dal vivo, con la consapevolezza che la fruizione della cultura è una scelta di buona vita“.
Un bisogno di benessere analogo alle proposte sulla settimana di quattro giorni lavorativi, e in linea con la grande fuga dal lavoro di questi ultimi anni. Tutti sintomi – sintetizza Detassis – della stessa tendenza a focalizzarsi su “una vita vissuta pienamente”. Il problema resto però “la divaricazione sociale fra chi può permetterselo e chi no”.

Carlo Fontana

Le sofferenze del cinema

“L’unico che è rimasto compresso dalla pandemia è il cinema, che viene perlopiù consumato in casa”, aggiunge Detassis. Una questione di risparmio, di migliore gestione degli orari, della grande offerta streaming, del fatto anche – suggerisce Lionello Cerri, ad di Anteo Spazio Cinema – che il target cinematografico è economicamente meno abbiente di quello teatrale o della musica classica.
Di fatto, oggi in sala si va a vedere un blockbuster oppure uno di quei film evento che vanno per la maggiore: uscite brevissime, prima di essersi riproposti in tv, tematiche ‘artistiche’ o musicali in prevalenza.

Spettatori last minute

Il potenziale spettatore è inoltre in balia di quella che Detassis definisce una “incertezza comunicativa”. Non si sa quando il film esce, dove lo si potrà vedere, le programmazioni cambiano all’ultimo minuto e così anche la promozione non è in grado di essere efficace.
D’altra parte, la tendenza alle scelte last minute sembra toccare un po’ tutti gli scomparti, tanto che i teatri aumentano i biglietti ma gli abbonamenti diminuiscono. Da non sottovalutare in questo senso è però la forte deriva di incertezza prodotta dalla pandemia, quando tanti progetti sono inevitabilmente saltati.

Cultura per tutti

A suggerire infine uno sguardo più largo sul tema è il direttore del Piccolo Teatro Claudio Longhi, che parla della “necessità di una sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale o comunitaria”.
“Nell’affrontare la cultura – prosegue – ci vuole un’ottica imprenditoriale, e anche politica. La cultura è un volano turistico importante, ed è un volano economico non solo perché dà lavoro, ma anche perché attiva quel pensiero critico che è fondamentale per sviluppare capacità manageriali. Aiuta a far crescere il Paese in senso collettivo. Che è il modello su cui è nato il Piccolo: un teatro d’arte per tutti. Per questo l’idea di un’Italia a due marce anche nei consumi culturali è molto preoccupante”.
La conclusione a Carlo Fontana, presidente di Impresa Cultura Italia – Confcommercio: “In questo paradigma, bisogna dare la priorità alla formazione dei giovani. E combattere una battaglia per la fiscalizzazione del consumo culturale: così come si possono scaricare i farmaci, sarebbe giusto farlo anche con la cultura, che è una medicina dell’anima”.