Come si regola il metaverso?

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È un mondo di cui ancora si conosce poco (e già appare in riflusso).
Ma Agcom presto dovrà affrontare ‘Far Meta’, per tutelare il cittadino in questa nuova esperienza

 COMUNICAZIONE POLITICA – Prima Comunicazione, Dicembre 2022

La tuttologia è una malattia senile del Bar Sport che ha come sintomi la vocazione a esprimersi, spesso con sentenze definitive, più o meno su ogni tema dello scibile umano.
Quando ho cominciato a scrivere questo pezzo mi sono sentito un avventore di quel bancone.

L’Agcom, con buona pace della sua Autorità, non ha occupato in questi anni l’Olimpo delle mie passioni e non per l’importante ruolo che esercita ma per una banale priorità di esercizio; nel mio lavoro, mi sono autoconfinato in una dimensione editoriale (altri la chiamano creatività, termine che non ho ben compreso cosa significhi); ovviamente questo ruolo, in un’infinità di situazioni, non mi esimeva dal confrontarmi con le competenze legali, interne, delegate a monitorare, per esempio, che le comunicazioni pubblicitarie su cui lavoravo non presentassero criticità per l’Autorità.

Fatta questa premessa di sistema passiamo alla sostanza. C’è un tema che accende la mia curiosità e che immagino vedrà l’Autorità impegnata a costruire una nuova cassetta degli attrezzi per districarsi, misurare, regolare un mondo di cui si parla molto, ma si capisce davvero poco: il metaverso.

Altra premessa. Il metaverso è stato per mesi il prezzemolo, la rucola degli anni Ottanta, di molti articoli di scenario e futurologia economica. Un’inflazione di parole ci ha prospettato una pandemia di metaverso che avrebbe proiettato il nostro quotidiano nel mondo virtuale; un luogo capace, presto o prestissimo, se non di cancellare almeno di corrodere il nostro vivere reale. Sarà così? Non penso, ma non voglio investire troppe battute di questo pezzo per spiegarvi perché.

Intanto in America, lì dov’è nata sia la tecnologia quanto la semantica e la narrazione del metaverso – con Jaron Lanier per la prima e Neal Stephenson per la seconda – siamo già in pieno riflusso per diverse ragioni: i numeri di Meta (l’evoluzione di Facebook) sono diversi da quelli che la vulgata di mercato avrebbe sognato e soprattutto lo snobismo delle leadership manageriali ne ha già definito se non la prematura morte, ancor peggio, l’irrilevanza. Qui nessuno ha la palla di vetro, ma sostenere che il metaverso non ci sarà sembra, quella sì, una grande e gigantesca balla (capace di andare ad aumentare l’archivio delle visioni di coloro che non credettero nel telefono, nel computer o nella Rete; nel mio piccolo ho incontrato dirigenti editoriali che mi risposero, via fax, che Checco Zalone non sarebbe stato in grado di sostenere una prima serata).

Diamo per fortemente probabile che il metaverso arriverà, ma che ci vorrà ancora un po’ di tempo perché attecchisca e pervada la società secondo gli entusiasmi originari; tutto sarà in funzione di quando si troverà il modello di business (o i modelli di business), i device si accompagneranno a prezzi più abbordabili e la qualità dell’esperienza sarà migliore. E potreste commentare: solo? Sì, in effetti la strada da fare è ancora lunga, ma è come se ci trovassimo nel 1492, di fronte alla scoperta di una nuova terra (e se gli scetticismi degli investitori rispetto ai ritorni e ai timori di cosa li aspetta sono comprensibili, accanirsi sul terrappiattismo lo sarebbe meno).

A questo punto immaginiamo le problematiche del futuro. Ampie. Perché il fatto che il mondo sia nuovo non può essere una scusante per affrontare il domani come un distante ‘Far Meta’, un luogo selvaggio che deve incontrare i cicli disordinati e animaleschi di ogni conquista umana prima di stabilizzarsi trovando un equilibrio gestionale maturo.

A dire il vero, la fabbrica dei seminari e della convegnistica è già partita di buona lena e sembrano esistere più simposi che esperti chiamati a interpretarli (anche perché la materia, meglio ribadirlo, è ancora assai incerta e tante riflessioni potranno risultare più come onanistiche lucubrazioni che fallibili tentativi d’interpretare il domani). La materia non solo necessita di regole e inquadrature nuove, ma di un vero e proprio vocabolario obbligato a dar vita a neologismi che, giorno dopo giorno, stanno mettendo a fuoco la sostanza del tema per poi darle una definizione, una forma lessicale. Si capirà quindi se di metaversi ne esisterà uno o più d’uno. E ci s’interrogherà sul se le istituzioni dovranno vivere al loro interno; con quali poteri, limiti, legittimazione; con quale moneta e con quale operatività. E chi garantirà, informerà, tutelerà il cittadino in questa nuova esperienza? Come si monitorerà, là dentro, la convergenza tra video, suoni, reti? Inventeremo un dna per questa neo realtà? Insomma, stanno per presentarsi tantissime opportunità – e quindi anche problemi – ed è possibile che le discipline già esistenti non riusciranno a traslocarsi in questo nuovo pianeta necessitando di nuovi strumenti dedicati. Quindi: buon lavoro ai regolatori del futuro.